CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 7183 depositata il 10 marzo 2023

Beneficio fiscale – Indebita fruizione dell’agevolazione per l’addizionale provinciale dell’energia elettrica – Rivendita di energia elettrica – Nozione di intermediazione – Diritti di accisa

Fatti di causa

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli emetteva, in esito a verifica, avvisi di pagamento e atti di contestazione sanzioni per gli anni dal 1998 al 2007 nei confronti della società (…) (ora (…) gestore e amministratore di un centro commerciale, in relazione all’indebita fruizione dell’agevolazione per l’addizionale provinciale dell’energia elettrica poiché il fornitore aveva considerato e fatturato il consumo mensile come di pertinenza di un unico soggetto, la società stessa, con conseguente superamento della soglia di 200.000 kWh/mese, mentre una parte rilevante della fornitura era stata ripartita dalla società tra gli operatori commerciali, nessuno dei quali superava la soglia per fruire del beneficio fiscale.

In particolare, l’Agenzia contestava che (…) aveva utilizzato l’energia elettrica acquistata oltre che per le parti comuni anche per alimentare l’impianto di climatizzazione esclusiva dei singoli negozi, così realizzando una cessione di energia elettrica, da considerare autonomamente e separatamente.

L’impugnazione della contribuente era accolta dalla CTP di Brescia che annullava gli avvisi e gli atti di contestazione delle sanzioni, posto che nella vicenda non si era verificata una cessione di energia elettrica ma di aria calda e fredda. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ricorre per cassazione con tre motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e ss d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) e dell’art. 6 d.l. n. 511 del 1988 per aver la CTR escluso la soggettività d’imposta della contribuente nonostante rivendesse parte dell’energia elettrica, acquistata tramite la fornitura ad essa intestata, utilizzandola per alimentare l’impianto di climatizzazione esclusivo dei singoli negozi presenti all’interno del centro commerciale.

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per aver omesso di considerare le risultanze del pvc, da cui emergeva la fatturazione e doppia imputazione di “energia elettrica punti comuni” e “consumi diretti di energia elettrica”.

3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 56, comma 1, e 59, comma 1, lett. c, TUA per aver la CTR annullato le sanzioni.

4. Il primo motivo è infondato.

4.1. La problematica, che attiene alla rivendita di energia elettrica e alle connesse questioni delle attività effettuate da soggetti intermedi, è stata oggetto di ampia disamina con la sentenza n. 10684 del 05/06/2020, che ha definito i termini e gli ambiti vuoi della soggettività d’imposta, vuoi dell’incidenza delle attività di mera intermediazione nelle operazioni di vendita dell’energia elettrica.

La Corte, in quell’occasione, ebbe ad affermare il principio secondo il quale «in tema di accise sull’energia elettrica, il soggetto passivo, ossia colui che ha realizzato uno dei fatti generatori dell’imposta, è tenuto al pagamento dei diritti di accisa all’atto della fatturazione al consumatore finale, o quando si accerti che non si sono verificate le condizioni di consumo per poter beneficiare di un’aliquota ridotta o di un’esenzione, o comunque all’atto dell’immissione in consumo, mentre le cessioni intermedie, che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità, hanno rilevanza privatistica, nell’ambito di un fenomeno economico al quale è estranea l’amministrazione finanziaria. Più ampio del novero dei soggetti passivi dell’imposta è quello degli obbligati al pagamento di essa, che rispondono del debito d’imposta, pur non avendone realizzato i fatti generatori, qualora nei loro confronti se ne sia verificata la condizione di esigibilità».

4.2. Tale arresto è stato seguito da Cass. n. 15976 del 09/06/2021, che – con riguardo ad una vicenda in larga parte sovrapponibile a quella qui in giudizio (nella specie, una società, la (…) titolare di un sito industriale, acquistava energia elettrica e, quindi, la ripartiva, con contratti di tipo privatistico, anche tra le altre imprese terze operanti nel medesimo stabilimento) – ha fornito una nozione estesa di intermediazione, riferita anche alle fasi e attività successive di rivendita da parte del primo acquirente dell’energia elettrica, venendo ad affermare che «l’unico rapporto che fiscalmente rileva è quello tra il produttore di energia ( (…) spa) ed (…) mentre non lo sono quelli tra quest’ultima e le società terze che esercitavano la propria attività nel sito industriale di proprietà della medesima, in virtù di titoli contrattuali di vario tipo, ma essenzialmente onnicomprensivi di utilità varie (c. d. multiservice), tra cui appunto la fruizione di energia elettrica, rispetto alle quali (…) esercitava la mera funzione di “intermediario”.»)

4.3. Reputa questo collegio che la questione vada meglio precisata posto che la nozione di intermediazione deve essere intesa come limitata alle attività commerciali che siano intervenute tra la cessione operata dal fornitore e l’acquisto ultimo, di energia elettrica, da parte del consumatore finale, al quale viene ad essere in concreto fatturata la cessione dell’energia.

In questa ipotesi, come precisato dalla sentenza n. 10684/2020, le operazioni commerciali intermedie – ossia quelle intervenute tra la cessione da parte del fornitore ad un operatore e l’acquisto ultimo da parte del consumatore finale – che non abbiano realizzato la condizione di esigibilità hanno rilievo solo privatistico e restano estranee all’amministrazione finanziaria.

Nella vicenda ivi considerata, del resto, la fatturazione era operata dal fornitore direttamente nei confronti del consumatore, sicché la posizione dell’intermediario era estranea alla pretesa impositiva.

Diversa e più articolata risposta, invece, vale per le operazioni che – a fronte dell’integrale diretta fatturazione al cessionario da parte del fornitore – siano state effettuate successivamente a tale vendita, con autonoma fatturazione del cessionario al “beneficiario” finale.

4.4. La questione va considerata alla luce della disciplina in materia di accise e degli arresti della Corte di giustizia.

La vicenda in giudizio – che riguarda erogazioni fino al 31 marzo 2007 – è, invero, interamente regolata dagli artt. 52 e ss. TUA nel testo anteriore al d.lgs. n. 26 del 2007, ancorché – come ripetutamente affermato da questa Corte (v. Cass. n. 10684 del 05/06/2020) – la novella non ha modificato, nella sostanza, i presupposti ed il modulo attuativo del tributo in questione.

Ne deriva che, in materia di accise (come pure per le addizionali), secondo i principi generali l’obbligazione sorge al momento della fabbricazione (o dell’importazione del prodotto ad essa assoggettato), mentre l’esigibilità è condizionata (sospensivamente) all’immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato.

Per l’energia elettrica, dunque, soggetto passivo era (è) il fabbricante, ossia colui che esercitava un’officina di produzione dell’energia; al “fabbricante” erano (sono) poi equiparati gli acquirenti di energia elettrica che l’acquistano per farne rivendita (art. 53, TUA), in quanto comunque esercenti un’officina di produzione, come definita dall’art. 54, TUA.

Si tratta di una scelta legislativa chiaramente mirata a garantire un “controllo accentrato” (quindi più semplice, dunque più efficace) sui “produttori” di energia (cfr. Sez. U. n. 33687 del 2018 e successive conformi).

Per entrambe le connotazioni legislative, dunque, resta fermo – in conformità a quanto previsto dal diritto unionale (Direttiva 2003/96/CE; cfr. Corte giust. 7 marzo 2018, C-31/17, Cristal Union; Direttiva 2008/118/CE) – il principio della produzione di energia elettrica come presupposto dell’imposta e della sua immissione al consumo come condizione di esigibilità della stessa (così anche C. cost. nn.115/2010, 185/2011).

4.5. Fondamentale, dunque, è la circostanza che il rivenditore sia, a sua volta, esercente un’officina di produzione, con allestimento della rete e dei necessari mezzi di registrazione ed accumulazione e correlata distribuzione dell’energia elettrica prodotta e/o acquistata per l’uso che il consumatore finale riterrà di effettuare, mentre non ricorre una tale situazione ove l’energia elettrica sia utilizzata dal cessionario per la fornitura di un ulteriore servizio.

In tale evenienza, il consumatore finale è lo stesso cessionario, mentre – con riguardo all’ulteriore transazione – il soggetto passivo del rapporto non riceve una fornitura di energia elettrica ma è destinatario di un servizio autonomo la cui esistenza è, semmai, derivata dall’uso dell’energia elettrica.

La relativa controprestazione (ossia, il pagamento) non è, per tale solo fatto, incentrato sull’energia elettrica in sé stessa (che neppure è oggetto di scambio) ma si riferisce al complessivo servizio apprestato e ciò anche quando, per le più varie concrete ragioni, la parametrazione del relativo valore sia legata al costo dell’energia.

5. Orbene, nella vicenda in giudizio la CTR, con accertamento in fatto qui non censurabile, ha escluso, in linea con i suddetti principi, che si fosse realizzata una cessione di energia elettrica, risolvendosi il rapporto contrattuale tra la contribuente e i singoli operatori del complesso condominiale in “una fornitura di aria calda e fredda”.

Ne deriva l’infondatezza della doglianza.

6. Il secondo motivo è inammissibile.

La censura si risolve in una contestazione sulla sufficienza della motivazione.

Non sussiste, peraltro, la contestata violazione posto che la CTR, nel richiamare la decisione della CTP, ha sottolineato che «gli addebiti fatturati ai singoli condomini erano relativi alla fornitura di aria calda e fredda prodotta dall’impianto di climatizzazione centralizzato e distribuite ai singoli operatori», da cui l’irrilevanza della distinzione tra “energia elettrica punti comuni” e “consumi diretti di energia elettrica” posto che questi ultimi si riferivano alla fornitura del servizio di climatizzazione.

7. Il terzo motivo, subordinato e relativo alle sanzioni irrogate, resta assorbito dal rigetto dei primi due motivi.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese atteso il recente consolidamento della giurisprudenza sulla questione controversa.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.