Ritenuto in fatto
1- Il Tribunale di Milano con ordinanza […] ha rigettato il riesame proposto da [X] (in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori) contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale, avente ad oggetto tre appartamenti donati da [Y] (due in favore dei figli e uno in favore della moglie odierna ricorrente).
2. Per l’annullamento del provvedimento, la [X], in proprio e nella predetta qualità ha proposto ricorso per cassazione denunziando la violazione di legge per mancanza assoluta di motivazione e l’inosservanza della normativa sul sequestro e sulla tutela del terzo e dei minori. Osserva in particolare che l’errore di fondo del percorso argomentativo del Tribunale sta nell’averla considerata complice del marito piuttosto che soggetto terzo; nel ricostruire la vicenda delle donazioni, sostiene di essere titolare di interesse patrimoniale proprio del tutto autonomo, essendosi accollata, in base ad accordi coniugali, la quota di mutuo gravante sull’immobile a lei donato ed essendo quindi esposta all’azione legale della Banca mutuante in caso di inadempimento del mutuo garantito da ipoteca sull’immobile: di qui la violazione delle norme che tutelano il terzo. Sotto questo profilo, rileva inoltre che è stato sequestrato per intero un bene che nella metà del suo valore non era nella disponibilità del sequestrato, mentre al più sarebbe stato possibile sequestrare la differenza tra il valore del bene e la somma di mutuo che essa si era accollata al momento della donazione, perché nessun creditore avrebbe potuto mai aggredire quella parte di immobile gravata da ipoteca a favore della Banca, terzo in buona fede: di conseguenza, l’indagato non poteva liberarsi di tale quota di immobile che pertanto non poteva considerarsi profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Rimprovera poi al Tribunale di avere fatto riferimento a presunti accordi familiari laddove si era trattato di accordi coniugali e quindi di patti aventi tutt’altra natura. Quanto alla violazione delle norme a tutela dei minori, rileva che la motivazione è sostanzialmente inesistente, oltre che in violazione delle norme di legge: trattandosi di immobili donati a incapaci, essi, a dire della ricorrente, non sono nella disponibilità dell’indagato, bensì del tutore o meglio del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, competenti a concedere i relativi provvedimenti autorizzativi.
3. La ricorrente ha proposto inoltre motivi nuovi con cui denunzia la violazione dell’art. 322 ter c.p. primo comma ultima parte, rimproverando al giudice di merito di avere disposto il sequestro degli immobili finalizzato alla confisca per equivalente nonostante si trattasse di profitto e non di prezzo del reato tributario.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato. Per rispondere alle censure mosse dalla ricorrente occorre richiamare i seguenti principi di diritto:
– il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, (cfr. cass. s.u. 29.5.2008 n. 25932; conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933);
– il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (art. 322-ter cod. pen.) può essere applicato ai beni anche nella sola disponibilità dell’indagato per quest’ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi (cass. Sez. 3, Sentenza n. 15210 del 08/03/2012 Cc. dep. 20/04/2012 Rv. 252378);
– in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca “per equivalente”, può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato: infatti, l’integrale rinvio alle “disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale”, contenuto nell’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, consente di affermare che, con riferimento ai reati tributari, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica (cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 35807 del 07/07/2010 Cc. dep. 06/10/2010 Rv. 248618; Sez. 3, Sentenza n. 45735 del 08/11/2012 Cc. dep. 22/11/2012 Rv. 253999).
Alla stregua di quest’ultimo principio si rivela pertanto infondata la censura sollevata nei motivi nuovi (con cui si richiama la natura di sanzione penale della confisca per equivalente, il principio di irretroattività della legge penale e, conseguentemente, l’inapplicabilità della legge 6.11.2012 art. 1 comma 75 lett. o che ha previsto la confiscabilità anche delle cose che costituiscono il “profitto” del reato). Nel caso di specie il Tribunale di Milano ha motivato su tutte le censure prospettate con l’atto di riesame, sicché si è completamente al di fuori dall’ipotesi di motivazione inesistente o apparente e quindi dalla violazione di legge ex art. 125 cpp che può giustificare il ricorso per cassazione. Infatti – per quanto ancora interessa – il giudice di merito ha ritenuto sussistente, a carico dell’indagato [Y], il fumus dei reati di cui agli artt. 2 e 11 D. L.vo n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta di immobili al pagamento di imposte), osservando che la M. non può considerarsi estranea alla condotta dell’indagato, considerata la stretta tempistica delle donazioni (rispetto alla notifica del verbale di contestazione avvenuta il 25.2.2004); ha poi considerato che lo [Y] continua di fatto ad avere la disponibilità dei cespiti, sulla base di una serie di elementi di fatto, rappresentati dalla convivenza familiare, dalla persistenza degli obblighi di mantenimento, mentre la [X] non ha neppure dimostrato una capacità reddituale tale da consentirle di provvedere al pagamento del mutuo ipotecario. Quanto agli interessi della Banca mutuante, ha osservato che il sistema prevede strumenti di tutela a favore del creditore ipotecario, mentre il pregiudizio denunziato dalla ricorrente per le conseguenze patrimoniali derivanti dal sequestro (risoluzione del contratto dì mutuo e obblighi restitutori verso l’istituto di credito) non può essere preso in esame, proprio per la condizione di persona non estranea alla condotta. Ha inoltre rilevato che – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa -sussisteva la disponibilità dell’indagato anche in ordine ai beni donati ai minori, perché comunque i genitori si sono qualificati come legali rappresentanti dei figli e non risulta la nomina di un curatore speciale. Infine, ha considerato che qualunque atto di dispositivo può integrare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Come si vede, il giudice dì merito ha dato conto del proprio convincimento su tutti i punti posti alla sua attenzione con la richiesta di riesame attraverso un percorso argomentativo che appare non solo rispettoso dei principi di diritto sul sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ma anche logicamente coerente e costantemente agganciato alle risultanze processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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