Corte di Cassazione sentenza n. 7758 depositata il 17 marzo 2023

revocazione – condizioni

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate propose ricorso per la cassazione della sentenza n. 434/01/2019, depositata dalla Commissione tributaria regionale del Molise il 9 luglio 2019, che, nella controversia relativa alla impugnazione di avviso di accertamento per l’IRPEF relativa all’anno d’imposta 2010, aveva rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di omissis avverso la sentenza n. 59/01/2017, depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Isernia il 21 marzo 2017, con compensazione delle spese giudiziali.

La C.T.R. aveva confermato la decisione di primo grado sul presupposto che l’avviso di accertamento fosse stato notificato al contribuente prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dalla redazione del processo verbale di constatazione e contenesse la generica contestazione di un elenco sintetico di versamenti sul conto corrente del contribuente.

omissis si costituì con controricorso.

2. La Corte, con ordinanza n. 28832/2021, accolse il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise.

In particolare, accolse sia il primo motivo, ritenendo che la C.T.R. non avesse tenuto in debito conto le circostanze dedotte dall’amministrazione ai fini dell’urgenza che consentivano l’inosservanza del termine di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, sia il secondo motivo, ritenendo che la C.T.R., nel considerare irrilevante l’elenco sintetico dei versamenti eseguiti sui conti correnti del contribuente, richiedendo una specifica contestazione della riferibilità a ricavi imponibili di ciascun accredito, avesse invertito la presunzione legale di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 in tema di versamenti bancari.

3. Contro tale ordinanza ha proposto ricorso per revocazione omissis

E’ rimasta intimata Agenzia delle entrate, cui il ricorso è stato notificato il 27 aprile 2022.

4. La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 7 febbraio 2023.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo di ricorso, omissis deduce l’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, e 391-bis proc. civ.; premesso che nell’accertamento e negli atti prodromici vi era solo la presenza di un mero elenco sintetico dei versamenti eseguiti dal contribuente, la Corte avrebbe errato nel ritenere che dagli atti di causa risultasse il contrario, ossia che l’ufficio avesse fin dalla fase amministrativa indicato ciascuna singola operazione bancaria da giustificare.

La censura si riferisce alla seconda statuizione resa dalla Corte, relativa all’accoglimento del secondo motivo di ricorso dell’Agenzia.

2. Deve premettersi che non osta all’ammissibilità della revocazione la circostanza che la pronuncia impugnata abbia cassato la sentenza della C.T.R. con rinvio.

I termini di tale questione sono stati riassunti da Cass. 25/09/2019, 23871.

Secondo un primo orientamento, sarebbe esclusa in ogni caso l’ammissibilità della revocazione quando la sentenza della quale si chiede la revoca abbia pronunciato la cassazione con rinvio: «È inammissibile il ricorso per cassazione per revocazione proposto, ai sensi degli articoli 395, n. 4, e 391-bis cod. proc. civ., avverso la sentenza con la quale la decisione di merito sia stata cassata con rinvio, potendo ogni eventuale errore revocatorio essere fatto valere nel giudizio di riassunzione» (Cass. 12/10/2015, n. 20393); «in tema di revocazione, l’art. 391-bis cod. proc. civ, interpretato anche alla luce dell’espressione “altresì” di cui all’art. 391-ter cod. proc. civ. che pone in collegamento le diverse ipotesi revocatorie, comporta che, ove la decisione della S.C., oggetto di impugnazione revocatoria, non abbia deciso nel merito ma abbia rinviato la causa ad altro giudice a norma dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in tale sede possono essere fatti valere gli errori di fatto previsti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. relativi ai vizi processuali che la parte rimasta contumace avrebbe potuto conoscere a seguito del ricorso in riassunzione. Tale soluzione si pone in linea con i principi del giusto processo atteso che, da un lato, valorizza la fase rescindente rendendola funzionale a garantire il riesame della controversia e, dall’altro, impedisce che la fase rescissoria ostacoli l’accertamento della verità materiale» (Cass. 25/07/2011, n. 16184).

Secondo un diverso orientamento, il ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ. è inammissibile soltanto se l’errore revocatorio denunciato abbia portato all’omesso esame di eccezioni, questioni e tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio (Cass. 07/11/2001, n. 13790; Cass. 20/10/2003, n. 15660).

Tuttavia, una successiva pronuncia di questa Corte, cui si intende dare continuità, ha consapevolmente rimeditato i due orientamenti, concludendo nel senso che «Il ricorso per revocazione delle pronunce di cassazione con rinvio deve ritenersi inammissibile soltanto se l’errore revocatorio enunciato abbia portato all’omesso esame di eccezioni, questioni o tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio ma non anche se la pronuncia di accoglimento sia fondata su di un vizio processuale dovuto ad un errore di fatto o se il fatto di cui si denuncia l’errore percettivo sia assunto come decisivo nell’enunciazione del principio di diritto, o, nell’economia della sentenza, sia stato determinante per condurre all’annullamento per vizio di motivazione» (Cass. 17/05/2018, n. 12046; cfr. altresì Cass. 22/3/2019, n. 8259, in motivazione).

Nel caso di specie la parte assume, con la propria impugnazione, che l’errore sia caduto proprio sul fatto assunto dalla Corte ai fini della espressione del principio di diritto.

3. In relazione alla revocazione delle sentenze e delle ordinanze di questa Corte, deve osservarsi che, ai sensi dell’art. 391-bis, primo comma, proc. civ., essa è consentita ove le stesse siano affette da errore di fatto ai sensi del n. 4 dell’art. 395 cod. proc. civ.; tale errore ricorre, come la norma precisa, quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e purché il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione – è stato precisato da Cass. 05/07/2004, n. 12283 – comporta l’accertamento di un errore che deve riguardare gli atti interni al relativo giudizio (ossia quelli che la Corte può e deve esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione (Cass. 28/06/2005, n. 13915; Cass. 14/04/2010, n. 8907).

3.1 La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri gli estremi dell’error iuris, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione.

Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico- giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994; Cass., Sez. U., 11/04/2018, n. 8984; Cass. 14/04/2017, n. 9673, § 4-5). In sintesi, la combinazione dell’art. 391-bis e dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto sostanziale o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione.

3.2 L’errore di fatto previsto dall’art. 395, 4, cod. proc. civ., poi, deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; deve presentare i caratteri della evidenza ed obiettività; infine, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata (Cass. 28/02/2007, n. 4640; Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369).

In particolare, il punto si può dire controverso quando sia, appunto, oggetto di controversia, ossia incerto e per questo dibattuto. È la contestazione di un fatto a renderlo incerto e a farlo divenire giustiziabile, il che comporta l’assoggettamento di esso al dibattito del processo. Per sciogliere l’incertezza che deriva dalla contestazione proposta da una delle parti, il giudice deve quindi valutare la contestazione stessa stabilendo se essa sia fondata, o no. Perciò se vi è valutazione del contrasto tra le parti, non può esservi alcuna svista percettiva.

3.3 Con particolare riferimento alla deduzione di un errore nella lettura degli atti interni al giudizio di cassazione, Cass., Sez. U., 27/11/2019, 31032 ha precisato che l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa in caso di errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile) bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio.

3.4 Il carattere d’impugnazione eccezionale della revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l’inammissibilità di ogni censura non compresa nel novero di quelle indicate (Cass. 07/05/2014, n. 9865).

4. Alla luce di tali principi il motivo di revocazione si rivela inammissibile.

L’errore attribuito alla Corte è individuato nell’aver affermato, contrariamente a quanto emergente dagli atti, che l’avviso di accertamento contenesse un elenco specifico di operazioni contestate al contribuente laddove tale elenco era stato introdotto in causa tardivamente e cioè solo in sede di deposito delle memorie.

In realtà tale affermazione, nei termini evidenziati ai fini revocatori, non è presente nell’ordinanza impugnata la quale individua la questione a pagina 3 e la decide a pagina 5; la questione è infatti individuata nel fatto che la C.T.R. avesse <<erroneamente ritenuto che la contestazione nell’avviso di accertamento di taluni versamenti di denaro contante sul conto corrente del contribuente esigesse una specifica e precisa deduzione della loro illiceità>> ed è risolta nel senso che non occorresse <<una specifica contestazione della riferibilità a ricavi imponibili di ciascun accredito>>, altrimenti violandosi gli oneri probatori al riguardo.

Ciò è del resto confermato dalla lettura degli atti del giudizio conclusosi con l’ordinanza oggetto di impugnazione, ed in particolare del controricorso, ove il motivo di ricorso dell’Agenzia era relativo al riparto degli oneri probatori in tema di accertamenti bancari e la difesa del contribuente era affidata all’eccezione di inammissibilità del motivo, asseritamente non conferente con la ratio decidendi della C.T.R. che sarebbe stata in termini di nullità dell’avviso per difetto di motivazione. E ciò induce evidentemente a ritenere che la parte, mediante il rimedio della  revocazione, faccia valere in realtà un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e una errata soluzione data al medesimo, il che non assume rilevanza revocatoria (Cass. 15/02/2018, n. 3760).

5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile mentre non occorre provvedere in merito alle spese in assenza di controricorso dell’Agenzia delle entrate.

p.q.m.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.