CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 15217 depositata il 30 maggio 2024
Lavoro – Appalti pubblici – Responsabilità solidale – Pagamento TFR – Rimborso – Fondo di tesoreria – Responsabilità legale – Rapporto interno tra committente ed appaltatore – Rigetto
Fatti di causa
La Corte di appello di Roma rigettava l’appello proposto da T.I. spa avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva ritenuto sussistente la responsabilità solidale della società per il pagamento del TFR maturato da C.S. e K.B.D.B. nel corso dei rapporti di lavoro intercorsi con B.F. srl e P. spa, quali ditte subentrate nell’appalto commissionato da T.I., presso il quale avevano continuativamente prestato l’attività i predetti lavoratori ed aveva altresì ritenuto infondata la domanda proposta da T.I. nei confronti del chiamato in causa Inps , diretta ad ottenere l’accertamento del diritto a chiedere al Fondo costituito ai sensi dell’art. 2 l.n.297/82 il rimborso di quanto versato ai lavoratori a titolo di TFR.
La Corte territoriale aveva ritenuto che l’appaltante T.I. non avesse fornito la prova, quale fatto estintivo della pretesa, dell’effettivo versamento da parte sua dei contributi versati al Fondo di tesoreria per le quote di TFR maturate successivamente al 1° gennaio 2007, con ciò rigettando l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla società rispetto alla pretesa avanzata dal lavoratore.
Per quel che qui rileva, la corte di merito aveva altresì ritenuto applicabile l’art. 29 richiamato anche alla società ricorrente, avendo l’art. 1 co.2 del d.lgs n. 276/2003 escluso l’applicazione solo per i datori di lavoro rientranti nell’ambito della Pubblica Amministrazione (PA).
Avverso detta decisione T.I. spa proponeva ricorso affidato a due motivi cui resistevano con controricorso i predetti lavoratori.
Ragioni della decisione
1)- Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 29 D.lgs n. 276/2003. Nel motivo ci si duole della statuizione circa l’applicabilità della disciplina in questione alla società ricorrente per la quale trova applicazione la disciplina del Codice dei contratti pubblici. Con secondo profilo di censura è lamentata l’errata applicazione dell’art. 29 anche agli imprenditori soggetti alla disciplina del D.lgs n.50/2016 ed è sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3 e 41 Cost.
Il motivo è infondato. Questa Corte ha chiarito che “In materia di appalti pubblici, la responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, esclusa per le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, è, invece, applicabile ai soggetti privati (nella specie T.I. s.p.a., società partecipata pubblica), assoggettati, quali “enti aggiudicatori” al codice dei contratti pubblici. Tale differente regolamentazione non viola l’art. 3 Cost. in ragione della diversità delle situazioni a confronto, non incontrando i privati imprenditori alcun limite nella scelta del contraente, laddove nelle procedure di evidenza pubblica la tutela del lavoratore è assicurata sin dal momento della scelta suddetta, né limita l’iniziativa economica dei privati imprenditori per l’aggravio di responsabilità, non essendo precluso al legislatore modulare le tutele dei lavoratori in rapporto alla diversa natura dei committenti” (Cass. n. 10777/2017 successivamente ribadita da Cass.n. 32867/2023).
Il principio esposto, da cui non c’è motivo di discostarsi, evidenzia la particolare posizione delle società a partecipazione pubblica, quale T.I., determinativa di particolari tutele e di trattamenti “rafforzati” per i lavoratori interessati.
2)- Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 29 D.lgs n. 276/2003; con tale censura si denuncia l’errata applicazione del regime di solidarietà di cui all’art. 29 predetto, con riferimento al TFR maturato antecedentemente all’appalto. Si ritiene errata la statuizione della corte perché fondata sull’assunto che il diritto è maturato solo al momento della cessazione del rapporto e dunque al momento in cui cessa l’appalto, con ciò determinandosi la responsabilità solidale in questione.
A tal riguardo si ricorda il principio già enunciato da questa Corte, secondo cui (Cass. n. 24609/2023) “La responsabilità solidale del committente ex art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 è di tipo legale, e sorge, indipendentemente dal dolo o dalla colpa, al verificarsi delle condizioni poste dalla norma, quali l’esistenza di un rapporto contrattuale riconducibile all’ambito di operatività della norma stessa e l’inadempimento da parte del datore di lavoro dei suoi obblighi verso i dipendenti”.
Con la decisione Cass. n. 33/2020, questo Giudice di legittimità ha poi soggiunto che “Il committente che, in forza dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, corrisponda i trattamenti retributivi ed il tfr ai dipendenti del proprio appaltatore, adempie un’obbligazione propria nascente dalla legge, e, pertanto, non diviene avente diritto dal lavoratore, sicché è legittimato a surrogarsi nei diritti di quest’ultimo verso l’appaltatore, ex art. 1203, n. 3, c.c., ma, non avendo titolo per ottenere l’intervento del Fondo di garanzia di cui all’art. 2 della l. n. 297 del 1982, è privo di interesse ad agire, nei confronti dell’INPS, in relazione alla domanda di mero accertamento del diritto di sostituirsi al lavoratore nell’erogazione della prestazione dovuta dal Fondo suddetto”.
I richiamati principi esplicitano in modo chiaro la natura del vincolo di solidarietà radicato nella legge rispetto agli obblighi nei confronti del dipendente nonchè il rapporto interno tra committente ed appaltatore. In ragione di tale configurata responsabilità risulta correttamente adottata la soluzione di maturazione del diritto al momento di cessazione dell’appalto con il conseguente coinvolgimento, in via solidale, della società ricorrente.
Per le esposte ragioni il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto