Corte di Cassazione sentenza n. 9198 depositata il 13 aprile 2018
APPALTO – GARANZIA PER LE DIFFORMITA’ E VIZI DELL’OPERA – INADEMPIMENTO DELL’APPALTATORE PER RITARDO NEL COMPLETAMENTO DELL’OPERA – RESPONSABILITA’ DELL’APPALTATORE EX ARTT. 1453 E 1455 C.C. – CONFIGURABILITA’ – CONDIZIONI – CONSEGUENZE
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
1. Nel 2006, P.E. convenne in giudizio D.F.G., D.F.A.M., D.F.E.G., De.Fe.Eu.Gi., D.F.A.A.M. e M.F., chiedendo il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento, da parte dei convenuti, agli impegni assunti con la scrittura privata in data 22 novembre 1999.
Espose che, nel corso di un giudizio avente ad oggetto difetti di uno stabile in cui si trovavano le unità immobiliare di proprietà delle parti (al piano sottostrada, quella di proprietà del P., e al piano soprastante, quella dei D.F.- M., adibita a supermercato), le medesime parti avevano stipulato, con la scrittura sopradetta, una transazione che prevedeva l’assunzione da parte dei D.F. dell’impegno di far eseguire a loro esclusive spese tutte le opere necessarie al consolidamento del solaio divisorio, manlevando il P. da qualsivoglia onere e responsabilità inerente o conseguente all’esecuzione dei lavori; che la proprietà del P. era stata riconsegnata il 2 maggio 2000, in ritardo rispetto alla data pattuita del 31 gennaio 2000 (con conseguente applicabilità della penale giornaliera), senza che le opere fossero state ultimate o eseguite in modo corretto o conforme a quanto stabilito nell’atto di transazione.
Si costituirono i convenuti eccependo la decadenza e la prescrizione dei diritti oggetto della domanda.
Il Tribunale di Chiavari, con sentenza n. 375/2011, rigettò la domanda, ritenendo applicabili i termini decadenziali e di prescrizione previsti dalle norme in tema di appalto, i quali erano ampiamente trascorsi.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 846 del 29 giugno 2015.
La Corte di Appello ha confermato l’interpretazione del giudice di primo grado secondo cui il principale obbligo a carico dei D.F. nascente dalla transazione era quello di concludere un contratto di appalto con un terzo, il quale sarebbe stato quindi parte del contratto stesso.
Ha inoltre condiviso l’osservazione del primo giudice secondo cui il P., sia che fosse mandante del committente, sia che fosse terzo rispetto all’appalto, ma da tale contratto ricevesse i benefici (configurandosi quindi un appalto in favore di terzo), sarebbe stato comunque tenuto al rispetto dei termini di denuncia dei vizi previsti dalle norme in tema di appalto.
Infatti, le doglianze oggetto di causa non concernevano l’esecuzione della transazione, adempiuta dai D.F. con la stipula dell’appalto nei termini previsti, ma l’esecuzione delle opere oggetto del contratto di appalto, relativamente alla quale i D.F. avevano assunto la veste di garanti.
Tale obbligazione di garanzia, quindi, non poteva che essere soggetta alla disciplina dell’obbligazione garantita. Diversamente, infatti, garanti-committenti sarebbero stati sottoposti al rischio di azioni a termini decorsi nei confronti dell’appaltatore, nei cui confronti non avrebbero potuto più rivalersi.
La Corte territoriale ha poi ritenuto che fosse tardiva, in quanto non proposta in atto di appello, e quindi inammissibile, la doglianza secondo cui non poteva applicarsi la disciplina della decadenza per mancata tempestiva denuncia dei vizi, non essendo mai state le opere effettivamente concluse.
La Corte di Genova ha infine dichiarato assorbite le ulteriori domande già proposte in primo grado e ivi non esaminate perché assorbite dalla declaratoria di decadenza.
3. Avverso tale decisione, P.E. propone ricorso in Cassazione, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
3.1 Resistono con controricorso illustrato da memoria G., A.M., E.G., E.G., A. D.F.A.M. e M.F..
Considerato che:
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 – 1411 – 1667 – 1719 – 1720 c.c.”.
La Corte di appello avrebbe interpretato la scrittura privata del 22 novembre 1999 senza tenere conto del suo tenore letterale ed omettendo di individuare la comune intenzione delle parti, desumibile dal loro comportamento complessivo.
Dal tenore letterale della citata scrittura, poi, risulterebbe che i D.F. non si erano affatto impegnati a stipulare un contratto di appalto e a rendersi garanti dell’esecuzione dei lavori, ma avevano assunto invece l’obbligo di eseguire specifiche opere (opere successivamente commissionate ad imprese di loro esclusivo gradimento, senza alcuna interferenza da parte del P.).
Di conseguenza, la Corte di Appello di Genova avrebbe erroneamente applicato al caso concreto i termini decadenziali e prescrizionali di cui all’art. 1667 c.c.. Al caso di specie, invece, sarebbe applicabile l’ordinaria prescrizione decennale.
Il motivo è inammissibile poiché il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di provvedere alla trascrizione delle clausole contrattuali di cui lamenta l’errata interpretazione da parte del giudice di merito.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., – artt. 1665 – 1667 c.c.”.
Contrariamente a quanto sostiene la Corte di Appello, il ricorrente avrebbe richiesto già con l’atto di appello che venisse accertata e dichiarata la non applicabilità dei termini di decadenza e di prescrizione di cui all’art. 1667 c.c., non essendo le opere mai state ultimate, né accettate dal P., il quale, invece, le aveva tempestivamente contestate.
La medesima eccezione di inapplicabilità dei termini ex art. 1667 c.c., era già stata sollevata nel corso del primo grado di giudizio.
In ogni caso, l’eccezione di inoperatività della decadenza e della prescrizione costituirebbe un’eccezione un senso lato, rilevabile d’ufficio dal giudice il quale è tenuto ad accertare l’avvenuta ultimazione e l’accettazione delle opere da parte di colui che è stato ritenuto mandante o terzo beneficiario del contratto di appalto. Infatti, la prescrizione non opera fino a quando non avvenga, a seguito dell’ultimazione dei lavori, la consegna definitiva subordinata alla verifica e all’accettazione dell’opera.
Il motivo è inammissibile.
Infatti il ricorrente non provvede a trascrivere la parte dell’atto di appello nella quale sarebbe stata formulata la doglianza relativa alla non decorrenza del termine di decadenza nel caso di specie, per non essere state effettivamente ultimate le opere.
Né il ricorrente provvede a trascrivere gli atti del giudizio di primo grado dove tale questione sarebbe stata sollevata, con la conseguenza che a questa Corte non è possibile accertare se sul punto vi sia stata una pronuncia implicita di rigetto da parte del giudice di primo grado. Tale circostanza rileva in quanto, secondo il principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il rigetto dell’eccezione (anche se in senso lato) osta all’operare dell’art. 345, comma 2, con la conseguenza che la parte che voglia alimentare la medesima eccezione in appello dovrà svolgere apposito motivo di gravame (Cass. civ. Sez. Unite, 12/05/2017, n. 11799).
4.3. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati per quanto di ragione.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1667 – 1382 – 2946”.
La Corte di appello avrebbe erroneamente applicato i termini decadenziali e prescrizionali previsti dall’art. 1667 c.c., per le domande relative alle difformità ed ai vizi dell’opera appaltata anche alla domanda di pagamento della penale prevista nel contratto in conseguenza del ritardo nella consegna dell’immobile.
Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la “violazione dell’art. 112 c.p.c.”, per omessa pronuncia sulla medesima domanda di pagamento della penale prevista in caso di ritardata ultimazione dei lavori.
I motivi sono fondati.
Delle due l’una: o il giudice di secondo grado non si è pronunciato sulla domanda di pagamento della penale per ritardato adempimento, ovvero ha erroneamente ritenuto che la stessa domanda risultasse assorbita per effetto dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione e decadenza, applicando quindi anche a tale domanda i termini di cui all’art. 1667 c.c.. Occorre al riguardo evidenziare che la responsabilità dell’appaltatore inerente alla garanzia per vizi o difformità dell’opera prevista dagli artt. 1667 e 1668, ricorre quando il suddetto abbia consegnato un’opera completa, ma affetta da vizi o non conforme a quella pattuita.
Quando invece egli non esegua integralmente l’opera o, avendola eseguita, si rifiuti di consegnarla o vi proceda con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito sorge la comune responsabilità dell’appaltatore ex artt. 1453 e 1455 c.c., con la conseguente esperibilità nei suoi confronti dell’azione risarcitoria anche indipendentemente da quella di risoluzione del contratto.
Infatti, le disposizioni specifiche in tema di inadempimento del contratto di appalto previste dagli artt. 1667 – 1669 c.c., integrano, ma non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, applicabili – questi ultimi – quando non ricorrono i presupposti delle norme speciali (Cass. civ. Sez. 2^, 16/10/1995, n. 10772; Cass. civ. Sez. 2^, 17-05-2004, n. 9333).
Di conseguenza, in caso di ritardo nel completamento dell’opera, non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore per l’inesatto adempimento (e di esperire le conseguenti azioni nei di lui confronti) far ricorso alla disciplina della domanda di garanzia.
Pertanto, la domanda di pagamento della penale per ritardato completamento dell’opera non doveva ritenersi assoggettata ai termini prescrizionali previsti per l’azione per vizi.
5. In conclusione, la Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie per quanto di ragione il terzo e quarto motivo cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie per quanto di ragione il terzo e quarto motivo cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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