CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 796 depositata il 12 gennaio 2023
Tributi – Cartelle di pagamento – IRES – Errori formali della dichiarazione – Presentazione della dichiarazione integrativa – Regime della trasparenza – Accoglimento
Rilevato che
L’Agenzia delle entrate ricorre con cinque motivi contro la società M.A. S.p.A., in liquidazione coatta amministrativa, avverso la sentenza n.15/24/2012, pronunciata il 10 gennaio 2012, depositata il 24 gennaio 2012 e non notificata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello della società contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso introduttivo della contribuente relativo alla cartella di pagamento, emessa ai sensi dell’art.36 bis d.P.R. n.600/1973, con cui l’ufficio aveva recuperato, ai fini Ires, alcuni importi indebitamente portati in compensazione nella dichiarazione Unico 2006.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 9 marzo 2022, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197.
Con ordinanza del 9 marzo 2022, la Corte rinvia il processo a nuovo ruolo, assegnando alla ricorrente termine per provvedere, ai sensi dell’art.331 cod. proc. civ., all’integrazione del contraddittorio processuale nei confronti del concessionario della riscossione.
Il ricorso veniva nuovamente fissato per l’udienza pubblica del 21 dicembre 2022.
Considerato che
1. Preliminarmente, deve rilevarsi che parte ricorrente ha provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti del concessionario della riscossione, che è rimasto intimato.
1.1. Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per inosservanza degli artt.18 e 24 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la deduzione della contribuente, secondo la quale il recupero dell’ufficio si fondava su errori formali della dichiarazione, tempestivamente corretti, era una domanda nuova, fondata su dati di fatto e ragioni di diritto assolutamente e radicalmente nuovi rispetto a quanto genericamente dedotto nel ricorso di primo grado, vale a dire che gli omessi versamenti in realtà non sussistevano.
Dunque la deduzione della società, accolta in grado di appello, fuoriusciva dal legittimo thema decidendum del giudizio di primo grado (tanto che bene aveva fatto la C.t.p. a ritenerla inammissibile, perché introdotta nel giudizio solo con memoria illustrativa); la sua riproposizione in grado di appello concretava domanda nuova ex art. 57 d.lgs. n. 546/92, da dichiarare inammissibile anche d’ufficio.
Ritiene la ricorrente che sarebbe palese la nullità della sentenza, laddove accoglie la deduzione della controparte secondo la quale la cartella si fonda esclusivamente su errori formali del modello Unico 2006, prontamente corretti con dichiarazione integrativa.
1.2. Con il secondo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la motivazione insufficiente su di un fatto decisivo della controversia, ex art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., consistente nella circostanza che la contribuente, nel ricorso di primo grado, non avesse mai dedotto che la cartella si fondava su errori materiali contenuti nella dichiarazione Modello Unico 2006, tempestivamente corretti con la dichiarazione integrativa.
1.3. Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo.
Come rilevato anche dal P.G. nelle sue conclusioni scritte, dal ricorso di primo grado ( trascritto nel ricorso per cassazione) risulta che la contribuente ha impugnato la cartella di pagamento per vizio della notificazione e, nel merito, per “insussistenza dell’omesso e carente versamento delle imposte”; solo con una successiva memoria (anch’essa trascritta nel ricorso per cassazione) la ricorrente introduceva il diverso motivo relativo alla avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa a correzione degli errori contenuti nella dichiarazione modello unico 2006 oggetto del controllo automatizzato ex art.36 bis d.P.R. 29 settembre 1973 n.600.
Questa Corte, infatti, ha già chiarito che <<nel processo tributario, caratterizzato da una domanda impugnatoria dell’atto del fisco per vizi formali o sostanziali, l’oggetto del giudizio è circoscritto dai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve dedurre specificamente nel ricorso introduttivo di primo grado che può modificare o integrare solo con motivi aggiunti, consentiti, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella limitata e peculiare ipotesi di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”, mentre la possibilità di depositare documenti, fino a venti giorni prima dalla data di trattazione, e memorie illustrative sino a dieci giorni prima, ha lo scopo di illustrare ed argomentare i motivi di ricorso, senza modificarne il “thema decidendum”>> (Cass. n. 23326 del 15/10/2013).
Nel caso di specie, è pacifico e risulta dagli atti che la contribuente, con il ricorso introduttivo, ebbe ad impugnare la cartella genericamente nel merito della pretesa tributaria, in particolare, affermando che gli omessi versamenti ritenuti dall’ufficio non si erano verificati; solo nella successiva memoria illustrativa, la contribuente ha sostenuto che una delle richieste dell’ufficio si fondava su di un errore meramente formale contenuto nella dichiarazione Modello Unico 2006, peraltro dalla società corretto con tempestiva dichiarazione integrativa, mentre l’altra non era giustificata, avendo la società optato per il regime della trasparenza nell’anno di imposta 2006.
Contrariamente alle risultanze processuali, la C.t.r. ha affermato, invece, che il motivo relativo alla presentazione della dichiarazione integrativa, introdotto con la memoria illustrativa, costituiva una legittima specificazione della contestazione del merito della pretesa tributaria contenuta nel ricorso introduttivo.
In tal modo il giudice di appello ignorava quanto correttamente rilevato dal giudice di primo grado, secondo cui il motivo attinente al merito contenuto nel ricorso introduttivo era inammissibile per genericità, esaurendosi nel diniego della debenza delle imposte iscritte a ruolo ex art.36 bis, senza alcuna indicazione dei motivi in base ai quali si sosteneva l’infondatezza della pretesa erariale; pertanto una memoria illustrativa non poteva ampliare il tema decisorio non validamente introdotto con il ricorso introduttivo.
2.1. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la denunzia la nullità della sentenza impugnata per inosservanza dell’art.36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata aveva del tutto omesso ogni motivazione in ordine al recupero a tassazione della somma di euro 177.568,00 per Ires 2005, per la quale la società aveva addotto a giustificazione della non debenza l’aver optato per il regime della trasparenza dall’anno 2006.
2.2. Con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per inosservanza degli artt.55 e ss. d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.4, cod. proc. civ.
Ritiene la ricorrente che, ove la decisione della C.t.r. dovesse intendersi riferita anche al recupero a tassazione della somma di euro 177.568,00 per Ires 2005, il giudice di appello sarebbe incorso in ultrapetizione, adottando una motivazione diversa ed ulteriore rispetto alle giustificazioni fornite da parte contribuente.
2.3. Con il quinto motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la motivazione insufficiente su di un fatto decisivo della controversia, ex art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ.
La ricorrente rileva che la C.t.r. ha affermato, quale fatto decisivo della controversia, che i recuperi di cui alla cartella si fondano su un errore formale (poi prontamente corretto dalla contribuente), consistente nell’omessa esposizione di un’eccedenza di imposta di Euro 200.000.
Secondo la ricorrente tale affermazione è del tutto apodittica in quanto non si comprende come un’eccedenza di 200.000,00 euro renda totalmente infondati recuperi per oltre 360.000,00 euro.
2.4. Il terzo motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del quarto e del quinto.
In particolare, la decisione della C.t.r. omette del tutto la considerazione che le somme recuperate a tassazione, a diverso titolo, sono due, limitando la propria motivazione al recupero per il quale la società aveva dedotto di aver commesso un errore meramente materiale nella dichiarazione dei redditi, corretto con la presentazione della dichiarazione integrativa.
Per il secondo importo, relativamente al quale la contribuente aveva eccepito di non dover pagare l’Ires, in quanto aveva optato per il regime della trasparenza, non si rinviene alcuna motivazione pertinente; pertanto, limitatamente a tale secondo recupero, per il quale l’ufficio aveva dedotto che l’opzione per la trasparenza non coincideva con l’anno di imposta in contestazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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