CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza depositata il 18 marzo 2024, n. 7193
Lavoro – TFR – Insinuazione al passivo del credito – Fondo di previdenza complementare – Delegazione di pagamento – Cessione di credito futuro – Accoglimento
Fatti di causa
Il tribunale di Siracusa, con il decreto in atti, ha rigettato il ricorso con cui L.G.G. ha proposto opposizione ex art. 98 l. fall. avverso il decreto emesso dal giudice delegato con il quale era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo del Fallimento S. SPA con parziale rigetto della istanza di insinuazione al passivo del credito dallo stesso vantato a titolo di T.f.r. conferito al Fondo di Previdenza Complementare (F.P.C.).
A fondamento della decisione il tribunale sosteneva che con la domanda di insinuazione il lavoratore aveva chiesto l’ammissione allo stato passivo del fallimento del credito relativo alle quote di TFR trattenute dal datore di lavoro e non versate al fondo di previdenza complementare.
Ha inoltre affermato che nell’ipotesi di insolvenza del datore di lavoro che abbia provveduto ad accantonare il TFR conferito al Fondo di Previdenza Complementare, senza tuttavia versarlo, il soggetto creditore nei confronti della procedura fallimentare, e quindi legittimato ad insinuarsi al passivo del fallimento, sia unicamente il Fondo al quale il TFR era stato conferito.
Secondo il tribunale, alla luce della disciplina stabilita dall’art. 8 del d.lgs. n.252/2005, il conferimento volontario, esplicito o tacito, da parte del lavoratore del TFR maturando, ad una forma di previdenza complementare, attua una vera e propria cessione del relativo diritto al fondo di previdenza di volta in volta individuato, cessione da cui sorge viceversa il diritto del lavoratore a una diversa prestazione pensionistica quando maturerà i requisiti. Di conseguenza legittimato a chiedere le quote di TFR annualmente maturate e non versate dal datore di lavoro era esclusivamente il Fondo di previdenza dovendosi al contempo escludere la legittimazione attiva del lavoratore.
Contro il decreto in oggetto ha proposto ricorso per cassazione L.G.G. con cinque motivi illustrati da memoria; il Fallimento S. S.p.A. intimato non ha svolto attività difensiva.
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si sostiene la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del Decreto legislativo 05/12/2005 n. 252, nonché degli artt.75, 81 e 100 c.p.c., in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.; per aver il Tribunale erroneamente interpretato come “cessione” piuttosto che come “delegazione” il concetto di “conferimento” di cui al comma 7 dell’art. 8 del Decreto legislativo 05/12/2005 n. 252, escludendo la legittimazione attiva della ricorrente a richiedere l’ammissione al passivo per il TFR trattenuto dall’azienda e non versato al Fondo di previdenza complementare, in violazione degli articoli sopra citati.
2.- Con il secondo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., da parte del Tribunale per non aver ritenuto che l’onere della specifica indicazione del modulo negoziale (se delegazione o cessione) sia a carico del Curatore e che, in caso di mancata prova da parte del curatore, e comunque in caso di allegazione documentale della lavoratrice del modulo di adesione al Fondo di previdenza, l’espressione “conferimento” dell’art. 8 del Decreto legislativo 05/12/2005 n. 252 debba essere interpretata come delegazione e non come cessione.
3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 1269 e 1270 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per non aver ritenuto il Tribunale che il meccanismo di adesione a fondi di previdenza complementare configuri la fattispecie della delegazione di pagamento di cui all’art. 1269 c.c. e che ai sensi dell’art. 1270, 1° comma c.c., il delegante possa revocare la delegazione sino a quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione in confronto del delegatario, o non abbia eseguito il pagamento.
4.- Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.5, comma 3, del D.lgs. n. 80/1992, in relazione all’art.360 n.3 c.p.c., per aver interpretato e considerato il Fondo complementare privato come soggetto legittimato alla surrogatoria di diritto al lavoratore per l’equivalente dei contributi omessi, versati a norma del comma 2, e non il Fondo di Garanzia INPS.
5.- Con il quinto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 3,4,12 e 13 del D.Lgs. 252/2005 per avere il tribunale interpretato con illogicità la legge, nel senso di mutare la natura del TFR a seconda che il lavoratore scelga espressamente di versarlo all’Inps o ad un fondo privato o rimanga inerte.
6.- I motivi di ricorso, da esaminarsi unitariamente per connessione, sono fondati nei termini di cui alle seguenti considerazioni.
Il tribunale ha invero apoditticamente affermato che dalla disciplina stabilita dall’art. 8 del d.lgs. n.252/2005 derivi che il conferimento volontario (esplicito o tacito, da parte del lavoratore del TFR maturando, ad una forma di previdenza complementare) attui una vera e propria cessione del relativo diritto al fondo di previdenza di volta in volta individuato.
7.- Il Collegio intende richiamare a fondamento della decisione l’orientamento di legittimità (Sez. L. , Sentenza n. 18477 del 28/06/2023) che è intervenuto di recente sulla stessa questione della legittimazione attiva in tema di quote di tfr non versate dal datore fallito al Fondo di previdenza ed ha così statuito: “In tema di fondi pensione complementari, il fallimento del datore di lavoro, quale mandatario del lavoratore, comporta lo scioglimento, ai sensi dell’articolo 78, comma 2, l. fall., del contratto di mandato avente ad oggetto il versamento al Fondo di previdenza complementare delle quote di TFR accantonate e il ripristino della titolarità delle risorse accantonate, spettante di regola al lavoratore, così legittimato ad insinuarsi allo stato passivo, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo di previdenza complementare, cui in tal caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 l. fall.”
8.- Il principio è mutuato dalla sentenza n. 16266 del 08/06/2023, la quale aveva già affermato che “In tema di previdenza complementare, il generico riferimento al “conferimento” del T.F.R. maturando alle forme pensionistiche complementari, contenuto nell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 252 del 2005, lascia aperta la possibilità che le parti, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale loro riconosciuta dall’ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (art. 1268 c.c.), bensì una cessione di credito futuro (art. 1260 c.c.), con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di T.F.R. maturate e accantonate, ma non versate al Fondo di previdenza complementare, spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, e, viceversa, al predetto Fondo ex art. 93 l.fall. quando, secondo quanto emergente dall’istruttoria, vi sia stata la cessione del credito in suo favore”.
9.- A tale orientamento questo Collegio intendere aderire, trovandolo convincente e non emergendo ragioni per poter discostarsi dalle sue fondate ragioni ed argomentazioni, le quali devono ritenersi richiamate nella presente decisione anche ai sensi dell’art. 118 disp att. c.p.c.
Sicché, il Tribunale, che ha omesso l’accertamento della natura negoziale del conferimento del lavoratore, allo scopo di verificare se si tratti di cessione o di mera delegazione, dovrà procedere ad un tale accertamento.
10.- Pertanto, il ricorso deve essere accolto. La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al tribunale di Siracusa in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.