CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 23425 depositata il 30 agosto 2024

Lavoro – Diritto ottenimento dal Fondo di garanzia ultime tre mensilità retribuzione maturate – Mancata notifica regolare ricorso introduttivo del giudizio entro il termine – Rigetto

Rilevato in fatto

che, con sentenza depositata il 28.11.2022, la Corte d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato decaduto Z.K. dal diritto di ottenere dal Fondo di garanzia le ultime tre mensilità della retribuzione maturate e non corrisposte dal datore di lavoro, ritenendo inidoneo a impedire la decadenza un precedente giudizio introdotto dal ricorrente e conclusosi con declaratoria d’improcedibilità;

che, con successiva sentenza depositata il 9.12.2022, i medesimi giudici territoriali hanno confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato improcedibile il precedente ricorso proposto da Z.K. nei confronti dell’INPS, sul presupposto che egli non avesse provveduto a notificare regolarmente il ricorso introduttivo del giudizio nel termine perentorio all’uopo concessogli; che avverso le anzidette pronunce Z.K. ha proposto due distinti ricorsi per cassazione, chiedendone la riunione;

che l’INPS, rimasto intimato nel primo dei due giudizi, si è costituito con controricorso nel secondo, illustrando successivamente con memoria la propria difesa;

che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 27.3.2024, il Collegio ha dapprima provveduto alla riunione dei procedimenti e indi ha deciso i ricorsi, riservando il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380-bis.1, comma 2°, c.p.c.);

Considerato in diritto 

che le doglianze sollevate contro la seconda delle decisioni dianzi menzionate, proposte con il ricorso n. R.G. 529/2023, vanno esaminate preliminarmente, in considerazione della loro valenza pregiudiziale; che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 44, d.l. n. 269/2003, per avere la Corte di merito ritenuto che la notifica del ricorso introduttivo di prime cure dovesse essere effettuata presso la sede provinciale dell’INPS di Altamura;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 291 e 153 c.p.c. per non avere la Corte territoriale considerato che, essendo stata la rinnovazione della notifica disposta non già per erroneità del luogo di notificazione, ma perché alla notifica stessa si era provveduto in via telematica in epoca anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di legge che ciò autorizzano, non poteva essergli imputato alcun errore nell’aver provveduto alla notifica presso la medesima sede già individuata con la prima notificazione, di talché, una volta rilevata l’invalidità della seconda notifica, avrebbe dovuto essergli concesso un ulteriore termine per provvedervi;

che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione dell’intima connessione delle censure, e sono infondati;

che, al riguardo, va premesso che la notifica degli atti introduttivi del giudizio di cognizione nei confronti dell’INPS dev’essere effettuata presso le sedi provinciali dell’ente, giusta il disposto dell’art. 14, comma 1-bis, d.l. n. 669/1996 (conv. con l. n. 30/1997), come modificato dall’art. 44, comma 3, d.l. n. 269/2003 (conv. con l. n. 326/2003), solo per ciò che riguarda gli atti introduttivi dei procedimenti incidentali di cognizione occasionati dal processo di esecuzione, dovendo nelle altre ipotesi farsi applicazione delle regole ordinarie del codice di rito (così Cass. n. 24048 del 2022);

che, incontroverso essendo che la prima notificazione del ricorso introduttivo del giudizio fosse invalida perché effettuata in forma telematica in epoca anteriore all’introduzione delle norme relative al processo civile telematico, non può esservi dubbio che anche la seconda fosse invalida, non essendo stata effettuata presso la sede legale dell’INPS in Roma (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata);

che, una volta disposta la rinnovazione e concesso un termine perentorio ai sensi dell’art. 291 c.p.c., è preclusa al giudice la possibilità di assegnazione di un secondo termine per la notifica, stante la perentorietà di quello già concesso, salvo che la parte abbia tempestivamente espletato l’adempimento posto a suo carico e l’esito negativo del procedimento notificatorio sia dipeso da causa alla medesima non imputabile (così da ult. Cass. n. 9541 del 2023);

che – diversamente da quanto assunto da parte ricorrente –la non imputabilità della causa non può dipendere dalla circostanza che il giudice di primo grado si fosse limitato ad ordinare la rinnovazione della notifica siccome indebitamente effettuata per via telematica, senza nulla dire circa il luogo in cui dovesse essere effettuata, giacché il luogo della notificazione è individuato direttamente dalla legge (nella specie, dall’art. 145 c.p.c.) e ignorantia iuris non excusat;

che, dovendo pertanto ritenersi la sentenza impugnata abbia correttamente confermato la statuizione di improcedibilità resa in prime cure, debbono essere scrutinate le doglianze proposte con il ricorso n. 1820/2023 avverso la prima delle sentenze menzionate nello storico di lite; che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 47, d.P.R. n. 639/1970, e degli artt. 2964, 2966 e 2967 c.c. per non avere la Corte di merito ritenuto che la prima domanda giudiziale, poi conclusasi con declaratoria d’improcedibilità del giudizio, avesse comunque definitivamente impedito la decadenza, consentendo l’esame del merito;

che al riguardo mette conto ricordare che è consolidato il principio di diritto secondo cui la domanda giudiziale deve considerarsi idonea ad impedire la decadenza di un diritto non in quanto manifestazione di volontà sostanziale, ma in quanto atto d’impulso di un rapporto processuale volto ad ottenere l’effettivo intervento del giudice, di talché l’esercizio dell’azione giudiziaria non vale a sottrarre il diritto alla decadenza qualora il rapporto processuale venga meno senza che si pervenga alla decisione di merito (cfr. in tal senso Cass. nn. 1090 del 2007 e 26309 del 2017);

che l’anzidetto principio, enunciato in fattispecie in cui il giudizio si era estinto per inattività delle parti, deve senz’altro applicarsi anche nel caso che il rapporto processuale sia venuto meno – come nella specie – per una causa d’improcedibilità, trattandosi anche in questo caso di pronuncia in rito e non di merito;

che, diversamente argomentando, si verrebbe surrettiziamente ad estendere alla fattispecie della decadenza la disciplina dell’effetto interruttivo della prescrizione ad opera della domanda giudiziale, in contrasto con la previsione di cui all’art. 2964 c.c.; che entrambi i ricorsi, pertanto, vanno conclusivamente rigettati, nulla statuendosi sulle spese di lite ex art. 152 att. c.p.c.;

che, in considerazione del rigetto dei ricorsi, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per ciascun ricorso;

P.Q.M.

 Provvedendo sui ricorsi riuniti nn. 529/2023 e 1820/2023, li rigetta entrambi.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.