CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 25734 depositata il 26 settembre 2024
Lavoro – Proroga illegittima contratti a termine – Riconoscimento solo risarcimento danno – Obbligo di assunzione mediante pubblico concorso per enti regionali – Richiesta titolo di studio superiore – Rigetto
Rilevato che
1. la Corte di appello di Messina, con sentenza n. 1240 del 2016 dichiarò illegittima la proroga dei contratti a termine stipulati da A.S. con l’E.A.F.M., poiché avvenuta in violazione del comma 4 bis dell’art. 5 del D.lvo 368/2001, e riconobbe, per quanto qui rileva, il solo risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 32 l. 183/2012 ;
2. La corte negò la costituzione tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sul presupposto della applicabilità all’E.A.F.M. dell’art. 3, L.R. n. 12 del 1991, richiamato dall’art. 49, L.R. n. 15 del 2004 che prevedono, per gli enti regionali, l’obbligo di assunzione mediante pubblico concorso per l’accesso ai posti per cui è richiesto un titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo, con conseguente preclusione della possibilità di conversione dei rapporti a termine in un rapporto a tempo indeterminato;
3. Avverso tale sentenza la sig.ra S. ha proposto un primo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, mentre l’E.A.F.M. è rimasto intimato.
4. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 688/2019, ha cassato la sentenza ravvisando la violazione del cit. art. 49, L.R. n. 15 del 2004, per avere la Corte di merito ritenuto applicabile detta disposizione all’E.A.F.M., con conseguente obbligo di procedura concorsuale pubblica ai fini dell’assunzione, senza dare atto delle caratteristiche normativamente richieste ai fini dell’applicazione della norma, l’essere cioè l’ente pubblico in oggetto dipendente dall’amministrazione regionale o comunque sottoposto a controllo, tutela e vigilanza della stessa, così incorrendo nel vizio di violazione di legge sotto il profilo di erronea sussunzione nella fattispecie legale.
La Corte di Appello di Palermo, in sede di giudizio di rinvio, nella contumacia dell’E.A.F.M., con sentenza n. 980/2020, ha integrato la motivazione della Corte di appello di Messina, alla luce dei principi enunciati da questa corte, ravvisando i presupposti di applicabilità dell’art. 3 della l. 92/1991(richiamato dall’art. 49 I. reg. 15/2004), che dispone la regola dell’assunzione mediante pubblici concorsi.
5. La Corte Palermitana, ha evidenziato, in particolare, per quanto qui rileva, che, dall’analisi della documentazione relativa all’ente appare significativa l’ingerenza dell’Autorità Regionale sulla vita dell’Ente tanto nel momento genetico dell’approvazione dello statuto, che durante la gestione dello stesso attraverso l’organo di controllo contabile, che, ancora, il momento estintivo, è regolato da decisioni assunte dalla Giunta regionale e da un’attività di supervisione affidata all’Assessore competente attraverso la designazione dell’organo liquidatore.
6. Avverso la decisione della Corte di Appello di Palermo, A.S. ha proposto nuovamente ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’E.A.F.M. è rimasto intimato.
La ricorrente ha depositato memoria.
7. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Considerato che
8. I motivi possono essere così sintetizzati.
8.1. Con il primo motivo, formulato in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1 bis ed art. 3, comma 1, della legge reg. sicil, 30/4/ 1991 n. 12, in cui sarebbe incorso il giudice di rinvio.
Nella prospettazione del ricorrente, la Corte di Appello di Palermo avrebbe dovuto prima verificare se l’E.A.F.M. rientrasse nel novero degli enti sottoposti al controllo, tutela e vigilanza della Regione Siciliana e poi, in caso di esito positivo, estendere l’esame agli ordinamenti propri dell’ente per accertare se gli stessi prevedessero la procedura concorsuale pubblica per l’assunzione del proprio personale.
8.2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., si censura la violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma 1 bis della legge reg. sicil. 12/1991, e degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Avrebbe errato la Corte di Appello di Palermo, nel ritenere la sussistenza della sottoposizione della Fondazione al controllo, tutela e vigilanza della Regione Siciliana, “senza previamente indicare il concetto di dipendenza e controllo e senza vagliare la composizione ed i poteri degli Organi di Gestione dell’Ente e la loro autonomia e o meno dalla Regione Siciliana che non figurava nemmeno tra i soci della stessa” e basando la propria conclusione su aspetti secondari desunti dallo Statuto.
Nella prospettiva della ricorrente, dalla lettura dello Statuto dell’Ente non emergerebbe la dipendenza, vigilanza e controllo da parte della Regione Siciliana, poiché la Regione non figura tra i soci, non finanzia l’ente, non ha il controllo del Consiglio dell’Ente, né della Giunta esecutiva.
La ricorrente, poi, in via subordinata, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 comma 1 bis e 3 della legge reg. sicil. 12/1991, nonché dell’art. 49 L. reg. sicil. 15/2004, in relazione agli artt. 117 e 41 della Costituzione Italiana poiché “la Regione Siciliana non ha alcuna potestà di impedire la conversione di un contratto di lavoro stipulato con un ente pubblico economico avente natura giuridica di diritto privato” non avente natura giuridica di pubblica amministrazione così come indicato nell’art. 97 della Costituzione, negli artt. 1, 35 e 36 del D.Ivo 165/2001 e negli artt. 1 e 23 della Leg. Reg. Sicilia n. 10/2000.
9 Il ricorso è infondato.
9.1.Il primo e il secondo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente, sono infondati.
Ed infatti, come questa corte ha evidenziato in sede di rinvio, dall’accertamento contenuto nella sentenza della Corte di Appello di Messina si evince che l’assunzione della S. con i contratti a termine riguardava un posto per cui era richiesto il possesso di un titolo superiore a quello della scuola dell’obbligo.
Ha poi evidenziato questa corte come, in base al disposto dell’art. 49, L.R. n. 15 del 2004 che rinvia all’art. 3, L.R. n. 92 del 1991, l’accesso ai posti suddetti è subordinato allo svolgimento di pubblici concorsi ove l’assunzione provenga da parte dei soggetti specificamente elencati nell’art. 49, comma 1 cit. e nell’art. 1, comma 1, L.R. n. 92 del 1991, cioè “l’Amministrazione regionale e le aziende ed enti da essa dipendenti o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza, gli enti locali territoriali e/o istituzionali, nonché gli enti da essi dipendenti e/o comunque sottoposti a controllo, tutela e vigilanza e le unità sanitarie locali della Sicilia”.
Questa corte ha inoltre chiarito che, certamente, nell’elenco citato devono essere ricompresi gli enti pubblici economici quale quello in esame, poiché la norma regionale in esame, quando ha inteso escludere tali enti, ha disposto espressamente in tal senso, come già affermato dalle Sezioni unite con sentenza n. 4685 del 2015 e “come si desume dalla esplicita esclusione di questi ultimi enti dall’applicazione dell’art. 1, comma 1, L.R. n. 92 del 1991 prevista dal comma 1 bis del medesimo articolo, aggiunto dalla L.R. n. 18 del 1999 e modificato dalla L.R. n. 17 del 2001”.
Orbene, nel contesto appena descritto (applicabilità della regola del concorso per coloro che accedono a determinati posti, inclusione nella regola degli enti pubblici economici se sottoposti a controllo, tutela e vigilanza) l’unico elemento che ha condotto alla cassazione della sentenza della Corte di appello di Messina è consistito nella necessità di disporre l’accertamento della citata sottoposizione a controllo, tutela e vigilanza e non certo la circostanza, già accertata e non oggetto di cassazione, e quindi coperta dal giudicato, della necessità della procedura concorsuale per il posto rivestito dalla S., una volta che la suddetta sottoposizione sia stata accertata.
La Corte di appello di Palermo, in sede di nuovo giudizio, ha adeguatamente motivato sul punto, come sopra evidenziato, il che rende infondato il motivo di ricorso oggi sottoposto al vaglio di questa corte.
Ed infatti, la corte palermitana, all’esito di un ragionato esame dello Statuto, del Regolamento, sul rilievo della pacifica natura dell’ente quale Ente Pubblico economico, ha ravvisato il controllo di cui si discute nell’ingerenza dell’Autorità regionale nella vita dell’ente, sia nel momento genetico con l’approvazione dello statuto, che durante la gestione attraverso l’organo di controllo contabile, che, infine, nel momento estintivo, regolato da decisioni assunte dalla Giunta regionale e da un’attività di supervisione affidata all’Assessore competente designato dall’organo liquidatore.
A fronte di tale coerente interpretazione dello statuto, parte ricorrente propone un motivo di ricorso che si traduce nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375 del 2006; Cass. n. 12468 del 2004; Cass. n. 22979 del 2004, Cass. n. 7740 del 2003; Cass. n. 12366 del 2002; Cass. n. 11053 del 2000), rivendicando un’alternativa interpretazione plausibile più favorevole.
9.2. Il terzo motivo di ricorso, subordinato ai precedenti, con il quale è denunciata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1 bis e dell’art. 3 della legge reg. sic. 12/1991 nel combinato disposto con l’articolo 49 della legge Regione Sicilia n. 15 del 2004 per contrasto con la Carta Costituzionale, articolo 117 comma 2 lett. L) ed art. 41 è inammissibile poiché genericamente formulato, poiché non evidenzia la rilevanza e fondatezza della questione ai fini della sua ammissibilità.
Questa corte ha ripetutamente affermato come sia riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte Costituzionale, ben potendo la stessa essere sempre proposta o riproposta dall’interessato ed anche prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (cfr. Cass. n. 14666 del 2020 ed anche Cass. n. 3708 del 2014 e n. 5927 del 2016).
10. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato Nulla per le spese tenuto conto della mancata costituzione dell’intimato.
11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.