CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 18872 depositata il 10 luglio 2024

Lavoro – Trasferimento della lavoratrice – Ragioni giustificatrici – Trasferimento in senso tecnico – Unità produttiva – Adibire la lavoratrice alle mansioni precedentemente svolte – Migliore dislocazione delle risorse umane – Requisito della decisività – Inammissibilità

Rilevato che

1.- F.P., dipendente di S. srl con mansioni di impiegata, era stata addetta al centro di assistenza fiscale sito in Carpaneto Piacentino.

La società l’aveva poi trasferita presso la sede di Piacenza, dapprima con provvedimento temporaneo e poi con trasferimento definitivo a decorrere dall’01/01/2019, senza alcuna motivazione.

Deduceva l’illegittimità del trasferimento sia per mancanza di motivazione, sia per mancanza delle ragioni giustificatrici.

Pertanto adìva il Tribunale di Piacenza per ottenere la declaratoria di illegittimità del trasferimento e l’ordine alla società datrice di lavoro di destinarla nuovamente alla sede di Carpaneto Piacentino.

2.- Radicatosi il contraddittorio, espletata la prova testimoniale, il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che quello in esame non fosse un trasferimento in senso tecnico, poiché l’ufficio di Carpaneto Piacentino non era un’unità produttiva autonoma, ma soltanto un’articolazione periferica della sede di Piacenza.

3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dalla F., dichiarava nullo il trasferimento e ordinava alla società di adibire la lavoratrice alle mansioni precedentemente svolte presso la sede di Carpaneto Piacentino.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) la nozione di unità produttiva adottata dal Tribunale è troppo restrittiva e non in linea con la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20600/2014; Cass. n. 20520/2019) secondo cui, in tema di trasferimento, per unità produttiva si intende “ogni articolazione autonoma dell’azienda, avente, sotto il profilo funzionale e finalistico, idoneità ad esplicare, in tutto o in parte, l’attività dell’impresa medesima, della quale costituisca una componente organizzativa, connotata da indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si possa concludere una frazione dell’attività produttiva aziendale”;

b) dalla visura della Camera di Commercio prodotta in atti nella sezione dedicata alle sedi secondarie e alle unità locali ognuna delle 15 sedi, compresa la sede di Carpaneto, ha la sua rilevanza autonoma e al pari delle altre anche quella di Carpaneto viene indicata quale ufficio amministrativo e l’attività ivi esercitata è la medesima di quella svolta nella sede legale;

c) inoltre è la stessa società ad aver qualificato il suo provvedimento come “trasferimento” e tale dichiarazione ha valore lato sensu confessorio;

d) peraltro, in primo grado la lavoratrice aveva dedotto – senza contestazioni di controparte – che nella sede di Carpaneto si svolgevano tutte le attività di assistenza fiscale, era dotata di tutti gli strumenti di lavoro necessari, di un numero di telefono specifico, di una propria organizzazione degli appuntamenti e di gestione delle pratiche, sicché sono soddisfatti i requisiti richiesti dalla Corte di Cassazione per integrare l’unità produttiva rilevante in tema di trasferimento;

e) ciò posto, come affermato dal Tribunale, ai sensi dell’art. 2103 c.c. non occorre che il provvedimento di trasferimento sia motivato;

f) le ragioni del trasferimento devono essere oggettive, ossia inerenti alla più conveniente organizzazione tecnico-produttiva dell’azienda, realizzata mediante la migliore dislocazione delle risorse umane (Cass. n. 18866/2016);

g) nel caso in esame il trasferimento è stato giustificato dalla società a “morbilità intensa e frequente”, “rendimento sotto standard”, “incapacità di gestione autonoma dell’intero spettro dei servizi promossi”;

h) è allora evidente che non si tratta di ragioni oggettive, bensì di modalità di inadempimento dell’obbligazione lavorativa, che al limite potrebbe giustificare l’esercizio del potere disciplinare;

i) in ogni caso, anche a volere accedere ad una diversa interpretazione dell’art. 2103 c.c., resta il fatto che la società non ha dato adeguata prova delle predette ragioni;

j) infatti molti testimoni si sono limitati a dichiarare che presso la sede di Carpaneto fu inviata altra dipendente, che svolge le medesime mansioni prima svolte dalla F.;

k) quanto alla deposizione della teste R., occorre considerare che l’appellante ha sporto contro di lei una denuncia-querela per falsa testimonianza, sicché di tale testimonianza occorre dubitare, anche alla luce di altri elementi, sicché la “scarsa produttività” della F. non può dirsi provata;

l) infatti la teste R. ha confermato i dati dei numeri dei 730 e delle pratiche ISEE trattati dalla sede di Carpaneto, come indicati dalla società nella sua memoria, a dimostrazione che sarebbero notevolmente aumentati dopo il trasferimento della F. alla sede di Piacenza; [la Corte dà pure atto che la teste era stata trovata in possesso di una copia della memoria difensiva della società con apposite sottolineature, nascosta sotto alcuni tabulati il giorno dell’udienza di assunzione della sua testimonianza]

m) tuttavia, in senso contrario, dal documento prodotto dalla F. si evince che molte di quelle pratiche erano state presentate e trattate presso la sede di Piacenza ma era stato inserito nel tabulato usato dalla teste R. il codice della sede di Carpaneto per gonfiarne artificiosamente i numeri;

n) dal documento prodotto dalla F. si evince che risulterebbero eseguite a Carpaneto pratiche presentate da persone che invece le avevano trattate presso la sede di Piacenza;

o) ancora, è pacifico che la sede di Carpaneto è chiusa il martedì ed invece dall’elenco analitico delle pratiche ne risulterebbero molte eseguite a Carpaneto proprio nelle giornate di martedì;

p) tutto ciò fa logicamente presumere che gli utenti si rivolgevano all’ufficio di Piacenza, ma che poi veniva inserito il codice della sede di Carpaneto per gonfiare artificiosamente il numero delle pratiche risultate così trattate presso quella sede;

q) il documento prodotto dalla F. era stato già da lei prodotto in primo grado unitamente alle note conclusive, senza opposizione della controparte; comunque è un documento indispensabile, che questa Corte dunque ammette ai sensi dell’art. 437 c.p.c.

4.- Avverso tale sentenza S.E.R. CISL srl ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

5.- F.P. ha resistito con controricorso.

6.- La ricorrente ha depositato memoria.

7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.

Considerato che

1.- Con il primo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c., la ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che le uniche ragioni che possono giustificare un trasferimento siano quelle oggettive, equivalenti a quelle che potrebbero giustificare un licenziamento per ragioni economiche, omettendo di considerare anche il trasferimento “per incompatibilità ambientale”.

Il motivo è inammissibile, perché relativo solo ad una delle autonome rationes decidendi espresse dalla Corte territoriale, che comunque si è 
spinta a valutare in concreto se la società datrice di lavoro avesse dato prova adeguata delle ragioni addotte a giustificazione del trasferimento.

Quindi, seppure il motivo fosse in ipotesi fondato, comunque non potrebbe di per sé comportare la cassazione della sentenza impugnata e, pertanto, si rivela inammissibile.

Va infatti ribadito che quando la sentenza impugnata con ricorso per cassazione sia fondata su diverse rationes decidendi, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata (Cass. n. 13880/2020), o comunque per carenza di interesse. Infatti, anche laddove fosse accolto l’unico motivo di ricorso, comunque la sentenza impugnata non potrebbe essere cassata, in quanto autonomamente e sufficientemente sostenuta dall’altra ratio decidendi non censurata.

2.- Con il secondo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c., la ricorrente lamenta l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, ossia che il contratto collettivo aziendale considera “sede unica” l’ambito provinciale, comprensivo della sede centrale e delle succursali, argomento che era stato utilizzato dal Tribunale per escludere che quello oggetto di giudizio fosse un “trasferimento” ex art. 2103 c.c.

Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.

Di tale questione non vi è traccia nella sentenza d’appello e quindi era onere della ricorrente indicare esattamente se, in quale atto processuale, in quale fase del giudizio e in quali termini l’avesse sollevata.

Inoltre, del fatto addotto manca il requisito della decisività. E’ vero che la Corte territoriale non ha proprio esaminato questo profilo; ma è altresì vero che la nozione di unità produttiva, rilevante ex art. 2103 c.c., va ricostruita non soltanto sulla base delle fonti collettive, poiché trattasi di una nozione legale, ampiamente ricostruita da questa Corte nei precedenti esattamente ricordati dai giudici d’appello.

Ne deriva che quand’anche questi ultimi avessero preso in considerazione il contratto collettivo aziendale, nondimeno sarebbero potuti pervenire alla medesima decisione di nullità del trasferimento proprio sulla base della nozione legale, rilevante ex art. 2103 c.c., di “unità produttiva” necessaria e sufficiente ai fini della configurabilità di un trasferimento.

Infine sarebbe stato onere della ricorrente produrre il contratto aziendale dal quale sarebbe evincibile questa specifica nozione di unità produttiva. Ma tale onere non è stato adempiuto, sicché questa Corte non è posta in grado di apprezzare il motivo.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.