CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 28289 depositata il 4 novembre 2024
Lavoro – Infortunio in itinere – Postumi permanenti – Inabilità nella misura del 20% – Corresponsione relativa rendita – Mancato rispetto termine di deposito elaborato peritale – Violazione del diritto di difesa – Accoglimento
Rilevato che
Con sentenza del 26.4.2018 n. 277, la Corte d’appello di L’Aquila respingeva il gravame interposto da D.B.D., avverso la sentenza del tribunale di Teramo che – in parziale accoglimento del ricorso da quest’ultimo proposto nei confronti dell’Inail – aveva dichiarato che dall’infortunio in itinere occorsogli in data 12.10.2009, erano a lui derivati postumi permanenti che comportavano una inabilità nella misura del 20%, con decorrenza dalla data di guarigione clinica delle lesioni e aveva condannato l’Inail a corrispondergli la relativa rendita con pari decorrenza, oltre accessori di legge.
La Corte d’appello, nel rigettare l’appello del D.B., confermava la sentenza di primo grado e rilevava, in rito, che nessuna norma prevede la nullità per il ritardato deposito della ctu oltre i termini concessi, anche se il vizio era stato denunciato alla prima udienza utile, mentre, nel merito, non meritavano accoglimento le deduzioni tecniche riferite all’elaborato peritale.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, D.B.D. propone ricorso in cassazione sulla base di quattro motivi, mentre l’Inail resiste con controricorso.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 441 secondo comma c.p.c. e dell’art. 24 Cost.; invero, dopo aver premesso che l’elaborato peritale era stato depositato dal consulente d’ufficio oltre il termine fissato dalla Corte in novanta giorni dall’inizio delle operazioni peritali e meno di dieci giorni prima dell’udienza di discussione, il ricorrente assume che erroneamente la Corte d’appello non gli aveva concesso l’invocato differimento d’udienza per fruire del termine minimo di legge di dieci giorni per presentare congrue osservazioni in vista di una nuova udienza di discussione, con conseguenziale lesione del diritto di difesa, tempestivamente eccepita alla prima udienza utile.
Con il secondo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c., stante l’omessa pronuncia da parte del giudice di d’appello, in riferimento al motivo n. 3 del ricorso in appello, con il quale veniva eccepita la violazione da parte del tribunale del divieto di ultrapetizione, perché in riferimento alle menomazioni ricondotte al codice 182 della tabella ministeriale (sindrome soggettiva del traumatizzato cronico), il ctu aveva attribuito 3 punti percentuali di danno biologico, in luogo dei 4 punti percentuali attribuiti dall’Ente assicuratore in sede amministrativa, per la medesima menomazione; avendo il ricorrente avuto riconosciuto il massimo punteggio su tale menomazione, la valutazione della stessa, da parte dell’Inail, non era stata oggetto di censura.
Con il terzo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonché per violazione del giudicato interno e per violazione del divieto di reformatio in pejus della sentenza di primo grado, perché la Corte d’appello non si era attenuta alle doglianze espresse dal ricorrente riferite alle valutazioni medico-legali operate dal ctu di primo grado, ma aveva operato una revisione dei postumi invalidanti derivati al D.B. a seguito dell’infortunio sul lavoro e accertati con la sentenza del tribunale di Teramo, anche con riferimento a quelle menomazioni la cui valutazione non era stata oggetto di impugnazione, in particolare, in riferimento ai codici 314 e 315 della tabella Inail, considerati duplicazione di una medesima menomazione.
Con il quarto di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e per omissione di un necessario accertamento strumentale da parte del ctu medico-legale, relativamente alla richiesta di una maggiore percentuale di danno biologico (superiore al 2% di danno riconosciuto in primo grado), in ragione delle difficoltà respiratorie sofferte dal D.B. per la menomazione di cui al codice 323 della tabella Inail.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte,” Nel rito del lavoro l’inosservanza, da parte del consulente tecnico d’ufficio nominato in appello, del termine assegnatogli per il deposito della consulenza, non è causa di alcuna nullità, a condizione che esso avvenga almeno dieci giorni prima della nuova udienza di discussione, conformemente al disposto del terzo comma dell’articolo 441 cod.proc.civ..
Ove, invece, il consulente depositi la relazione peritale oltre il suddetto termine di dieci giorni, sussiste una nullità relativa, sanata se non venga fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al suo verificarsi” (Cass. n. 22708/10, richiamata da Cass. n. 7728/15, Cass. n. 6195/14).
Nella specie, il ricorrente ha riportato per riassunto e “localizzato” (art. 366 secondo comma n. 6 c.p.c.), ai fini dell’autosufficienza, il verbale di udienza nel quale aveva sollevato tempestivamente l’eccezione di nullità (relativa) della perizia (alla prima udienza utile), per il mancato rispetto del termine di deposito dell’elaborato peritale almeno dieci prima dell’udienza di discussione, circostanza che comporta una violazione del diritto di difesa, a prescindere dalla dimostrazione della specifica lesione subita e che imponeva alla Corte d’appello di concedere il differimento della discussione della causa, in una udienza successiva per rispettare il predetto termine a difesa.
Pertanto, in accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di L’Aquila, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbe i restanti.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione.