CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 23252 depositata il 28 agosto 2024

Lavoro – Assunzione irregolare di lavoratori subordinati – Verbale redatto dall’Ispettorato territoriale del lavoro – Attività ispettive – Accertamento ispettivo e della ravvisata natura subordinata dei rapporti di lavoro – Deposizioni testimoniali acquisite in giudizio – Rigetto

Rilevato che

1. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede emessa in sede di opposizione ad ordinanza ingiunzione ex art. 22 della legge n. 689 del 1981, ha accertato l’assunzione irregolare, da parte di M.M.P.T., di 13 lavoratori subordinati, per periodi variabili da pochi giorni a diversi mesi, nel periodo tra settembre 2012 e luglio 2014, come cristallizzato nel verbale redatto dall’Ispettorato territoriale del lavoro in data 18.1.2016.

2. La Corte territoriale – premesso il rispetto del termine previsto dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981, considerata la complessità delle attività ispettive che si sono compendiate nell’audizione di numerosi lavoratori e nell’acquisizione di notevole documentazione – ha (sulla scorta della prova testimoniale assunta e di tutta la documentazione acquisita dall’Ispettorato del lavoro) ritenuto ricorrenti gli indici sussidiari della subordinazione per tutti i 13 lavoratori assunti.

3. Per la cassazione di tale sentenza il P.T. ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria.

L’Ispettorato resiste con controricorso.

4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 14 della legge n. 689 del 1981 nonché 24 e 97 Cost. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, computato il termine di 90 giorni per contestare l’addebito e per inoltrare il verbale di accertamento ispettivo dal momento (17.12.2015) in cui il Curatore del fallimento M. s.r.l. ha tramesso all’Ispettorato del lavoro una notevole quantità di documenti, senza considerare che detti documenti erano stati richiesti solamente l’11.12.2015 ossia un anno e mezzo dopo l’avvio dell’indagine ispettiva e che se erano effettivamente indispensabili l’Ispettorato avrebbe dovuto richiederli all’inizio dell’indagine ispettiva (e non dopo l’audizione dei dipendenti e collaboratori della M.), con conseguente pregiudizio per il P. posto che la Corte territoriale ha ritenuto scarsamente attendibile la dichiarazione del teste G.N. in quanto resa a distanza di anni dai fatti.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115, 246 c.p.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, invertito l’onere della prova (incombente sull’Ispettorato del lavoro) e basato la decisione esclusivamente sulle dichiarazioni “rese dalle 53 persone sentite dagli Ispettori nel corso degli accertamenti”, dichiarazioni da ritenere inutilizzabili in quanto configurano una situazione di incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

3.1. Questa Corte ha ripetutamente affermato che il termine dei 90 giorni di cui all’art. 14 della legge n. 689 del 1981 comincia a decorrere non dalla violazione – dalla quale decorre solo il termine di prescrizione di cui all’art. 28 della legge n. 689/1981 – ma dal momento in cui il quadro complessivo sia apprezzabile in termini di illecito all’esito degli accertamenti compiuti (cfr. da ultimo, Cass. nn. 8459 e 15703 del 2024) e che tale valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sededi legittimità ove congruamente motivata (Cass. n. 27702 del 2019 citata dalla sentenza impugnata, nonché, fra le tante, Cass. n. 27405 del 2019, Cass. nn. 8459 e 11111 del 2024).

3.2. Nel caso di specie, deve ritenersi congrua la motivazione resa dalla Corte territoriale, nella parte in cui ha considerato rilevante l’audizione di numerose persone (oltre 50) nonché la documentazione richiesta (e fornita) dal curatore del fallimento al fine di valutare oltre 50 rapporti di lavoro, di durata variabile da pochi giorni a diversi mesi, collocati in un arco temporale di quasi due anni, e, dunque, ragionevole la durata di complessivi 17 mesi dell’accertamento (a decorrere dal primo accesso ispettivo del 23.7.2014).

4. Il secondo motivo di ricorso non è fondato.

4.1. La violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 18092 del 2020);

nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, interamente gravante su chi intendeva avvalersi dell’accertamento ispettivo e della ravvisata natura subordinata dei rapporti di lavoro (come espressamente ricordato dalla stessa sentenza impugnata a pag. 7).

4.2. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, i verbali ispettivi (con riferimento agli aspetti non coperti da efficacia probatoria privilegiata), costituiscono elemento di prova, che il giudice deve valutare in concorso con gli altri elementi e che può disattendere solo in caso di motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio (Cass. n. 14965 del 2012).

4.3. In particolare, è stato affermato i verbali redatti dall’Ispettorato del Lavoro o dai funzionari degli enti di previdenza ed assistenza, in tema di comunicazioni dell’instaurazione di rapporti di lavoro e di omesso versamento di contributi, fanno fede sino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta che siano avvenuti in sua presenza o che siano stati da lui compiuti (v., tra le molte, Cass. n. 20019 del 2018; in motiv., Cass. n. 8946 del 2020), mentre in ordine alle altre circostanze di fatto (id est: in ordine a circostanze diverse da quelle che i verbalizzanti attestano avvenute in loro presenza o da loro compiute) che i verbalizzanti segnalano di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese o de relato o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito e, in tal caso, il materiale raccolto dai verbalizzanti deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia “il conto da farne” ai fini della prova (Cass. n. 8946 del 2020 cit.), possedendo – detti verbali – un’attendibilità che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Cass. S.U. n. n. 916 del 1996; conf. Cass. n. 14965 del 2012, Cass. n. n.28286 del 2019, in motivazione; Cass. n. 24388 del 2022).

4.4. La Corte territoriale si è conformata ai principi di diritto innanzi richiamati ed ha precisato, utilizzando il suo prudente apprezzamento, che le dichiarazioni rilasciate dai 53 lavoratori sentiti (alcuni assunti con regolare contratto, altri assunti “in nero” ed oggetto dell’ispezione) nel corso dell’accertamento ispettivo erano circostanziate e complete e sostanzialmente non smentite dalle deposizioni testimoniali acquisite in giudizio.

4.5. Infine, l’incapacità a testimoniare, di cui all’art. 246 c.p.c., attiene ad eccezione che può essere sollevata, nel corso del giudizio, con riguardo a persone incluse nelle liste testimoniali, e, dunque, è estranea a situazioni extragiudiziali (come le audizioni nel corso delle ispezioni degli enti ministeriali o previdenziali);

in ogni caso, questa Corte ha affermato che nell’ambito del giudizio (in specie, all’interno di un giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione emessa dall’Ispettorato provinciale del lavoro per omissioni contributive), il lavoratore non è portatore di un interesse che lo legittimi a proporre l’azione e neppure ad intervenire in giudizio, e pertanto non è incapace a testimoniare, onde la sua testimonianza potrà, se del caso, essere valutata dal giudice anche sotto il profilo dell’attendibilità (Cass. n. 15745 del 2003. Cass. n. 3051 del 08/02/2011).

5. In conclusione, il ricorso va rigettato; le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

6. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.