CORTE di CASSAZIONE , sezione lavoro, ordinanza n. 11535 depositata il 30 aprile 2024

Lavoro – Avviso di addebito – Contributi Gestione separata – Attività libero-professionale – Soglia obbligo contributivo – Accoglimento parziale

Fatti di causa

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dall’INPS e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’originaria opposizione proposta dalla ricorrente avverso un avviso di addebito avente ad oggetto contributi dovuti alla Gestione separata, per redditi prodotti nell’anno 2010.

2. Richiamati i principi della Corte di legittimità (in particolare la pronuncia nr. 4419 del 2021), i giudici di merito hanno osservato come, nella specie, l’obbligo contributivo non potesse escludersi solo perché, in relazione all’anno di riferimento, il reddito imponibile si fosse posto al di sotto della soglia di euro 5000,00. Come emergeva dalle allegazioni della appellata, la stessa esercitava stabilmente ed esclusivamente l’attività di libera professionista sicché l’esercizio della professione legale, al di là del reddito dell’anno in commento, doveva ritenersi abituale così da integrare il requisito normativo.

3. Ha proposto ricorso per cassazione A.R., deducendo un unico, articolato, motivo di censura, successivamente illustrato con memoria; ha resistito, con controricorso, l’INPS.

4. Il ricorso, fissato per la trattazione dinanzi alla sesta sezione, è stato rimesso alla sezione ordinaria, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale nr. 104 del 2022.

5. Il PG ha depositato conclusioni scritte.

Ragioni della decisione

6. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2, commi 25 e 26, della legge nr. 335 del 1995 e dell’art. 44, comma 2, del D.L. nr. 269 del 2003, conv. in legge nr. 326 del 2004. (ndr legge nr. 326 del 2003)

7. È denunciata l’erronea interpretazione della disciplina privatistica degli iscritti agli ordini professionali. Si assume l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps per i professionisti con redditi inferiori alla soglia di cui all’art. 44 cit. nonché l’insussistenza dell’abitualità nello svolgimento della professione. In ogni caso, si deduce l’illegittimità delle sanzioni applicate in ragione dello stato di incertezza in relazione all’obbligo contributivo in discussione.

8. Il motivo va accolto limitatamente alle sanzioni applicate, in base alla pronuncia della Corte Costituzionale nr. 104 del 2022, trattandosi di un debito contributivo relativo all’anno 2010.

9. Per il resto, invece, le censure di cui al motivo di ricorso sono infondate.

10. È opportuno ripercorrere i principi elaborati da questa Corte in materia e che rilevano in relazione al caso concreto.

11. Si è affermato che «Gli avvocati iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie che […] non hanno – secondo la disciplina vigente ratione temporis – […] l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti all’albo professionale, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l’INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 […]» (Cass. nr. 30344 del 2017 e plurime successive conformi; tra le tante, v. Cass. nr. 32167 del 2018; Cass. nr. 3799 del 2019).

12. Si è poi precisato (Cass. nr. 4419 del 2021 e successive) che nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettura del combinato disposto della legge nr. 335 del 1995, art. 2, comma 26 (per come autenticamente interpretato dal D.L. nr. 98 del 2011, art. 18, comma 12, conv. con modif. in legge nr. 111 del 2011), e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44 (conv. con modif. in legge nr. 326 del 2003), l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata «all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento. La produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce, invece, il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità» (in termini, in motivazione, Cass. nr. 4419 del 2021 cit.).

13. A maggior chiarimento di quanto esposto, si è osservato (Cass. nr. 29272 del 2022, in motivazione, p. 17) che «la produzione di un reddito superiore alla soglia citata vale a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che il superamento della soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44 cit., determina comunque la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata».

14. Nei casi, invece, in cui resta necessario l’accertamento del carattere abituale dell’attività professionale «il Giudice di merito si avvarrà delle presunzioni semplici ricavabili, ad esempio, dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, mentre la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 potrà semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità» (tra le tantissime, Cass. nr. 4152 del 2023, con richiamo, in motivazione, a Cass. nr. 7231 del 2021).

15. Si è ancora escluso che l’obbligo contributivo possa riguardare solo il reddito che supera la soglia di euro 5000,00. In proposito, si è chiarito che il riferimento normativo a tale importo «rileva solo quale (limite) per l’insorgenza dell’obbligo nei lavoratori occasionali (e solo per essi), mentre non opera quale soglia di esenzione di contribuzione» (Cass. nr. 26327 del 2023, in motiv.) per essere «totalmente estranea una concezione del limite reddituale quale franchigia» (Cass. nr. 27538 del 2023, in motiv.).

16. Considerazioni diverse sono state fatte in relazione alle sanzioni da applicare.

17. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma interpretativa di cui al D.L. nr. 98 del 2011, conv. dalla legge nr. 111 del 2011, art. 18, comma 12, nella parte in cui non aveva previsto che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume d’affari, di cui alla legge nr. 576 del 1980, art. 22, tenuti all’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’INPS, fossero esonerati dal pagamento delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.

18. Il Giudice delle leggi ha ritenuto che solo siffatta conclusione tutelasse l’affidamento scusabile, con esclusione della possibilità, per l’ente previdenziale, di pretendere dai professionisti interessati, oltre all’adempimento dell’obbligo di iscriversi alla gestione separata e di versare i relativi contributi, anche il pagamento delle sanzioni civili dovute per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della norma interpretata e quella della norma interpretativa.

19. Ciò posto in via generale e tracciate le coordinate di riferimento, la sentenza impugnata risulta, dunque, erronea esclusivamente nella parte in cui conferma la debenza delle sanzioni che, invece, poiché relative ai contributi per redditi prodotti nel 2010, ossia anteriormente all’entrata in vigore della norma interpretativa, non erano dovute.

20. Per il resto, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte, procedendo all’accertamento di abitualità dello svolgimento della professione con valutazioni di elementi fattuali non ritualmente censurati in questa sede.

21. In definitiva, la sentenza impugnata va cassata solo in relazione al profilo delle sanzioni e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, dichiarando parte ricorrente non tenuta a corrispondere all’INPS le sanzioni in relazione ai contributi oggetto di causa.

22. Le spese dell’intero processo vanno compensate in ragione della sopravvenienza della sentenza della Corte Costituzionale cui la presente pronuncia ha dato attuazione.

23. In considerazione dell’esito del giudizio, invece, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa, in parte qua, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara parte ricorrente non tenuta a corrispondere all’INPS le sanzioni relativamente al periodo contributivo oggetto di causa.