CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 16603 depositata il 14 giugno 2024

Lavoro – Superiore inquadramento – Differenze retributive – Regolarizzazione posizione previdenziale – Risarcimento del danno da usura psicofisica

Rilevato che

1. La Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello di C.D., confermando la sentenza di primo grado con cui era stata rigettata la domanda di superiore inquadramento per il periodo dal 1990 al 2002 e di condanna della datrice di lavoro, I. spa, concessionaria del servizio di riscossione dei tributi locali per la provincia di Agrigento, al pagamento delle differenze retributive, alla regolarizzazione della posizione previdenziale e al risarcimento del danno da usura psicofisica dovuta al mancato godimento di ferie e permessi dal 30.6.1996 al 30.6.2002.

2. La Corte territoriale, adottando il criterio di decisione secondo la ragione più liquida, ha escluso, sulla base delle prove testimoniali raccolte, che fosse dimostrato lo svolgimento di mansioni riconducibili alla superiore qualifica di quadro direttivo o a quella, chiesta in via subordinata, di quarto livello della terza Area professionale; quanto alla denunciata sperequazione salariale tra il profilo di appartenenza (quarto livello del c.c.n.l. Commercio) e quello spettante in base al c.c.n.l. Esattorie, maggiormente coerente al tipo di attività esercitata dalla società datoriale, i giudici di appello hanno rilevato come il D. avesse solo genericamente affermato la non conformità della retribuzione al parametro costituzionale di cui all’art. 36 Cost., senza alcun riferimento al trattamento previsto dal c.c.n.l. Esattorie quale tertium comparationis da cui poter evincere la violazione del minimo costituzionale; hanno respinto la domanda di indennità sostitutiva delle ferie per assenza di prova del mancato godimento di ferie e riposi e la connessa domanda di risarcimento del danno da usura psicofisica, in quanto poggiante sul mancato godimento delle ferie e dei riposi.

3. Avverso tale sentenza C.D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. I. spa ha resistito con controricorso.

4. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.

Considerato che

5. Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza del contenuto minimo della motivazione o carattere “apparente” della stessa, rispetto al motivo di appello e alle difese dell’appellato.

Nullità della sentenza per omessa pronuncia sul primo motivo di appello e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art 112 c.p.c. Violazione o falsa applicazione dell’art. 2943 c.c. e dell’art. 410 c.p.c. Violazione del principio di non contestazione, di cui all’art. 115 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).

6. Si censura la sentenza d’appello per omessa pronuncia sul primo motivo di appello (trascritto nel ricorso per cassazione, pp. 6-8) con cui si criticava la decisione di primo grado sulla questione di prescrizione del diritto azionato dal lavoratore.

7. Il motivo è inammissibile poiché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha fatto  ricorso, in modo esplicito, al criterio della ragione più liquida ed ha quindi esaminato il motivo d’appello concernente l’esercizio delle mansioni superiori, in quanto assorbente rispetto al tema della prescrizione dei diritti invocati. 

8. Con il secondo motivo si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per mancanza del contenuto minimo della motivazione o carattere “apparente” della stessa, rispetto ai motivi di appello e alle difese dell’appellato.

Nullità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi sub 2), 3) e 4) del ricorso in appello e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art 112 c.p.c. 
Violazione del principio di non contestazione, codificato con l’art. 115 c.p.c.; violazione dell’art. 1362 c.c. in relazione al C.C.N.L. Esattorie ed agli artt. 2103 c.c. e 36 Cost. (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 e dell’articolo 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360, numero 3, c.p.c.

9. Il ricorrente trascrive i motivi di appello di cui ai nn. 2, 3, 4 e 5 (v. ricorso per cassazione pp. 9-14) e deduce la nullità della sentenza impugnata perché carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alle statuizioni di primo grado e quindi delle ragioni a sostegno del rigetto di tali critiche; assume che i giudici di merito hanno omesso di valutare e comparare le mansioni in concreto svolte dal lavoratore con quelle di formale inquadramento e che dalle deposizioni testimoniali raccolte e dai documenti acquisiti emergeva incontrovertibilmente lo svolgimento di mansioni, non di ordine, bensì di responsabile unico dell’Agenzia di Agrigento e di accertatore dei tributi.

10. Il motivo non può trovare accoglimento.

11. La Corte d’appello ha accertato, in base alle prove testimoniali, che i compiti svolti dal D. consistevano in una “attività d’ordine correlata a mansioni impiegatizie di sportello e saltuariamente di verifica sul territorio per il rilevamento di affissioni pubblicitarie abusive”; ha sottolineato la “differenza rilevante tra la funzione di rilevatore delegata occasionalmente al D. e quella di accertatore, individuabile nell’attività dell’operatore preposto alla redazione dei verbali di accertamento”; e la differenza tra “le informazioni di ufficio che il D. forniva ai VV.UU. rispetto alle verifiche da costoro effettuate in ordine all’osservanza della normativa in materia di TOSAP”; ha osservato che “l’attività di verifica sul territorio effettuata in coppia non consent(iva) di enucleare nell’attività del Dalli il quid pluris proprio della funzione di accertatore …organicamente attribuita al solo C.”.

Ha escluso la riconducibilità delle mansioni svolte dall’appellante alla qualifica di quadro direttivo, “nella quale rivestono carattere significativo le elevate responsabilità funzionali e l’elevata preparazione professionale unitamente alla capacità di direzione e coordinamento di altri lavoratori propria del preposto ad una unità operativa composta da una pluralità di addetti”, per difetto di tali requisiti nell’attività del D.

Ha parimenti escluso che ricorressero i presupposti per l’inquadramento nella qualifica richiesta in via subordinata, di quarto livello della terza area professionale, “pure essa implicante compiti caratterizzati da contributi professionali operativi o specialistici eccedenti la semplice diligenza di esecuzione”.

12. In tal modo, la Corte di merito si è attenuta ai principi enunciati da questa S.C. e, specificamente, al procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato attraverso le tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra i risultati di tali due indagini (v. Cass. n. 30580 del 2019; n. 8589 del 2015) e ciò impedisce di ravvisare la violazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 2697 c.c.

Le residue censure mosse, se pure veicolate attraverso plurime violazioni di leggi sostanziali e processuali investono, nella sostanza, la valutazione del materiale probatorio raccolto, non consentita in questa sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., nella specie non applicabile in ragione della disciplina cd. della doppia conforme, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. Infine, non solo non ricorrono le anomalie motivazionali atte ad integrare violazione dell’art. 132 c.p.c. (v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014) ma neppure può dirsi violato il principio di non contestazione, atteso che la sentenza fonda il decisum sull’apprezzamento delle prove testimoniali.

13. Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Inversione dell’onere della prova.

Erronea valutazione delle prove. Motivazione apparente, sommaria e contraddittoria. 

(art. 360 n. 4 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., delle Direttive comunitarie e degli artt. 2060, 2071, 2095, 2103, 2107, 2108, 2109 e 2697 cod. civ. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Violazione ed erronea applicazione del CCNL Esattorie.

14. Secondo parte ricorrente, spetta al datore di lavoro fornire la prova dell’avvenuto godimento delle ferie da parte del lavoratore; tale prova non è stata fornita dalla società ed ha pertanto errato la Corte d’appello a non accogliere la domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva; il dipendente non ha usufruito dei riposi settimanali e dei permessi e tali circostanze, non contestate da parte datoriale ed emergenti dalle buste paga, avrebbero dovuto condurre al riconoscimento del danno da usura psicofisica.

15. Sul regime dell’onere della prova ai fini dell’esercizio del diritto del lavoratore ad una indennità economica sostitutiva delle ferie non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro, occorre svolgere alcune considerazioni.

16. E’ costante l’orientamento di legittimità per cui il lavoratore che una volta cessato il rapporto, agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute, ha l’onere di provare l’avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l’espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell’indennità suddetta, risultando irrilevante la circostanza che il datore di lavoro abbia maggiore facilità nel provare l’avvenuta fruizione delle ferie da parte del lavoratore (v. Cass. n. 10956 del 1999; n. 22751 del 2004; n. 26985 del 2009; n. 8521 del 2015; n. 7696 del 2020; n. 9791 del 2020).

17. È stato invece superato il precedente orientamento nella parte in cui addossava al lavoratore, il quale rivendicava l’indennità sostitutiva delle ferie, l’onere di dimostrare che il mancato godimento delle stesse fosse stato cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da causa di forza maggiore.

18. Con la sentenza di questa Corte n. 21780 del 2022 (v. anche Cass. n. 15652 del 2018), in base ad una interpretazione del diritto interno conforme ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. le tre sentenze della Grande sezione del 6 novembre 2018 in cause riunite C-569 e C-570/2016 S.W.; in causa C-619/2016 S. W.K.; in causa C- 684/2016 M.P.), si è sottolineato che le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; che il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato al diritto alle ferie annuali retribuite; che la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie― se necessario formalmente― ; di averlo nel contempo avvisato― in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui sono destinate― del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

19. Deve quindi ribadirsi, in sintonia con i principi appena richiamati, che, cessato il rapporto di lavoro e fornita dal lavoratore la prova del mancato godimento delle ferie, sarò onere del datore di lavoro, al fine di opporsi all’obbligo di pagamento della indennità sostitutiva rivendicata, dimostrare di avere messo il dipendente nelle condizioni di esercitare in modo effettivo il diritto alle ferie annuali retribuite nel corso del rapporto, informandolo in modo adeguato della perdita, altrimenti, del diritto sia alle ferie e sia alla indennità sostitutiva.

20. Nella fattispecie oggetto di causa, la sentenza d’appello, con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto non assolto l’onere di prova, posto a carico del lavoratore, di mancato godimento delle ferie e degli altri riposi. Il che porta ad escludere le violazioni di legge denunciate.

21. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 191, 211, 213, 420, 421 e 437 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Omessa pronuncia sulle richieste istruttorie (art. 360 n. 4 c.p.c.).

Si critica la decisione del tribunale di Agrigento per la mancata ammissione di alcune prove testimoniali e la mancata acquisizione di documenti decisivi in ordine alle mansioni svolte, all’orario di lavoro, alle ferie, permessi e riposi non goduti dal dipendente.

22. Il motivo è inammissibile poiché censura la sentenza di primo grado.

23. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

24. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.

25. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.