CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 13240 depositata il 14 maggio 2024
Lavoro – Rapporto a tempo determinato – Conversione in tempo indeterminato – Differenze retributive – TFR – Disconoscimento accordo transattivo – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma accoglieva l’appello proposto da G.G. avverso la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 15083/2011 e, in riforma di detta decisione, dichiarava la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato del ricorrente con la convenuta A. s.r.l. in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con decorrenza dal 29.9.2005; per l’effetto, condannava detta società al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di € 31.236,00, a titolo di differenze retributive e t.f.r., oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione dei crediti al soddisfo.
2. La Corte territoriale, dopo aver dato conto di aver ammesso la prova testimoniale articolata da entrambe le parti e di aver disposto C.T.U. contabile, ha ritenuto fondato il primo motivo d’appello del lavoratore, con il quale egli si doleva dell’erronea valutazione dell’attendibilità delle testi F.F. e P.Z., reputando, in base agli elementi considerati, che effettivamente dovevano considerarsi poco attendibili le loro dichiarazioni ed ininfluenti rispetto alle conclusioni dell’esame peritale grafologico già espletato in primo grado, a seguito dell’istanza di verificazione, da parte della società convenuta, dell’autografia della sottoscrizione del lavoratore, disconosciuta da quest’ultimo, presente sull’accordo transattivo in data 27.4.2007, accordo che la convenuta aveva fatto valere in via d’eccezione.
3. La stessa Corte, inoltre, giudicava fondato anche il secondo motivo d’appello, a mezzo del quale il G. lamentava l’erronea valutazione delle conclusioni del C.T.U. grafologo, considerando, diversamente da quanto rilevato dal Tribunale, che detto ausiliare aveva puntualmente e tecnicamente argomentato le ragioni per cui aveva ritenuto che le discordanze fossero prevalenti rispetto alle somiglianze, avendo a riguardo evidenziato che le similitudini tra la firma apposta dal G. in calce al documento del 27.4.2007 e gli scritti di comparazione, interessavano soltanto il disegno delle lettere, senza riuscire a riproporre il loro “ductus”, cioè la naturalezza delle autografie ed aveva, quindi, concluso che la firma verificata è simile all’autografa, ma non è uguale nel gesto grafico, nella spontaneità di esecuzione, negli automatismi, cioè nel “ductus”.
4. Pertanto, dopo aver esaminato le ulteriori emergenze probatorie, orali e documentali, e la C.T.U. contabile espletata in secondo grado, la Corte perveniva all’accoglimento delle domande del lavoratore nei termini specificati in dispositivo.
5. Avverso tale decisione la A. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
6. L’intimato è rimasto tale, non essendosi costituito in questa sede.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 246, 252 c.p.c. e 2697 c.c., rispetto all’accoglimento del primo motivo d’appello (inattendibilità dei testimoni)”. Deduce che la Corte d’appello ha illegittimamente riformato la sentenza del Tribunale in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ha erroneamente giudicato inattendibili le testimoni e le dichiarazioni delle stesse, ritenendo così fondato il primo motivo d’appello, con il quale il G. si doleva dell’erronea valutazione, da parte del giudice di primo grado, dell’attendibilità delle testi F. e P. e delle deposizioni dalle stesse rese.
2. Col secondo motivo, denuncia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c., rispetto all’accoglimento del secondo motivo d’appello (erronea valutazione delle conclusioni della CTU)”. Deduce la ricorrente che la Corte d’appello ha illegittimamente riformato la sentenza del Tribunale in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ha erroneamente giudicato condivisibili le conclusioni del CTU circa la non riferibilità della sottoscrizione dell’atto di transazione al G..
3. Tali due motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
4. Rilevato che entrambe le censure non fanno esplicito riferimento a nessuno dei mezzi di cui all’art. 360, comma primo, c.p.c., esse comunque attengono alla valutazione delle risultanze istruttorie, al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., che concerne l’omesso esame di un fatto storico decisivo idoneo di per sé, ove esaminato, a determinare un esito diverso della controversia (in tal senso v. Cass. S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014). Peraltro, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c. può porsi solo allorché sia allegato che il giudice di merito: abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; abbia invertito gli oneri probatori (Cass. n. 11892 del 2016; Cass. S.U. n. 16598 del 2016; Cass. S.U. n. 20867 del 2020); in particolare, la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013, Cass. n. 13395 del 2018, Cass. n. 18092 del 2020), mentre nella specie parte ricorrente lamenta la errata valutazione di determinati mezzi istruttori (così da ultimo, riassuntivamente, nella motivazione Cass., sez. lav., 25.6.2023, n. 18503).
5. Con precipuo riferimento al primo motivo di ricorso, relativo all’inattendibilità di due testimoni, ritenuta dalla Corte di merito, mette conto aggiungere che, secondo un consolidato indirizzo di legittimità, la valutazione dell’attendibilità dei testi, della maggiore o minore credibilità delle loro affermazioni e della rilevanza delle singole deposizioni a confronto di altre risultanze processuali è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova ad esclusione delle altre, non incontra alcun limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento con una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (così, tra le altre, Cass. n. 2834/1988; id. n. 1182/1984; id. n.181/1981; id. n. 4002/1979).
6. Ebbene, la ricorrente non fa valere anomalie motivazionali dell’impugnata sentenza nei rigorosi limiti in cui esse sono attualmente deducibili con i mezzi di cui ai nn. 4 e 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.; il che vale anche per il secondo motivo che afferisce alla pretesa erronea valutazione del parere del C.T.U. grafologo da parte della Corte di merito.
7. La ricorrente, nell’ambito del primo motivo, si riferisce (anche) all’art. 252, comma secondo, c.p.c., che recita: “Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone, e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell’audizione del testimone”.
In proposito va ricordato che, al di là del rilievo che la norma in esame delinea una mera facoltà delle parti (che “possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone”), senza prevedere alcuna preclusione nel caso in cui esse non sollevino questione circa l’attendibilità o meno di un determinato teste prima della sua audizione, è principio assolutamente incontestato che sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità dei testi e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (98 del 04/01/2019; 16056 del 02/08/2016).
9. Nulla va disposto quanto alle spese di questo giudizio di cassazione, in assenza di costituzione dell’intimato. Nondimeno la ricorrente è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.