CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 16046 depositata il 10 giugno 2024
Lavoro – Società appaltatrice – Diritto alla retribuzione – Regolarizzazione della posizione contributiva – Estinzione del procedimento – Riassunzione tardiva da parte del ricorrente – Provvedimenti di sospensione dall’esercizio della professione
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Messina ha confermato, seppure con motivazione in parte differente, la sentenza del locale Tribunale che, nella controversia promossa da G.B., con ricorso depositato il 4.9.2012, diretta all’accertamento del diritto alla retribuzione e alla regolarizzazione della posizione contributiva scaturente dal rapporto di lavoro con la società appaltatrice E.T. s.r.l. e con la committente I.E.C.S., dichiarava l’estinzione del procedimento per riassunzione tardiva da parte del ricorrente, essendosi verificata la sospensione dall’esercizio della professione del procuratore della cooperativa (avv. A.L.C.), ai sensi dell’art. 62, comma 5, legge professionale forense;
2. la Corte di merito, in particolare, acquisita nota del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina dalla quale risultava che i provvedimenti di sospensione dall’esercizio della professione riferibili all’avv. L.C. erano stati tre (sospensione disciplinare, sospensione volontaria, interdizione temporanea dall’esercizio della professione disposta con provvedimento del giudice penale), affermava la correttezza della declaratoria di estinzione del procedimento per riassunzione tardiva, qualificando quale evento interruttivo la sospensione a seguito di misura interdittiva del giudice penale del 14.12.2017, seguita da riassunzione in data 19.4.2019;
3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre G.B. con due motivi; resiste la cooperativa I.E. con controricorso; la società E.T. in liquidazione è rimasta intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso per cassazione la sentenza impugnata viene censurata per violazione degli artt. 20, comma 2, l.p.f., 19 e 30 c.p. rispetto agli artt. 301 e 305 c.p.c., per erronea individuazione delle norme e dei principi che disciplinano la fattispecie, ossia l’autosospensione o sospensione volontaria e l’interdizione dall’esercizio della professione quale pena accessoria di una condanna per delitto, ed erronea individuazione delle forme di conoscenza legale dell’evento ai fini del decorso del termine per la riassunzione ad opera della parte non colpita dall’evento interruttivo (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.);
2. con il secondo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 2697, comma 1, c.c., lamentando inversione dell’onere della prova della intempestività della riassunzione, quale prova di fatto negativa inammissibilmente posta in capo alla parte non colpita dall’evento;
3. i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione;
4. la sentenza gravata non è, infatti, conforme al costante orientamento di questa Corte, cui si intende anche in questa sede dare continuità, alla luce del quale, in tema di interruzione del processo per morte del procuratore di una delle parti (evento al quale sono assimilabili, ai sensi dell’art. 301 c.p.c., le ipotesi di sospensione o radiazione del procuratore della parte costituita), da una parte, il termine per la relativa riassunzione decorre dalla data in cui la parte rimasta senza difensore ha avuto dell’evento conoscenza legale, acquisita tramite atti muniti di fede privilegiata quali dichiarazioni, notificazioni o certificazioni rappresentative dell’evento medesimo, alle quali non è equiparabile la conoscenza di fatto altrimenti acquisita, dovendo tale conoscenza avere ad oggetto tanto l’evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti (Cass. n. 23492/2021, n. 10594/2019, n. 2340/1996), e, d’altra parte, la dimostrazione della legale conoscenza dell’evento in tempo anteriore al semestre precedente la riassunzione o prosecuzione del processo incombe sulla parte che ne eccepisce l’intempestività, non potendo farsi carico all’altra dell’onere di fornire una prova negativa (Cass. n. 14691/1999; conf. Cass. n. 19122/2009, n. 3085/2010, n. 3782/2015);
5. pertanto, alla stregua di tale sistema, da un lato il termine suddetto, essendo correlato alla data in cui per ciascuna delle parti si è verificato il presupposto impeditivo, non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte e, dall’altro lato, la dimostrazione della legale conoscenza dell’evento in tempo anteriore al semestre precedente la riassunzione o prosecuzione del processo incombe sulla parte che ne eccepisce l’intempestività, non potendo farsi carico all’altra dell’onere di fornire una prova negativa;
6. non è idonea quale prova della conoscenza legale dell’evento interruttivo specifico nel singolo processo civile in cui opera, ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, la forma di pubblicità della sospensione, radiazione o sospensione cautelare, di cui è data comunicazione senza indugio ai capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha sede il consiglio dell’ordine competente per l’esecuzione, ai presidenti dei consigli dell’ordine del relativo distretto e a tutti gli iscritti agli albi e registri tenuti dal consiglio dell’ordine stesso, prevista e disciplinata dall’art. 62, comma 5, della legge professionale forense (attualmente legge n. 247/2012); invero, il termine per la riassunzione ex art. 305 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, la cui comunicazione deve avere specificamente ad oggetto il processo nel quale l’evento esplica i suoi effetti e deve essere diretta al procuratore che assiste la parte costituita, non colpita dall’evento, nel giudizio in cui la conoscenza legale dell’interruzione viene in rilievo (così Cass. n. 12890/2020, in materia di fallimento, Cass. SS.UU. n. 12054/2021, e successive conformi);
7. conclusivamente, la sentenza impugnata, in accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso, deve essere cassata con rinvio al primo giudice, ossia al Tribunale di Messina per procedere all’esame nel merito della controversia e per regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità: va, invero, applicato il principio per il quale, qualora il giudice d’appello non abbia rimesso le parti dinanzi al giudice di primo grado omettendo di rilevare l’errore da questi compiuto nel dichiarare l’estinzione del giudizio, con la cassazione della sentenza di appello deve essere disposto il rinvio al giudice di primo grado come previsto dall’art. 383 cod. proc. civ. (Cass. 11/04/2014, n. 8600; Cass. 13/06/2014, n. 13523).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Messina, in diversa composizione, anche per le spese.