Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 10120 depositata il 15 aprile 2024
Cessione di azienda – applicazione uso aziendale presso cessionaria
Rilevato che:
1. La Corte d’appello di Potenza ha accolto in parte l’appello dei lavoratori indicati in epigrafe e, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la F.M. spa (già S. spa) e la P.A. Melfi srl, in solido, a corrispondere a ciascun lavoratore il premio feriale maturato dal 31 luglio 2009 al 1° gennaio 2012, oltre accessori di legge.
2. La Corte territoriale ha premesso che i lavoratori, originariamente dipendenti della I.P. spa, erano passati, a seguito di successive cessioni di rami d’azienda, alle dipendenze prima di F.M. spa e poi di P.A. Melfi srl e che le cessionarie non avevano loro corrisposto il premio feriale, costantemente versato dalla cedente I.P. a luglio di ogni anno (una sorta di quattordicesima mensilità), sulla base di un uso aziendale; individuata la natura giuridica dell’uso aziendale quale “fonte sociale” equiparabile al contratto integrativo aziendale e richiamata la disciplina di cui all’art. 2112, comma 3 c.c. (secondo cui “Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello”), la Corte di merito ha accertato che le aziende cessionarie non avevano fornito prova della applicazione di una contrattazione aziendale che modificasse in peius l’uso aziendale del premio feriale, sino al punto da escluderne la corresponsione; ciò fino al 1° gennaio 2012, data in cui era intervenuta da parte di S. spa (ora F.M. spa), succeduta a I.P. spa, la disdetta di tutta la contrattazione collettiva, nazionale, territoriale e aziendale, sostituita con il Contratto Collettivo Specifico del Lavoro (CCSL), che non contemplava il premio di cui si discute; ha ritenuto che, a far data dall’1 gennaio 2012, si fosse pertanto verificato l’effetto sostitutivo della contrattazione in vigore presso la cedente con quella, di pari livello, adottata dalla cessionaria, ai sensi dell’art. 2112, terzo comma, c.c.; che pertanto i lavoratori avevano conservato il trattamento migliorativo preesistente fino all’1 gennaio 2012.
3. Avverso la sentenza F.M. spa e P.A. Melfi srl hanno proposto separati ricorsi per cassazione, ciascuno affidato a due motivi (completamente sovrapponibili). I lavoratori hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato. La S.E. spa (già F.M. spa) e la P.A. Melfi srl hanno depositato memorie.
4. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
5. Con il primo motivo dei ricorsi è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 2077, 2112 e 2697 c.c., per avere la Corte erroneamente interpretato le disposizioni citate, e specificamente l’art. 2112 c.c., esigendo, al fine dell’effetto sostitutivo dei contratti collettivi applicati presso la cessionaria rispetto a quelli in vigore presso la cedente, che la contrattazione, oltre ad essere di pari livello, disciplinasse anche il medesimo istituto, nel caso di specie il premio feriale.
6. Con il secondo motivo è denunciato, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto storico, oggetto di discussione tra le parti e avente carattere decisivo, per non avere la Corte d’appello rilevato il dato incontroverso tra le parti e risultante dagli atti di causa (doc. 2 e 3 del fascicolo F.M.) secondo cui, a seguito della cessione del ramo d’azienda, ai dipendenti ceduti sono stati applicati i trattamenti previsti dal c.c.n.l. di categoria e dagli accordi aziendali vigenti presso la cessionaria S. spa.
7. I motivi, che si trattano congiuntamente perché pongono, da diversi punti di vista, la medesima questione giuridica, non possono trovare accoglimento.
8. Come statuito da questa Corte, in caso di cessione di ramo d’azienda, ai dipendenti ceduti trova applicazione, ai sensi dell’art. 2112, comma 3, c.c., il contratto collettivo in vigore presso la cessionaria, anche se più sfavorevole, atteso il loro inserimento nella nuova realtà organizzativa e nel mutato contesto di regole, anche retributive, restando in vigore l’originario contratto collettivo nel solo caso in cui presso la cessionaria i rapporti di lavoro non siano regolamentati da alcuna disciplina collettiva (v. Cass. n. 37291 del 2021; n. 19303 del 2015; n. 10614 del 2011; n. 5882 del 2010, a proposito di fusione o incorporazione di società; v. anche Cass. n. 20918 del 2020 in materia di pubblico impiego contrattualizzato).
9. Con specifico riferimento all’uso aziendale, “fonte di un obbligo unilaterale di carattere collettivo del datore di lavoro (che) agisce sul piano dei rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale, sostituendo alle clausole contrattuali e a quelle collettive in vigore quelle più favorevoli dell’uso aziendale, a norma dell’art. 2077, secondo comma, cod. civ.”, questa Corte ha sottolineato che “il diritto riconosciuto dall’uso aziendale non sopravvive al mutamento della contrattazione collettiva conseguente al trasferimento di azienda, posto che operando come una contrattazione integrativa aziendale subisce la stessa sorte dei contratti collettivi applicati dal precedente datore di lavoro e non è più applicabile presso la società cessionaria dotata di propria contrattazione integrativa. (Cass. n. 5882 del 2010). Da tale principio si ricava che l’uso aziendale, invece, sopravvive, ove la cessionaria non sia dotata di una propria contrattazione integrativa aziendale.
10. A tali principi si è uniformata la sentenza d’appello, che ha riconosciuto ai lavoratori ceduti il trattamento previsto dal contratto aziendale, o meglio dall’uso aziendale in vigore presso la cedente ed avente la stessa efficacia di un contratto integrativo aziendale, avendo accertato che presso le cessionarie non era applicata alcuna contrattazione di pari livello, cioè aziendale.
11. Le censure mosse col primo motivo di ricorso si basano su una erronea e parziale lettura della sentenza impugnata.
12. La Corte d’appello ha escluso che le società avessero dimostrato l’applicazione presso le cessionarie (prima S. spa -ora F.M. spa- e poi P.A. Melfi srl) di contrattazione collettiva aziendale, quale presupposto necessario a impedire (in ragione del “pari livello”) l’ultrattività dell’uso aziendale in vigore presso la cedente (equiparabile ad un contratto aziendale). Il riferimento contenuto nella sentenza d’appello (§ 10) al “premio feriale” non è destinato, come invece preteso dalle ricorrenti, a subordinare l’effetto sostitutivo di cui all’art. 2112, terzo comma, c.c., alla adozione da parte della cessionaria di contrattazione aziendale sullo specifico istituto di cui si discute, come è reso evidente sia dalla sottolineatura (sempre nel § 10) della locuzione “pari livello”, che costituisce l’elemento discretivo, nell’ottica normativa, ai fini del contratto applicabile, e sia dalla statuizione contenuta nel successivo § 11, in cui l’effetto sostituivo in esame viene ricondotto alla disdetta della contrattazione precedente, sia nazionale e sia aziendale, e alla sua complessiva sostituzione.
13. Il secondo motivo è, parimenti, inammissibile. Esso censura l’accertamento dei giudici di appello sulla mancata prova, di cui le società erano onerate, in ordine alla adozione e vigenza presso di esse, all’atto della cessione, di contrattazione collettiva di livello aziendale (di “pari livello” rispetto all’uso aziendale osservato presso la cedente), pretendendo di desumere l’esistenza di tale prova, e quindi l’omesso esame (attraverso la mancata valutazione dei documenti) di un fatto decisivo rilevante ai fini dell’art. 360 n. 5 c.p.c., dal riferimento, contenuto nelle lettere inviate ai lavoratori di volta in volta ceduti, all’applicazione nei loro confronti del CCNL per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica e dei “trattamenti economici e normativi e … accordi aziendali vigenti in S. spa” (v. ricorsi, pag. 15). Tuttavia, le società ricorrenti, non solo non indicano in quali atti processuali (che avevano l’onere di trascrivere o, almeno, di localizzare con precisione) e in che termini la questione, della applicazione presso le cessionarie di contratti collettivi aziendali, era stata sollevata dinanzi ai giudici di merito, ma neppure individuano gli accordi aziendali che assumono vigenti presso le cessionarie all’epoca della cessione, né fanno cenno al deposito degli stessi in primo e secondo grado di giudizio e di tali dati e adempimenti sono del tutto carenti anche i ricorsi per cassazione in esame.
14. Il ricorso incidentale è condizionato e quindi sullo stesso non si provvede in ragione del rigetto dei ricorsi principali.
15. Per le ragioni esposte i ricorsi principali devono essere respinti.
16. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
17. Il rigetto dei ricorsi costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi principali. Condanna le società ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Il diritto riconosciuto dall'uso aziendale non sopravvive al mutamento della contrattazione collettiva conseguente al trasferimento di azienda, salvo ove la cessionaria non sia dotata di una propria contrattazione integrativa aziendale
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 settembre 2022, n. 28550 - Nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni "in peius" per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 ottobre 2022, n. 31148 - Nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni "in peius" per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2022, n. 14961 - Qualora il contratto collettivo non abbia un predeterminato termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finirebbe in tal caso per vanificarsi la causa e…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 27769 depositata il 2 ottobre 2023 - Nell’attuazione dell’art.36 della Cost. il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 dicembre 2019, n. 32070 - Il terzo comma dell'art. 2112 c.c. prevede in ordine al contratto collettivo applicabile in caso di trasferimento di azienda, che la contrattazione collettiva dell'impresa cedente è sostituita…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…
- Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rend
Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rendimento’ costituisce un’ipotesi di re…
- In tema di accertamento cd. sintetico, ove il cont
In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa e…
- Autoriciclaggio: in tema di sequestro preventivo s
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 10663 depositata il 1…