CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 23993 depositata il 6 settembre 2024
Lavoro – Passaggio da tempo determinato a tempo indeterminato – Nuovo accordo aziendale – Clausola decadenziale negoziale – Pagamento di differenze retributive – Indennità di trasferta – Festività non goduta – Rigetto – in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza
Rilevato che
1. S.D.I., dipendente dapprima a tempo determinato e poi, dal 19.10.2009, a tempo indeterminato della A.M.A. spa con mansioni di autista, adiva il Tribunale di Trento al fine di ottenere il pagamento di differenze retributive, a titolo di lavoro straordinario, indennità di trasferta e per una festività non goduta.
2. Nel contraddittorio delle parti e all’esito della espletata istruttoria, l’adito Tribunale condannava la società al pagamento della somma di euro 15.317,56, a titolo di straordinario e trasferte; di euro 69,66 per una festività non retribuita dell’1.11.2011 e di euro 37.512,07, a titolo di trasferte (tale ultimo importo oggetto di rinuncia da parte del lavoratore perché non richiesto in ricorso).
3. La Corte di appello di Trento, sui gravami proposti da entrambe le parti, in parziale riforma della pronuncia di prime cure rideterminava il credito del lavoratore in euro 14.818,00 a titolo di differenze retributive per il periodo 1.5.2011 – 31.1.2014, oltre accessori.
4. I giudici di seconde cure, per quello che interessa in questa sede, rilevavano che:
a) la clausola di decadenza negoziale semestrale dal diritto ad agire, previsto dalla contrattazione integrativa aziendale, doveva considerarsi nulla perché in contrasto con la norma imperativa dell’art. 2113 cc;
b) il suddetto termine di decadenza comunque non avrebbe potuto trovare applicazione perché in contrasto con la legge n. 92 del 2012 che aveva previsto una nuova modulazione della prescrizione, incidente anche in materia di decadenza negoziale del diritto di fare valere crediti di lavoro relativi a rapporti garantiti con la tutela reale e perché il contratto collettivo che la prevedeva non era richiamato nel contratto individuale di lavoro stipulato tra le parti;
c) per tale ultima ragione, fino all’1.5.2011, decorrenza del nuovo accordo aziendale, la domanda di rideterminazione non poteva essere accolta perché doveva aversi riguardo al contratto aziendale del 2001; dall’1.5.2011, non avendo il lavoratore e la sua organizzazione sindacale firmato il nuovo accordo aziendale, le differenze retributive andavano calcolate nella misura prevista dalla contrattazione collettiva e quantificate come dalla consulenza tecnica di ufficio espletata;
d) dall’esame dell’art. 61 commi 1 e 2 del CCNL, la volontà negoziale delle parti risultava essere quella di circoscrivere la base di calcolo delle mensilità aggiuntive a quella definita dal primo comma dello stesso articolo, escludendo ogni altro elemento o indennità correlata a caratteristiche specifiche della prestazione.
5. Avverso tale sentenza M.A. spa proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi; resisteva con controricorso l’intimato che presentava, in via subordinata, ricorso incidentale sulla base di due motivi cui resisteva a sua volta con controricorso la società.
6. Il controricorrente ha depositato memoria.
7. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Considerato che
1. I motivi possono così essere sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, dell’art. 2113 cc, la falsa applicazione di norme di diritto e l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La società obietta che la Corte territoriale, in sostanza, erroneamente non aveva considerato che la clausola decadenziale negoziale era inserita in un contratto collettivo, così incorrendo nella falsa applicazione dell’art. 2113 cc che si riferisce unicamente alle rinunce e transazioni poste in essere individualmente dal lavoratore che, per essere valide, devono intervenire in precise sedi protette;
specifica, poi, che la norma codicistica non indica il contratto collettivo nazionale di lavoro ma tutti gli accordi collettivi e tali vanno qualificati anche gli accordi di secondo livello come quelli aziendali che integrano il disposto nazionale e che, nel contratto individuale di lavoro, era espressamente richiamato il disposto di cui all’art. 11 co. 10 del CCNL Autotrasporto ove era previsto il termine decadenziale di sei mesi corrente anche in costanza di rapporto di lavoro; deduce, inoltre, che il regime di tutela reale previsto dall’art. 18 legge n. 300 del 1970, nella versione anteriore alla legge Fornero, era applicabile a tutti i rapporti instaurati precedentemente all’entrata in vigore di detta legge e che l’eliminazione della tutela reale operata dalla riforma Fornero non avrebbe comunque avuto effetto sulle decadenze maturate alla data della sua entrata in vigore; evidenzia, infine, che anche con l’entrata in vigore della legge Fornero, per i rapporti di lavoro garantiti dal regime di tutela reale, la decorrenza del termine prescrizionale doveva ritenersi avvenire in costanza di rapporto.
3. Con il secondo motivo del ricorso principale si censura la violazione e falsa applicazione del CCNL Autotrasporto, dei contratti aziendali 13.4.2001 e 26.4.2011, la falsa applicazione di norme di diritto nonché l’omesso e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere errato la Corte di appello nel non avere ritenuto applicabile il nuovo contratto aziendale del 2011 in quanto, a differenza del precedente, non era stato sottoscritto dal lavoratore o dalla associazione sindacale alla quale lo stesso era iscritto; si sostiene che nel 2011, essendo intervenuto un mero rinnovo della contrattazione di secondo grado, che sostituiva integralmente la precedente, automaticamente si era determinata una sostituzione del richiamo operato nel contratto individuale di lavoro.
4. Con il primo motivo del ricorso incidentale, proposto in via subordinata, si sostiene la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 co. 9 CCNL Autotrasporto, nonché la violazione degli artt. 1362 cc, per avere ritenuto la Corte territoriale che la sottoscrizione del contratto individuale del lavoro fosse forma equipollente, agli effetti dell’efficacia, alla sottoscrizione del contratto integrativo del 2001.
5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, proposto sempre in via subordinata, si eccepisce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, rappresentato da una non corretta lettura, da parte della Corte territoriale, dei documenti allegati al ricorso.
6. Il primo motivo del ricorso principale presenta profili di improcedibilità, inammissibilità e di infondatezza.
7. In primo luogo, vanno dichiarate improcedibili tutte le doglianze che coinvolgono il disposto di cui all’art. 11 co. 10 del CCNL Autotrasporto, che prevede il termine di decadenza negoziale di sei mesi, decorrente anche in costanza di rapporto di lavoro, per fare valere differenze retributive, perché non è stato prodotto il testo integrale del CCNL onde verificare, attraverso una lettura coordinata di tutte le clausole, anche se fossero necessari, come sostiene il controricorrente, ulteriori presupposti di operatività della disposizione (sottoscrizione per adesione dei lavoratori): invero, come allegato n. 4 al ricorso per cassazione risulta prodotto solo un estratto del CCNL e non è stata indicata, dalla ricorrente, la allocazione esatta del documento nella produzione dei precedenti gradi di merito.
8. Va ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (Cass. n. 8569/2013; Cass. n. 15437/2014).
9. In secondo luogo, il motivo di impugnazione difetta di specificità perché non risultano prodotti gli accordi aziendali né è stato riportato il testo delle clausole onde potere valutare i denunciati errori in cui sarebbe incorsa la Corte di merito; né risulta trascritta la parte del contratto di lavoro individuale che richiama il contratto aziendale onde verificare la consistenza del richiamo ivi previsto.
10. In terzo luogo, in punto di diritto, la gravata sentenza è in linea, sulla nullità della decadenza negoziale prevista dalla contrattazione collettiva in contrasto con quanto statuito dalla norma imperativa di cui all’art. 2113 cod. civ., con i precedenti di questa Corte (Cass. n. 829/1986 e Cass n. 21617/2018), peraltro già richiamati dai giudici di seconde cure a fondamento della loro decisione, e dai quali, in assenza di valide ragioni, non vi è motivo per discostarsene.
11. In quarto ed ultimo luogo, sempre in punto di diritto, la decisione della Corte territoriale è conforme ai principi di legittimità di recente affermati (Cass. n. 26246/2022) secondo cui il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro: nel caso in esame, in ossequio a tale principio, sono stati riconosciuti tutti i crediti per i quali la prescrizione non era stata già maturata alla data del 18 luglio 2012 e per i quali il pagamento era stato chiesto in data 3.7.2015 in costanza di rapporto.
12. Il secondo motivo presenta anche esso profili di inammissibilità e di infondatezza.
13. E’ inammissibile perché, come già detto, non essendo stato riportato, nell’articolazione della censura, il contenuto delle clausole dell’accordo del 2011 nonché il testo del contratto individuale di lavoro, non è assolutamente consentito a questa Corte di valutare la fondatezza delle argomentazioni delle doglianze che si basano su documenti non conosciuti in sede di legittimità.
14. E’, poi, infondato perché le statuizioni della Corte di appello, in diritto, sono in linea con il precedente di questa Corte (Cass. n. 31201/2021) secondo cui i contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, condividono con essa l’esplicito dissenso dall’accordo, potendo eventualmente essere vincolati da un accordo sindacale separato: nel caso in esame, è incontestato che l’organizzazione sindacale dello I. non aveva aderito al contratto aziendale del 2011 né il lavoratore, in quanto interessato, lo aveva sottoscritto autonomamente; anzi risulta avere richiesto l’applicazione del regime retributivo previsto dalla contrattazione collettiva nazionale.
15. Alla stregua di quanto esposto il ricorso principale deve essere rigettato.
16. Il rigetto dei motivi del ricorso principale determina l’assorbimento dell’esame dei motivi del ricorso incidentale proposti solo in via subordinata.
17. Segue la condanna della ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
18. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della sola ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.