Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza n. 34383 depositata il 12 settembre 2024
il giudice è consumatore e non produttore di leggi scientifiche e di prescrizioni cautelari; egli rinviene «la fonte precostituita alla stregua della quale gli sia poi possibile articolare il giudizio senza surrettizie valutazioni a posteriori» nella scienza e nella tecnologia
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Torino, con la pro uncia indicata in epigrafe, ha confermato la condanna all’esito di giudizio abbreviato di MB per l’omicidio stradale di CG e per le lesioni personali stradali gravi in offesa di AF
Trattasi di fatti ritenuti cagionati per colpa generica, caratterizzata dall’essersi MB distratto alla guida al fine di prelevare una bottiglia di acqua, e con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, segnatamente: per non aver mantenuto, in violazione dell’art. 149 cod. strada, le distanze di sicurezza tali da assicurare l’arresto tempestivo ed evitare la collisione con il veicolo che lo precedeva e per non aver adeguato la velocità alle condizioni di tempo e di luogo della guida, sulla tangenziale sud di X , direzione X del X , scarsamente illuminata a causa dell’orario (ore 21 e 35′ circa) e con fondo bagnato per la lieve pioggia in atto.
2. Avverso la sentenza, nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei termini strettamente necessari alla motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con i quali si deducono violazioni di legge e vizi cumulativi di motivazione.
2.1 Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, amche in termini di doppio travisamento di mezzi di prova (tanto per omissione quanto per invenzione).
Si deduce l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’accertare la responsabilità per colpa dell’imputato derivante dal mancato rispetto delle distanze di sicurezza; giudizio sostanzialmente effettuato mediante valutazione ex post, cioè argomentando dall’avvenuto tamponamento, e soprattutto non considerando, se non con mera clausola di stile, la circostanza, ritenuta provata anche dal giudice di primo grado, per cui la vettura tamponata procedeva con le luci posteriori non azionate, in uno con le accertate condizioni di tempo e di luogo, caratterizzate da guida su tangenziale scarsamente illuminata, a causa dell’orario (ore 21 e 35 circa del X ), e con fondo bagnato per la lieve pioggia in atto. Quanto innanzi, conclude sul punto il ricorrente, avrebbe inficiato l’iter logico-giuridico sotteso all’accertamento di responsabilità e comunque determinato la mancata considerazione della detta condotta colposa del guidatore del veicolo tamponato ai fini dell’attenuante di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen.
Il giudizio di responsabilità sarebbe altresì viziato in forza di un doppio travisamento di mezzi di prova, uno per omissione e uno per Invenzione.
In primo luogo, i giudici di merito, tanto di primo quanto di secondo grado, avrebbero accertato la distrazione alla guida da parte dell’imputato in ragione delle sole dichiarazioni rese dallo stesso MB nell’immediatezza dei fatti, acquisite agli atti del giudizio abbreviato, per cui egli si sarebbe momentaneamente distratto al fine di recuperare una bottiglia d’acqua. I giudici d’appello, quindi, nonostante la presenza di specifiche deduzioni difensive prospettate col l’impugnazione, avrebbero invece omesso di considerare, peraltro senza dare atto della relativa presenza agli atti, le ulteriori dichiarazioni rese da MB in sede di interrogatorio il 3 febbraio 2020, e in udienza, il 15 luglio 2021, con le quali l’imputato avrebbe comunque precisato di non aver mai abbandonato il volante e di non aver mai distolto lo sguardo dalla strada.
Il travisamento «per invenzione» invece, si sarebbe sostanziato nel riferimento della Corte territoriale alla mancata contestazione da parte dell’imputato del verbale di applicazione della sanzione amministrative per violazione dell’art. 149 cod. pen. (redatto in occasione del sinistro), pur non essendo stato acquisito alcun mezzo di prova al riguardo. Per converso, sostiene il ricorrente, il detto verbale sarebbe invece stato oggetto di impugnazione innanzi al Giudice di pace di Torino.
2.2 Con il secondo motivo si deducono l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento specifico agli artt. 125 e 192 proc. pen., nonché vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra le lesioni riportate a causa del tamponamento e il decesso, in quanto accertato in ragione della documentazione sanitaria agli atti (referto di pronto soccorso, certificato di constatazione di decesso e certificato di riscontro diagnostico) ma in assenza di esame autoptico, ritenuto necessario dal ricorrente, e nonostante l’emersione di una pregressa cardiopatia della persona offesa, come riferita dal figlio della vittima per averlo appreso dai sanitari.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso si deducono l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento specifico agli artt. 125 e 192 proc. pen., nonché vizio cumulativo di motivazione in merito al rigetto del motivo d’appello deducente il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del conducente del veicolo tamponato; circostanza che, se valutata, sarebbe stata determinante quantomeno ai fini dell’applicazione dell’art. 589-bis, comma settimo cod. pen. Sarebbe manifestamente illogico l’apparato motivazionale nella parte in cui la Corte avrebbe ritenuto la circostanza del mancato utilizzo delle cinture essere un dato non emerso dagli accertamenti ma muovendo dal verbale di accertamenti urgenti agli atti, nel quale, invece, si darebbe atto che, letteralmente: «…l’utilizzo di cinture di sicurezza non viene accertato». La Corte territoriale avrebbe quindi finito per valutare in termini di prova a carico dell’imputato l’incertezza probatoria in merito all’utilizzo delle cinture di sicurezza.
3. Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, complessivamente considerato, è fondato nei termini di seguito evidenziati.
2. Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d’appello ha confermato la condanna di MB per l’omicidio stradale di CG e per le lesioni personali stradali gravi in offesa di AF cagionate per colpa generica, caratterizzata dall’essersi distratto alla guida al fine di prelevare una bottiglia di acqua, e con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale.
Quanto alla colpa specifica, il riferimento è al non aver mantenuto, in violazione dell’art. 149 cod. strada, le distanze di sicurezza talì da assicurare l’arresto tempestivo ed evitare la collisione con il veicolo che lo precedeva e, in violazione dell’art. 141 cod. strada, al mancato adeguamento della velocità alle condizioni di tempo e di luogo della guida, sulla tangenziale sud di X direzione X , scarsamente illuminata a causa dell’orario (ore 21 e 35 circa del 20 ottobre 2019) e con fondo bagnato per la lieve pioggia in atto.
La responsabilità per i fatti di cui all’art. 589-bis, commi primo e ottavo, cod. pen., in particolare, è stata ritenuta per aver l’imputato alla guida di un autocarro con rimorchio, nelle condizioni di tempo e di luogo di cui innanzi, tamponato la vettura che lo precedeva nello stesso senso di marcia (sulla prima corsia) facendola sbalzare in avanti e concludere la corsa sulla corsia di sorpasso. Le due persone presenti all’interno della vettura tamponata, sempre per quanto accertato dai giudici di merito, soccorse nell’immediatezza dei fatti previa rimozione delle lamiere dell’auto deformate a causa del tamponamento, hanno riportano lesioni personali a causa delle quali il guidatore CG è deceduto.
3. Premesso quanto innanzi circa l’accertata situazione dì contesto del sinistro, assume carattere preliminare in termini logico-giuridici la disamina del secondo motivo dì ricorso che si appunta sulla sussistenza del nesso causale tra le lesioni, riportate a causa del sinistro dal conducente del veicolo tamponato, e il decesso, in quanto accertata In assenza di un necessario esame autoptico e nonostante l’emersione di una pregressa cardiopatia della persona offesa, come riferita dai sanitari al figlio della vittima.
La censura, al netto della manifesta infondatezza del profilo che sembra prospettare una violazione di legge per il mancato esame autoptico, non risultando un tale obbligo istruttorio presente nel sistema processualpenalìstlco, è inammissibile in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, Fiore, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, Troplini, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01).
La Corte territoriale, in particolare, in considerazione delle specifiche deduzioni difensive, fonda l’accertata sussistenza del nesso causale tra lesioni personali e decesso su un apparato motivazionale non sindacabile in sede di legittimità in quanto coerente e non manifestamente illogico anche In considerazione delle fonti tecniche del sapere scientifico da cui ha tratto il proprio convincimento. Si evidenzia che il conducente del veicolo tamponato, estratto dalla vettura nell’immediatezza dei fatti dai soccorritori, ha riportano lesioni personali a causa delle quali, condotto presso il pronto soccorso in codice giallo e ricoverato (alle ore 23 e 5O circa) in prognosi riservata per «trauma
cranico, toracico, vertebrale con lesione midollare», è deceduto alle successive ore 02 e 5O. li decesso, in particolare, è stato eziologicamente ricollegato a «politrauma da incidente stradale», come risultante dal referto medico e come confermato dal successivo riscontro diagnostico eseguito sul cadavere, dal quale è difatti emerso il decesso quale conseguenza di gravi lesioni traumatiche, di natura contusiva, a sede toraco-viscerale, vertebro-midollare ed encefalica, causalmente correlate alla dinamica del sinistro stradale occorso. La stessa Corte territoriale esclude un’interruzione del nesso causale dovuta a una pregressa cardiopatia della persona offesa, peraltro solo ipotizzata dalla difesa per come riferito de relato dal figlio, in assenza di dati emergenti dai referti medici e dal riscontro eseguito sul cadavere circa una cardiopatia in relazione con l’evento morte In termini di fattore causale esclusivo, tale quindi da interrompere la seriazione causale attivata dalle lesioni personali conseguenti al tamponamento, ovvero anche solo concorrente.
4. Con il primo motivo di ricorso si deducono censure, in vario modo afferenti al profilo dell’imputazione colposa dell’evento, che si appuntano sul seguente apparato motivazionale.
4.1 In particolare, la Corte territoriale, ricostruita la situazione di contesto del sinistro nei termini già innanzi sintetizzati, pone a fondamento della responsabilità dell’imputato l’apparato motivazionale la cui riproduzione letterale, limitata alle parti rilevanti, risulta maggiormente funzionale rispetto al vaglio delle censure allo stesso
Il giudice di merito, in particolare, ritiene «… con certezza che la velocità dell’autocarro … non è risultata adeguata al contesto ed al tipo di strada che stava percorrendo, fondo bagnato a causa della pioggia e scarsa/limitata visibilità per l’orario notturno, così violando la specifica norme del codice della strada sulla distanza di sicurezza».
«…Nel caso di specie,» prosegue la Corte d’appello, «dato atto che il B ha ammesso la temporanea distrazione per recuperare una bottiglia d’acqua ed ha confermato di non aver fatto in tempo ad avvistare il veicolo che lo precedeva, è quantomai evidente che l’imputato ha disatteso l’obbligo di tenere una distanza di sicurezza tale da garantire, in ogni caso, l’arresto tempestivo e la collisione con i mezzi antistanti. In questi termini, la condotta di guida tenuta dal B è indicativa di imprudenza, unita alla violazione delle ordinarie norme sulla circolazione stradale; l’imputato, infatti, si è posto per colpa nella condizione di rlon essere in grado di controllare visivamente i veicoli che lo precedevano ed in particolare la possibile presenza di veicoli che precedevano ad una andatura minima o finanche fermi in incolonnamento sulla corsia di percorrenza. Per tali ragioni, il B si è trovato nella condizione di non poter effettuare una tempestiva manovra atta a scongiurare l’impatto con la X condotta dal GC e ciò anche nell’eventualità in cui quest’ultimo non si fosse dimostrato adeguatamente accorto nella guida….L’obbligo di moderare adeguatamente la velocità e di tenere la distanza di sicurezza in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali è da intendersi nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo “in ogni caso”; con la conseguenza che a nulla rileva che l’automobile del GC avesse le luci posteriori spente posto che qualora l’imputato avesse mantenuto un livello di attenzione e diligenza adeguato alle condizioni temporali e climatiche dello stato dei luoghi, nonché al tipo di mezzo condotto (autocarro), il medesimo avrebbe verosimilmente potuto evitare o quantomeno limitare gli effetti del tamponamento».
Sicché, all’esito del ragionamento di cui innanzi, il giudice di merito conclude evidenziando che: «…Nel caso per cui è giudizio, alla luce degli accertamenti effettuati dagli operanti, è pacifico che il B non ha rispettato l’obbligo cautelare della distanza di sicurezza ed è altrettanto chiaro che una condotta di guida appropriata allo stato del luoghi gli avrebbe consentito di avvalersi per tempo del veicolo che lo precedeva e di attivare una manovra di emergenza per scongiurare o limitare gli effetti dannosi a persona e cose».
4.2 Orbene, con riferimento all’evidenziato iter logico-giuridico sotteso alla decisione, emergono, da un lato, l’inammissibilità del dedotto travisamento per invenzione, In quanto la mancata contestazione da parte dell’imputato del verbale di applicazione della sanzione amministrativa per violazione dell’art. 149 strada, pur asserita dalla Corte territoriale, non ha assunto alcun peso nell’economia della motivazione, e, per altro verso, la fondatezza della doglianza con la quale sostanzialmente si deduce l’omessa motivazione in merito alle critiche mosse con l’appello alla sentenza di primo grado circa la ritenuta distrazione alla guida da parte di MB
In ordine al profilo da ultimo richiamato, difatti, il giudice d’appello, per come emerge dal riportato apparato motivazionale, nonostante le deduzioni difensive ha apprezzato le prime dichiarazioni rese dall’imputato nell’immediatezze dei fatti, per cui lo stesso non avrebbe fatto in tempo ad avvistare il veicolo che lo precedeva per essersi distratto nel prendere una bottiglia d’acqua, senza confrontarsi con le successive dichiarazioni, rese tanto in sede d’interrogatorio quanto nel processo, con le quali MB avrebbe precisato di non aver mal abbandonato il volante e di non aver mal distolto lo sguardo dalla strada. L’incompleta valutazione non è stata in alcun modo giustificata.
4.3 Colgono altresì nel segno i profili di censura deducenti la manifesta illogicità della motivazione, sottesa al profilo dell’imputazione colposa dell’evento, per essere state le regole cautelari violate, quelle di cui agli artt. 141 e 149 strada, individuate a posteriori e senza considerare il loro carattere «elastico».
4.3.1 La Suprema Corte (cfr., Sez. 4, 4005 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv. 273871 – 01) ha ribadito che l’accertamento della violazione cautelare richiede la preliminare identificazione della regola che doveva essere osservata nel caso concreto. Operazione talvolta agevole, ad esempio quando la regola cautelare è «codificata» ed ha contenuto sufficientemente determinato (si parla allora di regola cautelare rigida); più spesso di notevole difficoltà, sia perché, quella prescrizione va tratta dal patrimonio di conoscenze formatesi nel corpo sociale attraverso l’uso dei criteri euristici della prevedibilità e dell’evitabilità dell’evento pregiudizievole, sia perché non di rado – quasi sempre – la regola codificata non esaurisce il quadro disciplinare, concorrendo con regole non codificate. Pur quanto si tratta di regole codificate, però, l’eventuale natura «elastica» pone non irrilevanti problemi di definizione contenutistica (tanto da suggerire, come evidenziato da Sez. 4, n. 4005 del 29703/2018, Lenarduzzi, cit., il sospetto di incostituzionalità di quelle norme incriminatrici che rinvengono in simile regola il precetto penalmente sanzionato: Conte cast. n. 312/1996, co.ncernente l’art. 41, comma 1, del d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277).
Nella giurisprudenza di legittimità si rinviene una concettualizzazione appropriata. Si è difatti detto che è regola cautelare cosiddetta «elastica» quella che necessita, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare; mentre quelle cosiddette «rigide» fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento (Sez. 4, n. 29206 del 20/06/2007, Di Caterina, Rv. 236905 – 01, attinente proprio all’art. 141 cod. strada.).
L’insidia che incombe in presenza di regole elastiche è che agisca più o meno inconsapevolmente l’errore cognitivo (evocato dal brocardo post hoc ergo propter hoc). Un errore dal quale le Sezioni Unite hanno messo in guardia, segnalando «il pericolo che il giudice prima definisca le prescrizioni o l’area di rischio consentito e poi ne riscontri la possibile violazione, con una innaturale sovrapposizione di ruoli che non è sufficientemente controbilanciata dalla terzietà». Ben diversamente il giudice è consumatore e non produttore di leggi scientifiche e di prescrizioni cautelari; egli rinviene «la fonte precostituita alla stregua della quale gli sia poi possibile articolare il giudizio senza surrettizie valutazioni a posteriori» nella scienza e nella tecnologia (S.U. Thyssen; si veda anche Sez. 4, n. 36400 del 23/05/2013 – dep. 05/09/2013, Testa, Rv. 257112 e, più di recente, Sez. 4, n. 9390 del 13/12/2016 – dep. 27/02/2017, Di Pietro e altro, Rv. 269254).
Esemplare, al riguardo (come ribadito da Sez. 4, n. 4005 del 29/03/2018, Lenarduzzi, cit.) è l’art. 141 cod. strada, il cui precetto è stato dai giudici di merito ritenuto violato in uno con il precetto di cui al successivo art. 149, che impone di tenere una velocità «prudenziale» ma non definisce quale essa sia attraverso parametri «rigidi», valevoli in ogni caso.
La norma vuole che tale velocità sia definita in relazione alle condizioni concrete nelle quali si pone l’atto della guida.
Dalla disposizione di cui all’art. 141 cod. strada emerge difatti che la velocità «prudenziale» è quella che permette di mantenere il controllo del proprio veicolo e di compiere manovre di emergenza senza creare ulteriori pericoli. Tale velocità è quella che permette l’arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità nonché dinanzi ad ostacoli prevedibili. L’articolazione prescrittiva appare corrispondere alla varietà delle situazioni delle quali si ha esperienza, sono difatti le peculiarità dell’accadimento a indirizzare verso l’una o l’altra ipotesi, ma se la regola cautelare non può essere più dettagliata, non gode di analogo privilegio l’accertamento giudiziario.
Quella velocità adeguata nel caso specifico (cosiddetta velocità «prudenziale») che la norma non indica ex ante in termini rigidi dev’essere precisamente individuata, sempre ex ante, dal giudice con riferimento al caso specifico, non essendo sufficienti giudizi avulsi dall’elaborazione di definiti parametri tecnici, non potendo ad essa sovrapporsi, all’esito di una valutazione a posteriori, la velocità cosiddetta «salvifica», cioè quella velocità che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, avrebbe certamente evitato Il sinistro.
Parimenti deve dirsi, In questa sede, in ragione delle questioni dedotte dal ricorrente, con riferimento all’art. 149, comma 1, cod. strada, che impone di tenere una distanza «prudenziale» dal veicolo che precede ma non definisce quale essa sia attraverso parametri «rigidi», valevoli in ogni caso (ferme restando le previste distanze minime In relazione alle specifiche fattispecie di cui ai commi secondo del medesimo articolo).
La norma vuole che la detta distanza «prudenziale» sia definita in relazione alle condizioni concrete nelle quali si pone l’atto della guida.
Dalla disposizione di cui innanzi emerge difatti che la distanza prudenziale è quella che permette di consentire l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità, evitando così collisioni in presenza di ostacoli prevedibili. In questo caso, al pari di quanto evidenziato con riferimento alla regola cautelare di cui all’art. 141 cod. strada, l’articolazione prescrittiva appare corrispondere alla varietà delle situazioni delle quali si ha esperienza, sono difatti le peculiarità dell’accadimento a indirizzare verso l’una o l’altra ipotesi.
Quella distanza adeguata nel caso specifico (cosiddetta distanza «prudenziale») che la norma non indica ex ante in termini rigidi deve essere precisamente individuata, sempre ex ante, dal giudice con riferimento al caso specifico, non essendo sufficienti giudizi avulsi dall’elaborazione di definiti parametri tecnici, non potendo ad essa sovrapporsi, all’esito di una valutazione a posteriori, la distanza «salvifica>> cioè quella distanza che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, avrebbe certamente evitato il sinistro.
Si deve quindi ribadire che l’Individuazione della regola cautelare violata (tanto «elastica» quanto «rigida») ai fini dell’individuazione della colpa (generica o specifica) non può prendere le mosse dall’evento verificatosi, per poi andare a ritroso, chiedendosi quali precauzioni avrebbero potuto impedirlo, così dandosi una risposta spesso ovvia.
Un simile ragionamento, frutto della nota distorsione («bias») cognitiva del «senno di poi» («hindsight bias»), renderebbe colposo qualsiasi comportamento umano causativo di danno, poiché è (quasi) sempre possibile, dopo l’evento, ipotizzare un comportamento alternativo corretto e idoneo a impedirlo. Invece, come acutamente osservato in un recente arresto di legittimità, la regola cautelare che si assume violata deve essere preesistente al fatto, nel senso che il comportamento doveroso basato sulla diligenza, prudenza e perizia ovvero su specifiche norma cautelari deve essere desunto in concreto ed ex ante, giamm i ex post (cfr. Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997 – 17; si vedano altresì Sez. 4, n. 9390 del 13/12/2016, dep. 20.17, DI Pietro, Rv. 269254 – 01, secondo cui la regola cautelare non scritta eventualmente violata non deve essere frutto di una elaborazione creativa, fondata su una valutazione ricavata ex post a evento avvenuto). In altri termini, il giudizio sulla colpa da fatto illecito (civilistico o penalistico) non deve essere condizionato da ciò che è successo, ma deve essere formulato sulla scorta di una attenta analisi della situazione antecedente il verificarsi dell’evento, tenendo anche conto delle informazioni conosciute (o conoscibili) dal soggetto (presunto responsabile) al momento della sua decisione di assumere la condotta (commissiva o omissiva) causativa del danno.
4.3.2 Letto alla luce dei principi di cui innanzi, l’iter logico-giuridico sotteso alla ritenuta imputazione colposa dell’evento (esplicitato al precedente paragrafo 4.1.), in considerazione anche dell’omessa motivazione in merito alla pretesa distrazione dell’imputato, manifesta diversi profili di illogicità.
La Corte territoriale, difatti, ha ritenuto l’autocarro guidato dall’imputato procedere a una velocità (che non evidenzia) non risultata adeguata al contesto e al tipo di strada che stava percorrendo, in quanto caratterizzata da fondo bagnato a causa della pioggia e da «scarsa/limitata visibilità per l’orario notturno», sostanzialmente in ragione della concretizzazione del rischio che la norma cautelare di cui all’art. 141 cod. strada è deputata a gestire, senza indicare il dato necessario per l’accertamento della condotta non cautelare, ovvero la velocità che risultava ex ante adeguata nel caso specifico (la velocità c.d. «prudenziale»), e finendo con il sovrapporre al piano dell’accertamento della sussistenza di una condotta non cautelare quello dell’accertamento del nesso causale della colpa (c.d. « causalità della colpa»).
4.3.3 Per i giudici di merito, peraltro, l’inadeguata velocità avrebbe comportato la conseguente violazione di altra specifica norma cautelare, quella di cui all’art. 149 cod. strada, non avendo l’imputato rispettato, sempre in considerazioni delle evidenziate circostanze della guida, le distanze di Essendo pacifico il mancato rispetto delle distanze di sicurezza, prosegue sul punto la Corte territoriale, «…è altrettanto chiaro che una condotta di guida appropriata allo stato dei luoghi gli avrebbe consentito di avvedersi per tempo del veicolo che lo precedeva e di attivare una manovra di emergenza per scongiurare o limitare gli effetti dannosi a persona e cose ».
4.3.4 Orbene, oltre all’illogicità caratterizzata dall’incognita posta alla base dell’esposto ragionamento, la velocità del veicolo, ancora una volta non è dato rilevare dall’iter logico-giuridico sotteso alla decisione il dato necessario per l’accertamento della condotta non cautelare, ovvero la distanza che risultava ex ante adeguata nel caso specifico (la distanza c.d. «prudenziale>>), finendo ancora una volta con il sovrapporre al piano dell’accertamento della sussistenza di una condotta non cautelare quello dell’accertamento del nesso causale della colpa.
L’illogicità è resa ulteriormente manifesta tenuto conto del fatto che il giudice di merito pone come accertato, pur non evidenziandone i sottesi elementi probatori, che la vettura tamponata stesse procedendo, nelle descritte condizioni della guida, con le luci posteriori non azionate.
Per la Corte territoriale a nulla rileverebbe la circostanza per cui la vettura tamponata avesse le luci posteriori spente, «posto che qualora l’imputato avesse mantenuto un livello di attenzione e diligenza adeguato alle condizioni temporali e climatiche dello stato dei luoghi, nonché al tipo di mezzo condotto (autocarro), il medesimo avrebbe verosimilmente potuto evitare o quantomeno limitare gli effetti del tamponamento….». Senonché, l’obbligo di mantenere una distanza prudenziale presuppone la visibilità del veicolo anteriore.
5. È infine fondato anche il terzo motivo di ricorso in termini di contraddittorietà della motivazione circa l’utilizzo della cintura di sicurezza da parte del conducente della vettura tamponata.
La Corte difatti ritiene la circostanza del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza essere un dato non emerso dagli accertamenti ma muovendo dal verbale di accertamenti urgenti agli atti, nel quale, invece, si darebbe atto, per quanto emerge dalla stessa sentenza, che «…l’utilizzo di cinture di sicurezza non viene accertato». L’assenza di elementi deponE:nti per l’uso del dispositivo viene mutata nell’assenza di prova del mancato uso dello stesso, con palese inversione logica, neppure giustificata da apprezzamenti tecnici o dichiarativi.
6. In conclusione, all’accoglimento del ricorso nei termini di cui innanzi segue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino che, in ragione dei vizi di motivazione sottesi all’annullamento e salvi i limiti derivanti da un eventuale giudicato interno, rimane investita dei pieni poteri di cognizione e di accertamento del fatto (ex plurimis: 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, Lombardi, Rv. 285801 – 02).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.