CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 25419 depositata il 23 settembre 2024
Lavoro – Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Riconoscimento diritto incarico dirigenziale di prima fascia – Differenze retributive – Risarcimento danno da demansionamento – Rigetto
Rilevato che
1. con sentenza dell’8 aprile 2019, la Corte d’appello di Perugia confermava la decisione resa dal locale Tribunale e rigettava la domanda proposta da A.F.C. nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, alle cui dipendenze aveva prestato servizio con l’inquadramento di dirigente superiore, ed avente ad oggetto il riconoscimento del diritto: i) al conferimento dell’incarico dirigenziale di prima fascia (direttore di compartimento doganale) ai sensi del d.m. 21 novembre 1997 a decorrere dal 22.2.2001 e fino al 30.11.2007 e ii) al risarcimento del danno patito, pari alla differenza di retribuzione di posizione e risultato tra quanto percepito a quanto spettante in base dell’incarico (non attribuito) di direttore di compartimento nonché iii) al risarcimento del danno da demansionamento;
2. la Corte territoriale rilevava che la domanda di risarcimento del danno da ritardo procedimentale in relazione all’iter della procedura concorsuale per la nomina del direttore di compartimento, fondata sull’art. 2 bis della legge n. 241/1990 era da ritenersi nuova e, come tale, inammissibile ex art. 437 cod. proc. civ.;
3. per il resto, la Corte di merito, fissato il riferimento cronologico per l’applicabilità della disciplina nella data (22.2.2001) di conferimento dell’incarico di dirigente (di seconda fascia) della Circoscrizione doganale di Pisa, incarico dal C. ritenuto inadeguato, ha osservato che non era all’epoca già più vigente l’art. 1 comma 1 del d.P.R. 30.6.1972, n. 748, che suddivideva i dirigenti in generali, superiori e primi dirigenti, essendo la disposizione rimasta abrogata dall’art. 74 del d.lgs. n 29/1993, come modificato dal d.lgs. n. 80/1998, il quale aveva istituito il ruolo unico dei dirigenti novellando gli artt. 15 e 23 d.lgs. n. 29, cit.; conseguentemente, anche l’art. 13 d.lgs. 26.4.1990 n. 105, il quale stabiliva che «Alla direzione compartimentale è preposto un funzionario con qualifica di dirigente superiore», era stato abrogato per incompatibilità (art. 15 prel. cod. civ.), mancando la categoria dei dirigenti superiori alla data del 22.2.2001;
4. né valeva, a favore del C., invocare l’art. 25 comma 1 d.lgs. n. 29/1993 che, con disposizione transitoria (peraltro già abrogata il 22.2.2001, giusta art. 43 d.lgs. n. 80/1998), stabiliva una precedente collocazione nel (nuovo) ruolo unico della dirigenza degli ex-dirigenti superiori sugli ex-primi dirigenti, posto che l’art. 19 d.lgs. n. 29/1993 (e, analogamente, l’art. 19 d.lgs. n. 165/2001) prevedeva comunque che gli incarichi dirigenziali fossero attribuiti per merito («attitudini e capacità professionali») e non per anzianità in ruolo e/o per le ex qualifiche a suo tempo rivestite;
5. non v’erano, infine, ragioni per derogare ex art. 92 cod. proc. civ. alla regola della soccombenza nella regolamentazione delle spese di lite;
3. per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a sette motivi assistiti da memoria, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Considerato che
1. con il primo motivo si denuncia (art. 360 nn. 3-4 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 437 comma 2 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112 e 113 cod. proc. civ.; l’allegazione delle le «lungaggini della procedura concorsuale» ‒ i.e., approvazione graduatoria il 7.8.2000 ad oltre sette anni di distanza dall’indizione del concorso per posti di dirigente superiore disponibili al 30.6.1992‒ che avevano precluso al ricorrente la possibilità di conseguire un incarico confacente alla qualifica di dirigente superiore era stata una “precisazione” del medesimo fatto costitutivo dell’originaria azione risarcitoria, rimasta immutata in appello, che tendeva a far valere il “danno da ritardo procedimentale”;
1.1 il motivo è inammissibile per difetto di specificità e comunque infondato, non riportando alcun passaggio del ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. atto a desumere che la domanda di risarcimento fosse stata effettivamente ancorata al ritardo procedimentale e non, come ritenuto dai giudici di seconde cure, alla violazione dell’art. 13 comma 1 del d.lgs. n. 101/1990 (ndr art. 13 comma 1 del d.lgs. n. 105/1990) e dell’art. 25 comma 1 del d.lgs. n. 29/1993; anzi, i brani del ricorso riportati non contengono affatto una deduzione in merito al danno da ritardo procedimentale e la “precisazione” (come definita dal ricorrente nel ricorso per cassazione) si atteggia piuttosto, e più correttamente, come domanda nuova, come affermato dalla Corte di merito; esente da censure si appalesa in parte qua la sentenza impugnata;
2. con il secondo mezzo si denuncia l’omesso esame (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) dei modi e tempi della procedura concorsuale vinta dal ricorrente quale fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 11 comma 5 d.P.R. n. 487/1994 e agli artt. 2, 2 bis e 4 legge n. 241/1990; l’erronea dichiarazione di inammissibilità del primo motivo d’appello aveva determinato l’omessa valutazione di fatti decisivi e, segnatamente, del ritardo nella conclusione dell’iter concorsuale che aveva esposto il ricorrente «a rischi temporali per eventuali modifiche normative»;
2.1 il motivo resta assorbito, stante l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del precedente motivo cui è logicamente subordinato;
3. con la terza critica si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 105/1990 e del d.lgs. n. 29/1993, come modif. dal d.lgs. n. 80/1998, anche in relazione all’art. 15 delle preleggi; il giudice d’appello, parlando di abrogazione per incompatibilità dell’art. 13 d.lgs. n. 105, cit., al momento dell’attribuzione dell’incarico di direttore di circoscrizione doganale (22.2.2001), non si era avveduto che tale decreto riguardava specificamente l’organizzazione dell’amministrazione doganale, sicchè, quale norma speciale, non poteva essere abrogata dalla successiva norma generale costituita dal d.lgs. n. 29/1993 e dal d.lgs. n. 80/1998 che disciplinavano l’intero comparto delle amministrazioni statali, e di ciò era prova il fatto che l’art. 13 d.lgs. n. 105 veniva espressamente abrogato solo successivamente con il d.P.R. 26.3.2001 n. 107;
3.1 il motivo non è fondato;
essendo rimasto incontestato fra le parti che la valutazione in ordine all’applicabilità della disciplina debba essere fatta alla data dell’attribuzione dell’incarico di dirigente della circoscrizione doganale di Pisa, orbene, a quella data (i.e., 22.2.2001) era stato già soppresso il d.P.R. 30.6.1972, n. 748, che articolava le qualifiche dirigenziali su tre livelli, in quanto abrogato dall’art. 74 comma 2 d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 43 d.lgs. n. 80/1998 (decreto, quest’ultimo, che, novellando gli artt. 15 e 23 d.lgs. n. 29/1993 aveva previsto il ruolo unico della dirigenza);
in particolare l’art. 74 comma 2 d.lgs. n. 29/1993, come modificato dall’art. 43 d.lgs. n. 80/1998 così dispone: «Il comma 2 dell’articolo 74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è sostituito dal seguente: “2. Sono abrogate le disposizioni del capo I, titolo I, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, l’articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72, il decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto”»; non vale invocare, come fa la difesa del ricorrente, l’art. 25 comma 1 d.lgs. n. 29/1993, a tenore del quale «Le qualifiche di primo dirigente e di dirigente superiore sono conservate ad personam fino all’adozione dei provvedimenti di attribuzione della qualifica di dirigente prevista dall’art. 22.
Nel nuovo ruolo il personale dell’ex qualifica di dirigente superiore precede quello dell’ex qualifica di primo dirigente secondo l’ordine di iscrizione nei ruoli di provenienza», trattandosi di disposizione a sua volta abrogata, alla data del 22.2.2001, dal citato art. 43, comma 1, d.lgs. n. 80/1998, secondo cui «Sono abrogati gli articoli 5, 8, 20, commi 9, 10 e 11, 22, 25, commi 1 e 3, 27, comma 2, 30, 32, 40, 41, 42, 43, 44, 45, comma 2, 53, comma 2, 57, 62, 72, commi 2 e 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e ogni altra disposizione incompatibile con quelle del presente decreto» ;in definitiva, la normativa di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 105/1990, prima ancora della formale abrogazione di tutto tale decreto da parte del d.P.R. n. 107/2001 era di fatto superata già dall’istituzione del ruolo unico dirigenziale di cui al d.lgs. n. 29/1993; e, per effetto di tale istituzione, il C. è stato inquadrato come dirigente superiore con retrodatazione dall’1/7/1992;
sicché nessuna norma autorizzava all’epoca (i.e., 22.2.2001) la deroga ai principi e criteri fissati dall’art. 19 d.lgs. n. 29/93 e poi dall’art. 19 d.lgs. n. 165/01 per l’attribuzione degli incarichi dirigenziali fondati, come bene rimarca la Corte di merito, sulle sole «attitudini e capacità professionali del singolo dirigente» il cui corretto apprezzamento non è stato qui revocato in dubbio dal ricorrente;
4. con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), in ordine alla disponibilità di posti banditi a concorso di dirigente superiore per il dipartimento delle dogane ed al diritto al conferimento dell’incarico di direttore di compartimento; l’erroneo convincimento in ordine all’abrogazione dell’art. 13 d.lgs. n. 105/1990 (intervenuta solo in data 10.4.2001 con l’art. 23 del d.P.R. n. 107/2001) aveva indotto il giudice d’appello a non valutare il fatto decisivo che, alla data del 22.2.2001, v’erano solo cinque funzionari con qualifica di dirigente superiore a fronte di sette sedi di direzione compartimentale che furono inopinatamente assegnati a funzionari con qualifica di primo dirigente;
4.1 il motivo resta assorbito, stante (come si è detto) l’avvenuta abrogazione alla data del 22.2.2001 ‒ per incompatibilità con la disciplina sopravvenuta ‒ dell’art. 13 comma 1 d.lgs. n. 105/1990 laddove prevede che «Alla direzione compartimentale è preposto un funzionario con qualifica di dirigente superiore»;
5. con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1336 cod. civ., in relazione all’art. 1218 cod. civ., nonché degli artt. 1358 e 1360 cod. civ.; secondo il ricorrente, la pubblicazione del bando equivale a un’offerta al pubblico che obbliga la P.A. a conferire al vincitore il posto messo a concorso, diritto «non espropriabile per effetto di diversa disposizione generale e successiva che introduca il ruolo unico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato»;
5.1 il motivo è, prima ancora che infondato, inammissibile per carenza di specificità in quanto non riporta, neanche nei passaggi salienti, il bando di concorso del cui inadempimento si discute; in ogni caso, a prescindere dal fatto che il bando era per il posto di dirigente superiore, concretamente assegnato, e non per un posto specifico di direttore di compartimento doganale, questa Corte ha già affermato il principio secondo cui «nel pubblico impiego contrattualizzato, il diritto soggettivo del vincitore del pubblico concorso è pur sempre subordinato alla permanenza, all’atto del provvedimento di nomina, dell’assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando era stato emesso, sicché, in ipotesi di “ius superveniens”, la P.A. ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di personale, come valutate prima della modifica del quadro normativo» (Cass. n. 30238/2017);
6. con il sesto mezzo si deduce violazione dell’art. 1 d.m.10710/VII/AGP del 24.11.1997 e degli artt. 37 e 38 c.c.n.l. personale dirigente del 9.1.1997 (retribuzione di posizione) nonché dell’art. 44 del c.c.n.l. del personale dirigente del 5.4.2001 (retribuzione di risultato), in relazione agli artt. 2094 e 2099 cod. civ.; la sentenza impugnata aveva ritenuto assorbito il motivo d’appello in ordine «alla genericità degli elementi di quantificazione del danno allegati dal ricorrente»; senonché, sussistendo il diritto al conferimento dell’incarico dirigenziale di primo livello (direzione compartimentale doganale), al ricorrente doveva riconoscersi il risarcimento del danno, se del caso con statuizione generica di condanna al pagamento delle rivendicate differenze salariali;
6.1 il motivo, che tiene a presupposto logico l’esistenza di un diritto al conferimento dell’incarico di direzione compartimentale, negato dal giudice d’appello, resta assorbito;
7. con il settimo, e ultimo, mezzo si lamenta violazione dell’art. 92 comma 2 cod. proc civ., in relazione a Corte cost. n. 77/2018, avendo il giudice d’appello ritenuto non sussistenti i presupposti per la compensazione delle spese di lite (novità della questione o mutamento di giurisprudenza su questioni dirimenti), qui però configurabili per effetto della sopravvenienza di norme che avevano, con la soppressione del ruolo di dirigente superiore, consentito alla P.A. di disattendere le pretese attoree;
7.1 il motivo è inammissibile;
in generale, in tema di responsabilità delle parti per le spese di giudizio (Capo IV del Titolo III del Libro Primo del codice di rito), si rammenta che la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, cod. proc. civ., in questa sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (ex multis: Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del 2020) e che la compensazione delle spese processuali, di cui all’art. 92 cod. proc. civ., costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008), il quale non è tenuto a dare ragione, con espressa motivazione, del mancato uso di tale sua facoltà (Cass. n. 36668 del 2022; Cass. n. 34427 del 2021; cfr. altresì Cass., Sez. U., 15 luglio 2005, n. 14989);
8. in conclusione, il ricorso dev’essere nel suo complesso rigettato, con aggravio per il ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.