CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 16772 depositata il 17 giugno 2024
Differenze sul TFR maturato – Base di calcolo del trattamento di fine rapporto – Assegno di sede estera – Differenze pensionistiche perdute – Accoglimento
Rilevato che
1. il Tribunale di Roma, con sentenza del 13 maggio 2016, in parziale accoglimento delle domande proposte da M.C. nei confronti di U. Spa, nel contraddittorio con l’INPS, condannava la società al pagamento, in favore del suo ex dipendente, della somma di euro 79.525,32, a titolo di differenze sul TFR maturato, computando nella sua base di calcolo l’ <assegno di sede estera> (comprensivo sia della <indennità maggior costo vita>, sia della <indennità di piazza, funzione e rappresentanza>), oltre interessi dal 31.12.2011 al saldo;
2. la Corte di Appello distrettuale, con la sentenza qui impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto da M.C. e sulle impugnazioni incidentali di U. Spa e dell’INPS, ha – per quel che ancora rileva – condannato “U.spa a risarcire a C.M. il danno patrimoniale ex art. 2116, co. 2°, c.c., che liquida in euro 113.448,02 fino al 30/11/2019, nonché equitativamente in euro 1.000,00 mensili per tredici mensilità annue per il periodo successivo”, il tutto oltre accessori; ha rigettato “l’appello incidentale proposto da U. spa”; ha confermato nel resto la sentenza gravata;
3. la Corte territoriale, in estrema sintesi, ha condiviso con il primo giudice l’esclusione del <contributo alloggio> dalla base di calcolo del TFR; ha, invece, ritenuto errata l’applicazione operata dal Tribunale dell’art. 51, comma 8 bis, TUIR, sulla scorta di precedenti di legittimità secondo cui “le nozioni di reddito rilevante ai fini fiscali e di base imponibile ai fini contributivi sono distinte”, citando Cass. 18/04/2018, n. 9601; infine, “per determinare la condanna di U. spa al risarcimento, in favore del C., del danno patrimoniale derivato dalla perdita pensionistica, a sua volta conseguente al mancato pagamento di contributi ormai prescritti”, la Corte si è avvalsa di una consulenza tecnica d’ufficio e, per la liquidazione, ha tenuto conto “della somma calcolata dall’ausiliario fino alla data di deposito della sua relazione”;
per il periodo successivo, “piuttosto che procedere alla sua capitalizzazione all’attualità”, la Corte ha ritenuto preferibile “un diverso criterio di liquidazione, più aderente sia alla peculiarità del danno (che si manifesterà mese per mese, in termini di perdita di quella che sarebbe stata una parte del rateo pensionistico del danneggiato), sia all’effettiva durata della vita del C.” ed ha disposto “in via equitativa la liquidazione di una somma periodica, ottenuta facendo ricorso ad una media equitativa, ponderata sulla base delle differenze pensionistiche perdute, accertate dal consulente tecnico d’ufficio nel periodo già trascorso fino al deposito della sua relazione”;
4. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, in via principale, U. Spa con sei motivi, cui ha resistito l’INPS con controricorso; ha resistito con controricorso anche il C., formulando ricorso incidentale affidato a due censure; ad esso ha resistito con controricorso la Banca; i procuratori della società e del C. hanno comunicato memorie; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
Considerato che
1. i motivi del ricorso principale possono essere sintetizzati secondo le rubriche proposte dalla stessa difesa della società;
1.1. col primo si denuncia: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. per omesso esame della domanda oggetto del nostro appello incidentale ovvero per omessa motivazione o per motivazione apparente in ordine a quanto oggetto dello stesso, relativo alla contestata inclusione dell’indennità estero nelle sue varie componenti nella base di calcolo del TFR”;
1.2. il secondo motivo deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., comma 2, dell’art. 1362 c.c. e della contrattazione collettiva del settore credito e segnatamente: art. 67 CCNL 27 ottobre 1987; art. 69 CCNL 22 novembre 1990; art. 73 CCNL 22 giugno 1995; art. 65 CCNL 11 luglio 1999; art. 72 CCNL 12 febbraio 2005; art. 75 CCNL 8 dicembre 2007, così come dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., in ragione del fatto che la sentenza impugnata limita l’esclusione della base di calcolo del TFR, quale prevista dalla legge e dalla contrattazione collettiva, alla sola quota alloggio e non sull’intero assegno di sede estera (articolato nelle sue componenti di: indennità costo-vita e indennità di piazza, funzione e rappresentanza ed ogni altra analoga natura) – Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.”;
1.3. con il terzo motivo si denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. nonché degli artt. 2697, 2729 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., là dove la Corte territoriale abbia inteso ritenere che, pur a fronte della qualificazione della retribuzione di sede estera, come estranea alla base di calcolo, spetti comunque al datore di lavoro dare prova della loro natura non retributiva. Violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.”;
1.4. il quarto motivo denuncia: “Violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 51 TUIR, comma 8-bis, nonché della legge delega n. 662 del 1996, art. 3, co. 19, che si pone a monte di quel decreto, ex art. 360, n. 3, c.p.c., quale precetto che impone di tenere conto di un valore convenzionale dei redditi prodotti (tassati e consumati) integralmente all’estero, in conformità del principio di piena equiparazione fra imponibile fiscale e contributivo”;
1.5. col quinto mezzo si deduce: “Violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 51 TUIR, comma 8, ex art. 360, n. 3, c.p.c., quale precetto che impone di tenere conto di un valore convenzionale dei redditi prodotti (tassati e consumati) integralmente all’estero, pari al 50%.
E tanto si denuncia anche sotto il profilo della violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.”;
1.6. con l’ultimo motivo di ricorso principale si denuncia: “Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, n. 3, c.p.c., degli artt. 2116, 1218, 1223 e 2043 c.c. nonché dell’art. 13 l. n. 1338/1962, là dove la Corte lascia al danneggiato la scelta del rimedio risarcitorio, mentre ragioni di solidarietà sociale avrebbero dovuto imporre la soluzione di minor aggravio economico per il danneggiante, accogliendo l’eccezione della banca per la costituzione di riserva matematica presso l’INPS”;
2. con il ricorso incidentale il C. denuncia, con un primo motivo, la “violazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 2120 c.c. nonché degli art. 69 CCNL del 22.11.1990; 73 e 94 CCNL del 22.6.1995; 28 CCNL dell’1.12.200, con riguardo all’esclusione del contributo alloggio dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto”; con una seconda censura si deduce la “violazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c., dell’art. 116 c.p.c., con riguardo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”, che, nella specie, sarebbe rappresentato dalla circostanza che “l’alloggio abitato dal C., in tutti i Paesi all’estero in cui ha svolto la propria attività lavorativa, veniva utilizzato dal ricorrente e dalla sua famiglia per finalità esclusivamente abitative, essendo esclusa ogni esigenza o utilizzo di servizio”;
3. il primo motivo del ricorso principale è fondato; infatti, manca la motivazione in base alla quale la Corte territoriale ha ritenuto di respingere l’appello incidentale di U. Spa – compiutamente riprodotto nell’illustrazione del motivo – avente ad oggetto la contestata inclusione dell’indennità estero nelle sue varie componenti nella base di calcolo del TFR, rispetto al quale non sono decifrabili le ragioni di conferma della pronuncia di primo grado in relazione ai motivi di impugnazione proposti; come noto, la sentenza d’appello può essere anche motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 28139 del 2018; conf. Cass. n. 20883 del 2019; Cass. n. 14786 del 2016; Cass. n. 7347 del 2012); la nullità del capo di sentenza con cui è stato respinto l’appello incidentale della Banca assorbe il secondo e il terzo motivo del ricorso per cassazione della società, in quanto gli stessi attengono al merito della questione che dovrà essere nuovamente delibata dal giudice del rinvio;
4. il quarto e il quinto motivo del ricorso principale, da valutarsi congiuntamente in quanto si fondano sull’assunto della equiparazione del reddito a fini fiscali per servizi prodotti all’estero con il valore del reddito a fini previdenziali, sono infondati alla stregua del principio di diritto più volte ribadito da questa Corte, secondo cui: «Le retribuzioni convenzionali, di cui all’art. 51, comma 8-bis, del T.U.I.R., hanno valenza esclusivamente fiscale.
Di conseguenza, i datori di lavoratori che inviano dipendenti in Paesi che hanno sottoscritto accordi internazionali di sicurezza sociale, che consentono il mantenimento della copertura assicurativa in Italia, devono assumere come parametro per la determinazione della base imponibile contributiva le retribuzioni effettivamente corrisposte ai lavoratori all’estero, cui sono correlativamente commisurate, nelle forme e nei modi previsti, le prestazioni dovute»; detto principio, espresso da Cass. n. 17646 del 2016, evidentemente applicabile anche al precedente comma 8 del medesimo art. 51 TUIR, si è andato consolidando con numerose pronunce (Cass n. 24032 del 2017; Cass. n. 30427 del 2017; Cass. nr. 14526 del 2018; più di recente, in motivazione, v. anche Cass. n. 9809 del 2020 – con la medesima Azienda attuale ricorrente- e n. 6294 del 2022; da ultimo, Cass. n. 31483 del 2022 e Cass. n. 33949 del 2023), cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dalle quali il Collegio non ravvisa ragione né per discostarsi né, conseguentemente, per sottoporre la questione alla Prima Presidente al fine di una eventuale rimessione alle Sezioni unite di questa Corte, come richiesto dalla difesa di U. ;
5. parimenti non merita condivisione l’ultimo motivo del ricorso principale della Banca; in caso di omissione contributiva, il lavoratore non può chiedere all’ente di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi, atteso che l’obbligazione contributiva vede quale soggetto attivo l’ente assicuratore e quale soggetto passivo il datore, residuando in favore del lavoratore soltanto l’azione di risarcimento del danno ex art. 2116 c.c. e la facoltà di chiedere all’ente la costituzione della rendita ai sensi dell’art. 13 della l. n. 1338 del 1962 (cfr. Cass. n. 2164 del 2021; più di recente Cass. n. 701 del 2024); in corrispondenza con la domanda avanzata dal lavoratore, la Corte adita ha riconosciuto “la condanna al risarcimento diretto (in suo favore) del danno ex art. 2116, comma 2, c.c.”, mentre la società non individua sulla base di quale norma di diritto positivo il giudice avrebbe dovuto imporre la diversa tutela rappresentata dalla “costituzione di riserva matematica presso l’INPS”;
6. passando al ricorso incidentale del C., il Collegio giudica il primo motivo fondato, nei limiti delle doglianze ritenute ammissibili e nei sensi espressi dalla motivazione che segue;
la Corte territoriale ha condiviso “l’interpretazione data dal Tribunale alle clausole del contratto collettivo”, in particolare nel “significato attribuito al rinvio agli altri trattamenti <con finalità similari> a quelle degli emolumenti espressamente esclusi dalla base di computo del TFR”, collocando “certamente fra questi emolumenti […] il <contributo alloggio>”;
6.1. in materia, tuttavia, operano princìpi di legittimità che vanno qui ribaditi (per tutte v. Cass. n. 8086 del 2016; conf. Cass. n. 33949 del 2023); l’art. 2120 c.c., comma 2, stabilisce che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto comprende tutte le somme, incluso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese; la detta disposizione è chiara nel prescrivere l’assunzione, nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, di tutto quanto è servito a compensare le prestazioni rese dal lavoratore e non pagate a titolo occasionale, salvo le due eccezioni della diversa previsione del contratto collettivo e del mero rimborso di spese (ex plurimis, v. Cass. n. 10896 del 2008);
l’emolumento può essere ascrivibile alla categoria del rimborso spese, eccettuato secondo la previsione legale dal computo nella base di calcolo del TFR, ove abbia natura meramente riparatoria e costituisca una reintegrazione di una diminuzione patrimoniale, conseguente ad una spesa che il lavoratore sopporta nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, tenuto perciò a riparare la lesione subita, ed è normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa, richiesta per esigenze straordinarie, che trova fondamento in una causa autonoma rispetto a quella della retribuzione; si afferma che le erogazioni effettuate dal datore di lavoro hanno la natura di rimborso di spesa quando, non rivestendo i caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità), consistono nella reintegrazione di somme effettivamente spese dal dipendente medesimo nell’interesse dell’imprenditore e non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto (tra le altre, Cass. n. 6563 del 2009; Cass. n. 2015 del 1987);la seconda possibilità di deroga al principio di onnicomprensività è demandata ad una disposizione della contrattazione collettiva che apporti un’eccezione a tale regola in modo non indiretto ma chiaro ed univoco (Cass. n. 2781 del 2008; Cass. n. 19917 del 2011);
la deroga in effetti deve riguardare specificamente il trattamento di fine rapporto e non il concetto di retribuzione che ad altri fini sia stata determinata dal contratto collettivo, per cui essa può avere rilevanza solo se espressione di una consapevole volontà di derogare alla disciplina legale del calcolo del trattamento di fine rapporto, escludendo con chiarezza compensi corrisposti in maniera continuativa o non occasionale (Cass. n. 5707 del 2009); inoltre la prova di una norma collettiva che neghi espressamente l’inclusione nel TFR incombe su chi la invochi (v. Cass. n. 15889 del 2004); tali princìpi sono da tempo applicati nel caso di trattamenti economici aggiuntivi (variamente denominati) corrisposti al lavoratore che, alle dipendenze del datore di lavoro italiano, presti la sua opera all’estero (giurisprudenza risalente: v. Cass. n. 4575 del 1988; Cass. n. 540 del 1995; Cass. n. 14388 del 2000; Cass. n. 14835 del 2009; più di recente: Cass. n. 24032 del 2017; Cass. n. 20011 del 2018); invero dette attribuzioni patrimoniali possono essere previste da pattuizioni collettive e/o individuali, per cui natura e funzione non sono identificabili in astratto né sulla base della mera qualificazione nominalistica offerta dalle parti, ma devono essere di volta in volta individuate sulla base delle circostanze del caso concreto;
in mancanza di una deroga espressa contenuta nella contrattazione collettiva, allo scopo di guidare il giudice nell’accertamento circa la natura di retribuzione o meno di un emolumento aggiuntivo corrisposto al lavoratore per lo svolgimento di lavoro all’estero è stato chiarito che la stessa può essere desunta da indici sintomatici, inclusi quelli emergenti in sede di conclusione del contratto individuale, che hanno valore orientativo:
a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto;
b) l’assenza di giustificativi di spesa;
c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa;
d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa;
e) la funzione di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, assumendo significato, quale ulteriore indice sintomatico della natura retributiva, il prelievo contributivo effettuato, la cui mancanza non può tuttavia deporre nel senso di connotare quale esborso l’indennità riconosciuta e di escluderne la natura retributiva (di recente: Cass. 27534 del 2022; in precedenza, Cass. n. 24594 del 2018 e Cass. n. 21519 del 2018);
6.2. orbene, pur essendo devoluto al giudice di merito il compito di accertare se la contrattazione collettiva abbia o no escluso gli emolumenti ai fini del calcolo del TFR, tuttavia tale interpretazione è sindacabile in sede di legittimità per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (Cass. n. 12778 del 2005; Cass. n. 11946 del 2004), tanto più nel caso di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, successivamente alla modifica dell’art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c., operata dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, nel caso di violazione o falsa applicazione di detta disciplina collettiva (ab imo Cass. n. 6335 del 2014); questa Corte ha più volte interpretato le disposizioni della contrattazione collettiva in controversia, sostanzialmente reiterata nel settore del credito, secondo cui vanno esclusi dalla base di computo del TFR i trattamenti “corrisposti ai sensi del capitolo XI del presente contratto e, comunque, corrisposti con finalità similari”, pervenendo alla conclusione che voci come quelle relative al versamento di somme per l’alloggio fruito all’estero non potessero essere escluse per dette disposizioni della contrattazione collettiva (specificamente: Cass. n. 21519 del 2018; conf. Cass. n. 38168 del 2022; su censure di aziende di credito che proponevano la medesima tesi su analogo tenore della disposizione collettiva, cfr. Cass. n. 29286 del 2019; Cass. n. 21383 del 2019; Cass. n. 15124 del 2019; Cass. n. 24875 del 2005; Cass. n. 3278 del 2004); la sentenza impugnata sul punto non si è attenuta agli esposti princìpi, per cui deve essere cassata onde consentire un nuovo esame circa la computabilità del “contributo alloggio” attribuito nel corso degli anni al C. nella base di calcolo del TFR;
6.3. l’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale assorbe la seconda censura del medesimo, in quanto la questione ad essa sottesa è ancora sub iudice perché devoluta al giudice del rinvio;
7. conclusivamente, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo mezzo, e vanno respinti gli altri motivi del medesimo ricorso; deve, altresì, essere accolto il primo motivo del ricorso incidentale del C., con assorbimento del secondo mezzo di gravame; la sentenza impugnata, quindi, deve essere cassata in relazione alle censure ritenute fondate, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo altresì sulle spese del giudizio di legittimità; stante l’accoglimento, sebbene parziale, di entrambi i ricorsi, non sussistono le condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti in via principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dell’art. 13, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il quarto, il quinto e il sesto, dichiara assorbiti gli altri;
accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.