CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 22919 depositata il 19 agosto 2024

Lavoratori dello spettacolo – Retribuzione giornaliera pensionabile – “Quota A-Quota B” – Trattamento di quiescenza spettante – Disciplina del “massimale pensionabile” – Accoglimento

Ritenuto che

Il lavoratore in epigrafe ha domandato la condanna dell’Istituto alla corresponsione del trattamento di quiescenza spettante, con esclusione peraltro alla “quota B” della pensione del limite massimo alla retribuzione giornaliera pensionabile, stabilito, per i lavoratori dello spettacolo, dall’art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420. La domanda è stata accolta dalla Corte territoriale, con conseguente accertamento dell’obbligo dell’INPS di corrispondere le differenze derivanti dal ricalcolo, nei limiti della decadenza di cui all’art. 38, comma 1, lett. d), d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011).

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per due motivi, illustrati da memoria, cui resiste il pensionato con controricorso.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.

Considerato che

Con il primo motivo di ricorso l’INPS denuncia il contrasto tra la motivazione del provvedimento impugnato (che avrebbe riferito decadenza e prescrizione tanto a quota A che B) ed il dispositivo (che avrebbe pronunciato solo su quota B), desumendosene la nullità ex 360 n. 4 c.p.c..

Il motivo è fondato, posto che, nel dispositivo, la Corte territoriale si è limitata a pronunciare sulla quota B del trattamento, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado oggetto di appello, la quale non aveva pronunciato sulle eccezioni di decadenza e prescrizione sollevata dall’Istituto; per converso, nella motivazione è esplicito il riferimento sia alla quota A che alla quota B del trattamento, in relazione alla decadenza.

Sussiste, dunque, il vizio denunciato e tanto basta per accogliere il motivo.

E‘ opportuno, peraltro, ricordare incidentalmente – con Cass. Sez. Lav., ordinanza n. 17348 del 2023 ed altre successive conformi – che questa Corte, nell’interpretare la portata della previsione di cui all’art. 47, d.P.R. n. 639 del 1970, per come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), dal d.l. n. 98/2011 (conv. con l. n. 111/2011), ha definitivamente chiarito che la decadenza triennale si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, coerentemente con la previsione dell’art. 6, d.l. n. 103/1991 (conv. con l. n. 166/1991), atteso che, dovendo il diritto a pensione considerarsi come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza (cfr., tra le numerose, Corte cost. nn. 71 del 2010, 345 del 1999, 246 del 1992 e 203 del 1985), una diversa interpretazione, che applicasse la decadenza all’intera pretesa di rideterminazione, travolgendo anche i ratei infratriennali e soprattutto futuri, sarebbe incompatibile con l’art. 38 Cost. tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardasse il nucleo essenziale della prestazione (così Cass. n. 17430 del 2021 e nn.123 e 38015 del 2022, in applicazione dei principi e delle ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 15352 del 2015).

Con il secondo motivo di ricorso (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’INPS denuncia violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 1971 e degli artt. 3 e 4 del d.lgs. n. 182 del 1997.

La Corte di merito avrebbe errato nel prospettare l’abrogazione tacita della disciplina del “massimale pensionabile”, a dispetto della compatibilità tra tale disciplina e quella posteriore, riguardante la “quota B” della pensione.

Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già affermato in numerose controversie del tutto analoghe alla presente (a partire da Cass. Sez. Lav., Sez. L – , Sentenza n. 36056 del 09/12/2022, Rv. 666198 – 01) e Sez. L – , Ordinanza n. 24245 del 09/08/2023, Rv. 668764 – 01, nonche’ ordinanze n. 17348 del 2023 e n. 27503 del 2023 e numerose altre conformi) che, in tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della quota B della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS.

La Corte territoriale, nel ritenere oramai superato, per la quota B della pensione, il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui al d.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è incorsa nell’errore di diritto denunciato dal ricorrente. La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio su esteso, va cassata e la causa va rimessa alla medesima Corte d’appello in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione.