CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 14073 depositata il 21 maggio 2024

Lavoro – Sanzione amministrativa irrogata in materia di lavoro non regolarizzato – Tardività dell’opposizione – Tassatività delle ipotesi di rimessione al giudice di primo grado – Rigetto 

Rilevato che

1. la Corte d’Appello di L’Aquila dichiarava inammissibile l’appello proposto da A. e M.C. (in proprio e n.q. legali rappresentanti della soc. F. C.) avverso sentenza di primo grado con la quale era stato dichiarato inammissibile per tardività il ricorso in opposizione avverso sanzione amministrativa irrogata in materia di lavoro non regolarizzato, dopo dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte della Commissione Tributaria Regionale, in riforma di decisione della Commissione provinciale originariamente adìta;

2. a motivazione della propria decisione, la Corte distrettuale accoglieva l’eccezione dell’amministrazione relativa all’inammissibilità di appello con il quale venga rilevata soltanto la nullità della decisione in rito, senza riproporre i vizi di merito dei provvedimenti amministrativi contestati con l’originaria opposizione;

3. la sentenza d’appello è stata impugnata con 2 motivi di ricorso per cassazione; disposta la rinnovazione della notifica, l’amministrazione intimata non si è costituita nel grado; al termine della camera di consiglio odierna, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;

Considerato che

1. parte ricorrente, con il primo motivo deduce (art. 360, n. 3 e n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342, comma 1, c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato inammissibile l’appello adottando un orientamento eccessivamente formalista, contrastante con la giurisprudenza di legittimità nonché con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo;

2. con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c.) la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 353 e 354 c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato inammissibile l’appello perché fondato esclusivamente su censure di rito, nonostante il ricorso contenesse censure di merito della sanzione subita dalla ricorrente;

3. il primo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza gravata, che non si basa sulla violazione dell’art. 342 c.p.c. (interpretato in senso più o meno formalistico); si tratta di profilo richiamato nel corpo complessivo dell’eccezione sollevata dall’amministrazione appellata, ma la decisione si è fondata sul diverso principio della tassatività dei casi di rimessione al primo giudice da parte del giudice dell’appello, di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c.;

4. tale questione è oggetto del secondo motivo di ricorso per cassazione che, sebbene ammissibile, non è fondato;

5. la sentenza impugnata è, invero, conforme alla giurisprudenza di questa Corte in materia, del resto espressamente richiamata in motivazione, e il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsene;

6. il sistema processuale civile italiano (a differenza di altri, che prevedono un più frequente meccanismo di ritorno al grado precedente) circoscrive alle ipotesi ristrette e tassative indicate negli artt. 353 e 354 c.p.c. le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice di primo grado; si tratta di scelta legislativa razionale e sistematica, anche in relazione al principio di ragionevole durata del processo; al di fuori di tali casi, il giudice d’appello, anche in caso di riforma o annullamento della sentenza di primo grado, deve decidere la causa nel merito, rimuovendo, nel caso, il vizio della sentenza di primo grado;

7. corollario di tale tassatività delle ipotesi di rimessione al primo giudice è l’ammissibilità dell’impugnazione con cui l’appellante deduca esclusivamente vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso in senso a lui sfavorevole anche nel merito solo qualora detti vizi comportino, se fondati, la rimessione al primo giudice ex artt. 353 e 354 c.p.c., mentre, al di fuori di tali casi, l’appellante, a pena di inammissibilità del gravame per carenza di interesse nonché per difformità rispetto al modello legale di impugnazione, è tenuto a dedurre, contestualmente a quelle di rito, anche le questioni di merito (Cass. n. 24612/2015, n. 2566/2017, n. 20799/2018, n. 402/2019);

8. invero, le norme processuali hanno natura servente, sicché la deduzione dei vizi derivanti dalla loro inosservanza (i cd. vizi formali) non serve a tutelare l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a eliminare i pregiudizi conseguenti all’esercizio delle facoltà in cui sì esprime il diritto di difesa; e nel sistema italiano, tale diritto è tutelato dall’effetto devolutivo dell’appello, piuttosto che dal ritorno al grado precedente; effetto devolutivo che, però, si produce in funzione dei motivi di impugnazione, che esprimono e circoscrivono l’interesse ad agire , quale condizione dell’azione in concreto;

9. tra le ipotesi tassative di rimessione al giudice di primo grado indicate negli artt. 353 e 354 c.p.c. non rientra l’eventuale riforma della sentenza di primo grado che abbia erroneamente ritenuto tardiva l’opposizione a sanzione amministrativa; conseguentemente in appello non poteva essere richiesto solo l’annullamento della sentenza di primo grado per motivi di rito relativi alla tempestività dell’opposizione; poiché il giudice d’appello ha riscontrato tale difformità rispetto al modello legale di impugnazione, la sentenza gravata resiste alle censure di parte ricorrente;

10. il ricorso deve pertanto essere respinto; non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado, per la mancata costituzione dell’amministrazione intimata; al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.