Corte di Cassazione sentenza n. 869 depositata il 16 gennaio 2018
MEDIAZIONE – PROVVIGIONE – DIRITTO DEL MEDIATORE – PRESUPPOSTO – NESSO DI CAUSALITÀ TRA L’ATTIVITÀ SVOLTA E LA CONCLUSIONE DELL’AFFARE – SUFFICIENZA – FATTISPECIE
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Bari, con sentenza depositata il 28 maggio 2013, ha rigettato l’appello proposto da B.G. e M.S. avverso la sentenza del Tribunale di Bari n. 1998 del 2009, e nei confronti di Studio S. S. s.a.s., e, per l’effetto, ha confermato la condanna dei sigg. B. e M. al pagamento dell’importo di Euro 2.625 oltre interessi legali dal 3 novembre 2006 e IVA, a titolo di provvigione per l’attività di intermediazione immobiliare svolta dallo Studio S. S. con riferimento alla vendita dell’immobile sito in (OMISSIS).
2. Ricorrono B.G. e M.S. per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso Studio S. S. sas. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso e’ infondato.
1.2. Con il primo motivo e’ denunciata violazione degli artt. 112, 163 e 183 c.p.c., e L. n. 36 del 1989, art. 6, e si contesta che la Corte d’appello ha accolto la domanda di pagamento del compenso della mediazione nonostante l’iscrizione al ruolo degli agenti mediatori dell’Agenzia Studio S. S. sas, ovvero del legale rappresentante e degli agenti, non fosse stata allegata ne’ in citazione, ne’ nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6.
1.3. La doglianza e’ infondata.
In quanto condizione dell’azione ed elemento costitutivo della domanda, l’iscrizione al ruolo degli agenti mediatori del soggetto che agisca per il pagamento del compenso della mediazione e’ oggetto di verifica da parte del giudice a prescindere dall’allegazione. Simmetricamente, come peraltro evidenziato dagli stessi ricorrenti (pag. 10 del ricorso), il difetto dell’iscrizione e’ rilevabile d’ufficio.
Trattandosi, dunque, di valutazione dell’esistenza di un elemento costitutivo della domanda, che il giudice e’ tenuto ad accertare d’ufficio, neppure e’ configurabile la denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2. Con il secondo motivo e’ denunciata violazione dell’art. 1755 c.c., e si contesta la mancata valutazione, da parte della Corte d’appello, dell’esistenza del nesso di causalità tra l’attività svolta dall’Agenzia Studio S. S. e la conclusione dell’affare, e tale nesso doveva in realtà escludersi. Il contatto provocato dall’Agenzia non era andato a buon fine, essendo la proposta d’acquisto dell’immobile di proprietà dei sigg. B.- M. subordinata alla condizione non realizzata che il potenziale acquirente ottenesse un mutuo.
Soltanto successivamente, a seguito dell’intervento di altra agenzia di mediazione, l’affare fu concluso con variazioni quanto all’oggetto della vendita (appartamento e lastrico solare) e ai soggetti acquirenti (era intervenuta anche la figlia degli originari promissari acquirenti).
2.1. La doglianza e’ infondata.
La giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice afferma che, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non e’ richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, cosi’ da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (ex plurimis, Cass. 09/12/2014, n. 25851; Cass. 20/12/2005, n. 28231).
Diversamente da quanto assumono i ricorrenti, l’intervento di un secondo mediatore non interrompe di per se’ il nesso di causalità tra l’attività del primo e la conclusione dell’affare, e le parziali variazioni oggettive e soggettive non hanno inciso sull’identità dell’affare, mentre e’ chiaro che l’apprezzamento in fatto operato dal giudice di merito non e’ censurabile sotto il profilo della violazione di legge.
3. Con il terzo motivo e’ denunciata violazione dell’art. 1758 cod. civ. e si contesta che la Corte d’appello, pur avendo preso atto dell’intervento di un secondo mediatore, abbia riconosciuto l’intera provvigione all’Agenzia Studio S. S..
3.1. La doglianza e’ inammissibile.
La questione della mancata applicazione dell’art. 1758 c.c., non risulta trattata dalla Corte d’appello, e i ricorrenti non dimostrano di averla prospettata in sede di merito, sicche’ costituisce questione nuova, come tale inammissibile (ex plurimis, Cass. 18/10/2013, n. 23675).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese, liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
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