Corte di Cassazione, sezione III, ordinanza n. 16006 depositata il 7 giugno 2024

le limitazioni probatorie previste dall’art. 65 (oggi 63) d.P.R. n. 602 del 1973 trovano applicazione nell’opposizione di terzo all’esecuzione promossa dall’agente della riscossione

Fatti di causa

1. L’agente della riscossione Equitalia Gerit p.A. (in seguito, Equitalia Sud S.p.A.; attualmente Agenzia delle Entrate – Riscossione) procedeva al pignoramento di beni mobili (del complessivo valore di Euro 105.000,00) presso la sede della debitrice T.C. S.r.l.

2. Proponeva tempestiva opposizione di terzo la T.i. S.n.c. di T.O. & C. asserendo che i predetti beni si trovavano presso la sede della società debitrice, ma erano di proprietà dell’opponente.

3. Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Cassino sospendeva la procedura di riscossione coattiva e il giudizio di merito si concludeva con la sentenza 1084 del 20/10/2014, con la quale il citato Tribunale accoglieva l’opposizione, in quanto le prodotte scritture contabili erano da ritenersi idonee a dimostrare la proprietà dei cespiti staggiti in capo all’opponente.

4. Proposto appello dalla Equitalia, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 6807 del 18/10/2021, accoglieva l’impugnazione, rigettava l’opposizione di terzo e condannava l’opponente alle spese di lite.

5. Per quanto qui rileva, la Corte di merito poneva a fondamento della propria decisione l’art. 63 (già 65) del d.P.R. 29/9/1973, n. 602, norma che – secondo il giudice d’appello – non riguarda soltanto la fase del pignoramento, ma anche il giudizio di opposizione di terzo, e che impone all’opponente di dimostrare la titolarità dei beni pignorati mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata o sentenza passata in giudicato (pronunciata su domanda anteriore all’anno a cui si riferisce l’entrata iscritta a ruolo).

6. Avverso la predetta sentenza la T.i. S.a.s. (già T.i. S.n.c.) di T.O. & C. proponeva ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo; l’intimata Agenzia delle Entrate – Riscossione non presentava controricorso, ma depositava «atto di costituzione … al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa»; non svolgeva difese nel giudizio di legittimità la T.C. S.r.l., già contumace nei gradi di merito.

7. La ricorrente depositava memoria ex 380-bis.1 cod. proc. civ.

8. All’esito della camera di consiglio del 29/5/2024, il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell’art. 380-bis.1, comma 2, cod. proc. civ.

Ragioni della decisione

1. Preliminarmente, si rileva che la notifica del ricorso – eseguita al difensore di Equitalia nel giudizio di merito, anziché ad Agenzia delle Entrate – Riscossione presso la sua sede – è invalida (Cass., Sez. U, Sentenza n. 4845 del 23/02/2021, Rv. 660464-01; Cass., Sez. U, Sentenza n. 15911 del 08/06/2021, Rv. 661509-02); tuttavia, l’atto di costituzione (sia pure improprio, non integrando le forme di un controricorso), pervenuto entro il termine prescritto dall’art. 370, comma 1, cod. proc. civ., dimostra il raggiungimento dello scopo della notificazione.

2. Pure la notificazione rivolta alla T.C. S.r.l. è invalida, poiché la p.e.c. diretta alla società non è stata consegnata (è nel fascicolo l’avviso di mancata consegna) e il tentativo compiuto presso la sede sociale non è andato a buon fine, risultando la destinataria ignota all’indirizzo e negative le informazioni assunte in loco; nemmeno si è perfezionata la notifica ex 140 cod. proc. civ. all’amministratore unico, perché non risulta prodotto l’esito della raccomandata inviata dall’ufficiale giudiziario (Cass., Sez. U, Sentenza n. 10012 del 15/04/2021, Rv. 660953-01).

3. Ciononostante, può prescindersi dalla rinnovazione della notifica all’intimata T.C. in base ai principî affermati da Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010 (e successive conformi) ed in considerazione dell’infondatezza del ricorso.

4. Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. civ., la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 63 (già 65) del d.P.R. n. 602 del 1973, per avere la Corte d’appello applicato la citata disposizione – e le relative limitazioni probatorie – al giudizio di opposizione di terzo, sebbene la norma riguardi soltanto l’attività di pignoramento dell’ufficiale della riscossione; sostiene la ricorrente che il legislatore non ha inteso comprimere il diritto di difesa del terzo nell’opposizione ex artt. 619 cod. proc. civ. e 58 d.P.R. n. 602 del 1973, ma ha invece voluto dettare una regola per l’esecuzione del pignoramento, dal quale non può esimersi l’agente della riscossione senza la produzione di documenti aventi fede privilegiata.

5. La tesi della ricorrente, pur suggestiva, non può essere accolta.

6. Infatti, secondo un consolidato orientamento di legittimità, le limitazioni probatorie previste dall’art. 65 (oggi 63) d.P.R. n. 602 del 1973 trovano applicazione nell’opposizione di terzo all’esecuzione promossa dall’agente della riscossione: «Nell’opposizione di terzo avverso l’esecuzione mobiliare dell’esattore delle imposte, la prova dell’appartenenza del bene è soggetta alle limitazioni di cui all’art. 65 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, modificato dall’art. 5 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. nella legge 23 febbraio 1997, n. 30), il quale esige l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata di data anteriore all’anno cui si riferisce il tributo iscritto a ruolo ovvero la sentenza passata in giudicato, pronunciata su domande proposte anteriormente allo stesso anno» (così, , Sez. 3, Sentenza n. 10961 del 06/05/2010, Rv. 612636- 01; nello stesso senso si rinvengono i precedenti giurisprudenziali di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11531 del 23/05/2014, Rv. 631165-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 539 del 18/01/2002, Rv. 551665-01, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5313 del 09/04/2001, Rv. 545801-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3256 del 06/03/2001, Rv. 544473-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4231 del 24/04/1998, Rv. 514874-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5813 del 12/06/1999, Rv. 527371-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4417 del 10/05/1996, Rv. 497546-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4227 del 20/10/1989, Rv. 463906-01).

7. La norma (art. 63 – e, prima, art. 65 – del d.P.R. n. 602 del 1973) è anche stata rimessa più volte al vaglio della Corte costituzionale che – pur senza fornire una propria lettura della disposizione o avallare esplicitamente l’interpretazione di questa Corte – ha dichiarato la questione infondata (Corte Cost., Ordinanza n. 351 del 9/10/1998, afferma che la disciplina dell’ammissibilità e del regime delle prove è rimessa alla discrezionalità del legislatore che, nella specie, ha introdotto limitazioni non arbitrarie, né manifestamente irrazionali) oppure inammissibile, vuoi per difetto di rilevanza, vuoi per manifesta infondatezza (Corte Cost., Ordinanza n. 478 del 5/4/2000; Corte Cost., Ordinanza 368 del 16/11/2001; Corte Cost., Ordinanza n. 158 del 16/5/2008; Corte Cost., Ordinanza n. 77 del 20/3/2009; Corte Cost., Ordinanza n. 73 del 5/4/2019).

8. Può, dunque, affermarsi che l’univoca lettura data da questa Corte al citato art. 63 d.P.R. n. 602 del 1973 costituisce “diritto vivente”, dovendo ritenersi consolidata l’interpretazione della norma, di natura processuale, riguardante le limitazioni probatorie per il terzo opponente.

9. Come autorevolmente ribadito da Cass., Sez. U, Sentenza n. 29862 del 12/10/2022, Rv. 665940-01, «L’interpretazione di una norma processuale consolidata può essere abbandonata solo in presenza di forti ed apprezzabili ragioni giustificative, indotte dal mutare di fenomeni sociali o del contesto normativo, oppure quando l’interpretazione consolidata risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa o dia luogo a risultati disfunzionali, irrazionali o “ingiusti”, atteso che l’affidabilità, prevedibilità e uniformità dell’interpretazione delle norme processuali costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di “giustizia” del processo; ne consegue che, ove siano compatibili con la lettera della legge due diverse interpretazioni, è doveroso preferire quella sulla cui base si sia formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione.».

10. Dal suesposto principio si evince che la lettura delle disposizioni degli artt. 58 e 63 del d.P.R. n. 602 del 1973 suggerita dall’odierna ricorrente – benché non implausibile e, anzi, basata su valide argomentazioni letterali e sistematiche, adeguatamente riferite ad un contesto normativo ed ermeneutico in sensibile evoluzione – non può essere accolta, perché contrastante con la consolidata interpretazione giurisprudenziale – anch’essa non implausibile, né irrazionale o manifestamente arbitraria – senza che siano ravvisabili mutamenti del contesto normativo tali da giustificare un revirement oppure esiti disfunzionali o iniqui nella sensibile misura indicata dalle Sezioni Unite come indispensabile a tal fine.

11. In conclusione, il ricorso va rigettato. 

12. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, in difetto di controricorso dell’Agenzia delle Entrate.

13. Va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

P. Q. M.

La Corte

rigetta il ricorso;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.