CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 16917 depositata il 19 giugno 2024
TFR – Fondo di garanzia INPS – Affitto di ramo d’azienda – Liquidazione dei crediti vantati a titolo di TFR – Accordo sindacale – Accoglimento
Rilevato che
La Corte d’appello di Firenze confermava la pronuncia di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di B.M., M.M., M.A., C.F. ad ottenere il t.f.r. dal Fondo di garanzia istituito presso l’Inps, in relazione all’insolvenza della società di cui costoro erano stati dipendenti fino al 30.4.2013.
I lavoratori erano stati poi ceduti all’affittuaria di ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c.
Affermava la Corte che, in base all’art. 47 l. n.428/90, nel 2013 era stato concluso un accordo sindacale tra le due imprese in forza del quale il t.f.r. maturato per il periodo antecedente alla cessione dei lavoratori doveva rimanere a carico della cedente, poi sottoposta a concordato preventivo; tale accordo sindacale aveva effetti nei confronti dell’Inps.
Avverso la sentenza ricorre l’Inps per un motivo, illustrato da memoria.
B.M., M.M., M.A., C.F. resistono con controricorso.
All’odierna adunanza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps deduce falsa applicazione dell’art. 47, co.5 l. n.428/90, in riferimento agli artt.161, 163, 180 legge fallimentare, all’art. 2112 c.c., all’art. 2, co.1, 2, 4, 5, 7, 8 l. n. 297/82.
La Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere opponibile all’Inps il verbale di accordo concluso in sede sindacale, né rilevava il fatto che il credito per t.f.r. fosse stato riconosciuto in sede concorsuale, poiché il diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia deriva dall’autonomo rapporto previdenziale.
Il motivo è fondato.
In fatto è pacifico che i lavoratori hanno cessato il rapporto di lavoro quando già erano alle dipendenze della azienda affittuaria, la quale non era, al tempo della risoluzione del rapporto di lavoro, in condizioni di insolvenza.
Il rapporto di lavoro è proseguito senza soluzione di continuità, in forza del fenomeno successorio di cui all’art. 2112 c.c., dalla impresa affittante l’azienda alla impresa affittuaria.
Dato questo quadro fattuale, e considerato che l’obbligazione di pagamento del t.f.r. diviene esigibile solo alla data di risoluzione del rapporto, e alla data di tale risoluzione il datore di lavoro (l’affittuario) non versava in stato di insolvenza, va richiamato il costante orientamento di questa Corte (Cass.19277/18, Cass.4897/21, Cass.38696/21, Cass.39698/21) secondo cui non sussiste un obbligo in capo al Fondo di garanzia, proprio perché, al tempo dell’insolvenza dell’impresa affittante, il t.f.r. non era esigibile, essendo il rapporto di lavoro proseguito senza soluzione di continuità in capo all’impresa affittuaria.
Né osta a tale conclusione il fatto che il credito dei lavoratori per t.f.r. sia stato accertato e riconosciuto in sede concorsuale nei confronti dell’impresa affittante. Invero, il lavoratore che fa valere la garanzia del Fondo, fa valere un diritto discendente dal rapporto previdenziale sorto con l’Inps, distinto e autonomo dal rapporto di lavoro intercorrente con il datore sottoposto a procedura concorsuale, l’unico ad essere accertato in sede concorsuale con il riconoscimento e la condanna al pagamento del t.f.r.
L’accordo sindacale con cui fu stabilito tra le due aziende che il t.f.r. maturato alle dipendenze della affittante rimanesse in capo alla stessa non può essere opponibile all’Inps. Tanto deriva dal principio di relatività degli effetti del contratto ex art.1372 c.c.
Né l’Inps è successore dell’azienda affittante negli effetti del contratto. Come detto, l’Inps è obbligato verso il lavoratore in forza del distinto e autonomo rapporto previdenziale che si instaura tra lavoratore e Inps, avente ad oggetto l’intervento del Fondo di garanzia in caso di insolvenza.
Tale rapporto previdenziale e il discendente obbligo di prestazione restano soggetti alla sola disciplina imperativa di legge, distinta da quella civilistica che regola, ai sensi dell’art. 2112 c.c., i rapporti tra lavoratore, affittante e affittuario dell’azienda. L’accordo sindacale concluso ai sensi dell’art. 47, co.5 l. n.428/90 incide su tali rapporti, non sul rapporto previdenziale (in questo senso, v. Cass.6842/23, Cass.37789/22).
Tale orientamento va in questa sede confermato, non essendo applicabile il nuovo comma 5-bis dell’art. 47 l. n.428/90, introdotto dall’art. 368 d.lgs. n.14/19, in base al quale: “Nelle ipotesi previste dal comma 5, non si applica l’articolo 2112, comma 2, del codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell’azienda. Il Fondo di garanzia, in presenza delle condizioni previste dall’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente; nei casi predetti, la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell’individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto, da corrispondere ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80. I predetti crediti per trattamento di fine rapporto e di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80 sono corrisposti dal Fondo di Garanzia nella loro integrale misura, quale che sia la percentuale di soddisfazione stabilita, nel rispetto dell’articolo 85, comma 7, del codice della crisi e dell’insolvenza, in sede di concordato preventivo.”
Trattasi infatti di una disciplina innovativa (v. Cass.37789/22), come tale non applicabile retroattivamente ad un accordo sindacale concluso nel 2013, ovvero antecedentemente alla sua entrata in vigore.
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione per i conseguenti necessari accertamenti e per la statuizione sulle spese di lite del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.