CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 18402 depositata il 5 luglio 2024

Licenziamento – Sussistenza del giustificato motivo oggettivo – Soppressione del posto di lavoro – Indennità risarcitoria – Prospettata omessa pronuncia – Inammissibilità

Rilevato che

1. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 532 del 2021, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede che aveva rigettato l’opposizione proposta da S.A. spa avverso l’ordinanza del 6.11.2019 del medesimo Tribunale con la quale era stata accolta la domanda proposta da M.F.A., avverso il provvedimento di licenziamento intimatogli con missiva del 21.5.2018 per giustificato motivo oggettivo, sul presupposto della soppressione del posto di “addetto alla raccolta dati traffico” svolto dal dipendente.

2. I giudici di seconde cure, conformemente al Tribunale, hanno rilevato che dalle risultanze processuali era emerso che già dal 2015 l’A. non si era occupato più della raccolta dei dati di traffico in quanto attività sostituita dalla introduzione dei Tablet con assegnazioni allo stesso alle mansioni di addetto alla biglietteria-capolinea e alle problematiche dei passeggeri, per cui era da escludersi la sussistenza del giustificato motivo oggettivo posto a base del recesso datoriale; inoltre, hanno ritenuto che era inammissibile la doglianza della società sulla prospettata omessa pronuncia, da parte del primo giudice, in ordine alla domanda avanzata in via subordinata volta alla declaratoria del diritto alla sola indennità risarcitoria in quanto vi era stata una mera riproposizione, ex art. 346 cpc, di quanto eccepito in sede di opposizione ex lege n. 92/2012, senza alcuna specifica censura della ratio decidendi posta a base della decisione impugnata.

3. Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a tre motivi; il lavoratore ha resistito con controricorso.

4. La ricorrente ha depositato memoria.

5. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente eccepisce la violazione dell’art. 434 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere erroneamente la Corte territoriale reputato inammissibile la doglianza circa l’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sulla domanda avanzata in via subordinata volta alla declaratoria del diritto alla sola indennità risarcitoria, per difetto di corretta prospettazione della censura, quando, invece, trattandosi di vizio di omessa pronuncia, null’altro si sarebbe potuto denunciare in sede di gravame se non appunto l’omessa pronuncia.

3. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame del documento (sub 34 dell’all. 2 E al reclamo), in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, dal quale si evinceva, a differenza di quanto ritenuto dai giudici del merito, che l’informatizzazione dell’attività di raccolta era avvenuta nel gennaio 2018.

4. Con il terzo motivo si censura la mancata ammissione dei mezzi di prova nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc, per avere erroneamente la Corte distrettuale ritenuto superflua l’ulteriore richiesta istruttoria avanzata dalla società diretta a dimostrare circostanze tali da invalidare, con certezza, l’efficacia delle dichiarazioni testimoniali che avevano determinato l’erroneo convincimento dei giudici di merito.

5. Il primo motivo è inammissibile.

6. Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 28308/2017; Cass. n. 7653/2012).

7. Nella fattispecie, invece, la Corte territoriale si è pronunciata (pag. 5) sul punto oggetto della doglianza affermando che, da un lato, il primo giudice aveva esaminato la questione e, dall’altro, che il motivo di reclamo non contrapponeva specifiche censure alla sentenza impugnata.

8. Formalmente vi è stato, pertanto, un esame, processuale e di merito, del gravame da parte dei giudici di seconde cure.

9. In ogni caso, in questa sede va rilevata la non decisività della sottesa questione. In primo luogo, perché in tema di ricorso per cassazione è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo con cui si censuri una nullità non correttamente valutata dal giudice d’appello, allorché essa non rientri tra i casi tassativi di rimessione della causa al primo giudice e non si sia tradotta in un effettivo pregiudizio per il diritto di difesa; in tal caso, infatti, convertendosi l’eventuale nullità della sentenza in motivi di impugnazione, l’impugnante deve, a pena d’inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall’invocato vizio processuale. In secondo luogo, atteso che, alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 125 del 2022 che, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), limitatamente alla parola «manifesta», si è in sostanza resa ininfluente ogni problematica sulla necessità, da parte dei giudici di merito, di delineare e, conseguentemente, di motivare sul concetto di “manifesta insussistenza” del fatto posto a base del licenziamento, essendo ormai sufficiente, per disporre la tutela reintegratoria attenuata, l’accertamento sulla semplice insussistenza del fatto e non anche su una insussistenza “prima facie” dei presupposti di legittimità del recesso tali da renderlo pretestuoso.

10. Anche il secondo ed il terzo motivo, da scrutinare congiuntamente per la loro interferenza, non sono meritevoli di accoglimento in quanto inammissibili.

11. E’ un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).

12. L’omesso esame, poi, di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se i fatti storici, come detto nel caso in esame, sono stati comunque presi in considerazione (Cass. n. 19881/2014; Cass. n. 27415/2018) avendo la Corte territoriale motivato adeguatamente sulla problematica circa la informatizzazione dell’attività di raccolta dei dati di traffico.

13. Infine, deve, poi, deve osservarsi, da un lato, che si verte in una ipotesi di c.d. doppia conforme ex art. 348 ter, comma 5 cpc ove la ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse siano tra loro diverse; dall’altro, è opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).

14. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

15. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.

16. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.