Corte di Cassazione, sezione II, ordinanza n. 23893 depositata il 5 settembre 2024
condominio
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. R.B., N.B., D.B. e G.B. hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli, il Condominio Bellaria di Montenero di Bisaccia, chiedendo di annullare la delibera assembleare del 10 gennaio 2011 perché approvata nonostante l’omesso invio del prospetto del bilancio consuntivo e la mancata indicazione, nei documenti presentati in sede assembleare, di tutti gli elementi essenziali del bilancio, lamentando che l’amministratore non aveva prodotto i giustificativi delle spese effettuate nell’annualità di riferimento.
In contraddittorio con il Condominio, il Tribunale di Larino, con sentenza n. 3 del 2017, ha annullato la delibera nella parte in cui era stato approvato il bilancio consuntivo 2010, affermando che illegittimamente l’assemblea aveva deliberato di utilizzare il relativo residuo attivo nell’esercizio successivo (2011), istituendo un fondo cassa.
La pronuncia, impugnata dal Condominio, è stata riformata integralmente dalla Corte d’appello di Campobasso, secondo cui l’istituzione di un fondo cassa per le spese ordinarie rientrava nel potere discrezionale dell’assemblea, non sindacabile dal giudice, e la relativa deliberazione non pregiudicava l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio o il loro diritto proporzionale al riaccredito (o scomputo) delle somme, non essendo necessario nella convocazione dell’assemblea l’inserimento dell’argomento relativo all’istituzione del fondo cassa qualora prevista dall’approvazione del rendiconto.
Ha inoltre evidenziato il giudice distrettuale che non sussisteva l’obbligo per l’amministratore di allegare all’ordine del giorno la documentazione giustificativa del bilancio, essendo questi tenuto soltanto a consentire ai condomini che ne facciano richiesta di prendere visione o estrarne copia a loro spese, richiesta che non era stata mai avanzata.
Ha ricordato come la contabilità presentata dall’amministratore non deve essere redatta redigere con forme rigorose analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, dovendo semplicemente rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita con le relative quote di ripartizione, in modo da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, delle entità e delle causali degli esborsi fatti, ponendo in rilevo come dal libro giornale in atti e dalle tabelle di ripartizione pertinenti al bilancio spese consuntivo 2010- bilancio spese preventivo 2011, fosse possibile verificare puntualmente ogni voce di entrata e di uscita, non occorrendo la redazione dello stato patrimoniale, avuto riguardo alle modalità di redazione del rendiconto in ambito condominiale.
Per la cassazione della sentenza B.R., B. N., B. D., B. G. hanno proposto ricorso in quattro motivi, illustrati con memoria, cui il Condominio Bellaria ha replicato con controricorso.
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1135, comma primo, 3 c.c., l’inesistente o apparente motivazione e il travisamento dei fatti, lamentando che la Corte d’appello abbia applicato taluni precedenti di legittimità del tutto inconferenti quanto alla possibilità di utilizzare il fondo cassa, pronunce che avevano riguardo ad ipotesi in cui l’assemblea condominiale aveva disposto il reimpiego delle somme per interventi di manutenzione. Si assume che, invece, il fondo cassa era stato illegittimamente costituito, non essendo prevista alcuna compensazione delle somme a credito a favore dei condomini né le modalità di impiego delle somme e che anzi la delibera impugnata non aveva realmente istituito un fondo cassa disponendo del residuo attivo di gestione previsto dall’art. 1135 c.c., ma aveva deliberato su un avanzo di cassa oggetto di riporto degli ultimi due anni, come comprovato dal verbale assembleare del 10 gennaio 2011.
Inoltre, l’assemblea non avrebbe indicato quale parte del residuo fosse riferibile a ciascun condomino e fosse destinato ad essere compensato o rimborsato, ed avrebbe poi ritenuto superfluo indicare tra le materia all’ordine del giorno l’istituzione del fondo cassa pur in assenza di qualsiasi prospetto informativo.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 1123 c.c., per aver la delibera previsto l’utilizzo dell’intera somma nell’esercizio 2011 senza ulteriori specificazioni, rendendo impossibile stabilire se e quale fosse l’importo dei crediti spettanti ai singoli condomini e se detti crediti si fossero formati su spese da ripartirsi in base alla tabella millesimale di proprietà o ai sensi dell’art. 1124 c.c.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e vanno respinti per le ragioni che seguono.
Appare pienamente assolto l’obbligo di motivazione (Cass. s.u. 80553/2014): la sentenza ha spiegato, in modo argomentato, che l’assemblea aveva il potere discrezionale di deliberare circa l’utilizzazione di un avanzo di gestione, salvo un eventuale eccesso di potere, e che non occorreva inserire all’ordine del giorno la costituzione del fondo cassa, essendo sufficiente che fosse prevista l’approvazione del rendiconto, evidenziando che è onere del singolo richiedere all’amministrazione il rilascio di copia dei giustificativi di spese, richiesta che, nel caso, non era stata avanzata.
Il fatto che l’assemblea avesse non già deliberato l’utilizzo di un avanzo di gestione, ma di un avanzo di cassa è invece tema che non risulta trattato dalla Corte di appello e che è formulato in questa sede senza i dovuti riferimenti agli atti di causa, non indicando il ricorso dove e quando sia stato dibattuto dalle parti, sicché la doglianza non può avere ingresso in questa sede di legittimità (Cass. 26851/2022; Cass. 32804/2019; Cass. 20694/2018; Cass. 15430/2018; Cass. 23675/2013).
La censura postula, poi, infondatamente che l’assemblea che istituisca il fondo cassa debba obbligatoriamente prevedere il riaccredito delle somme quale unica modalità di impiego o che debba specificare quali somme, su quei residui, competano ai singoli, in modo da rendere verificabile la successiva compensazione.
A tale rilievo è agevole obiettare che, accertata la piena intellegibilità del bilancio con l’analitica indicazione delle entrate e delle uscite con le relative causali, può procedersi alla regolazione dei rapporti di dare ed avere allorquando, nell’esercizio successivo, sia deliberato l’impiego dei fondi e adottato il corrispondente criterio di riparto della spesa.
In tale situazione non è richiesta l’espressione in cifre delle somme spettanti a ciascun comproprietario a pena di annullabilità, essendo possibile stabilirne l’entità e procedere alle opportune verifiche sulla correttezza della successiva compensazione sulla base della documentazione contabile pienamente esplicativa (Cass. 25900/2022).
Nulla cambia, poi, per il singolo se le somme gli siano subito riaccreditate o siano invece scomputate dalle spese effettuate nell’annualità successiva (Cass. 3043/2021).
La decisione è, per il resto, conforme al principio consolidato secondo cui il bilancio non doveva essere redatto in forme rigorose, essendo – nella specie – garantita l’intelligibilità delle voci di entrata e di uscita con le relative causali mediante l’annotazione di tutte le spese e delle entrate con le tabelle di ripartizione per il consuntivo 2010 ed il preventivo 2011 (Cass. 1405/2007; Cass. 3892/2017; Cass. 1370/2023).
Nessun effetto poteva produrre l’omessa allegazione dei documenti giustificativi di spesa nel corso della riunione, non avendone i ricorrenti richiesto l’esame e il rilascio di copia.
L’amministratore del Condominio non ha l’obbligo di depositare la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, essendo tenuto a permettere ai condomini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, gravando su questi ultimi l’onere di dimostrare che l’amministratore non ha consentito di esercitare detta facoltà (Cass. 1544/2004; Cass. 12650/2008; Cass. 16667/2017; Cass. 15996/2020).
3. Il terzo motivo denuncia la violazione del principio contabile della necessaria dimensione annualità della gestione, assumendo che l’annata chiusa col bilancio 2010 ricomprendeva voci relative alle gestioni 2008 e 2009 in violazione dell’art. 1135 c.c., che riconosce all’assemblea il potere di deliberare solo le spese relative all’annualità di riferimento.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
La violazione della necessaria dimensione annuale della gestione condominiale è tema che esula dalle questioni decise, non risultando dal ricorso se sia stato dedotto con i motivi di ricorso ex art. 1137 c.c. e poi riproposto in appello.
In ogni caso, la previsione di un fondo cassa alimentato con le anticipazioni da parte dei condomini o con l’accantonamento di eventuali entrate è, sotto tale riguardo, del tutto legittima e non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale (Cass. 12638/2020).
La reale finalità della delibera era di assicurare alla collettività condominiale, gestita dall’amministratore, la disponibilità di liquidità economica per far fronte ai maggiori oneri economici che si sarebbero dovuti affrontare, una volta terminato il periodo in relazione al quale era stato approvato il preventivo.
L’assemblea, disponendo ai sensi dell’art. 1135, comma primo, n. 3 c.c., aveva semplicemente omesso di disporre il concreto impiego dei residui nell’esercizio di riferimento, senza vincolarli oltre l’esercizio successivo o per periodi ancor più lunghi.
In tali ipotesi è sufficiente che i residui attivi possano anche solo implicitamente desumersi dal rendiconto, in modo da poter essere rilevati nei conti individuali dei singoli condomini per la conseguente riduzione per compensazione delle quote di anticipazione dovute per l’anno per l’anno successivo (Cass. 3936/1975; Cass. 8167/1996; Cass. 17035/2016; Cass. 25900/2022; Cass. 20135/2017; Cass. 7706/1996).
Il ricorso è – perciò – respinto, con addebito delle spese di legittimità.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad € 1700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.