CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 30146 depositata il 22 novembre 2024

Lavoro – Domanda di indennità di accompagnamento – Decesso del congiunto – Rigetto

Rilevato che

1. la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’appello degli odierni ricorrenti e confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda volta ad ottenere, sulla base di una precedente sentenza, l’indennità di accompagnamento, riconosciuta al dante causa, per il periodo successivo alla formazione del titolo giudiziale e fino al decesso del congiunto;

2. la Corte territoriale ha premesso il principio di diritto per cui, in materia di invalidità pensionabile, l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato, si estende all’esistenza di tutti i presupposti di legge (quindi anche allo stato invalidante), cosicché la situazione già accertata non può essere rimessa in discussione ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti; ha, però, osservato come nel caso di specie fosse del tutto «assente qualsiasi allegazione circa la persistenza, in capo al de cuius, dei requisiti medico legali richiesti per poter (continuare a) fruire della prestazione riconosciuta»; nel ricorso, cioè, andava specificamente allegata «la persistenza» dello stato invalidante, con indicazione delle patologie di cui il soggetto era affetto;

3. ha proposto ricorso per cassazione la parte indicata in epigrafe, con due motivi. Ha resistito l’INPS con controricorso;

4. il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in Camera di consiglio.

Considerato che

5. con un primo motivo è dedotta l’omessa pronuncia del Giudice di appello sulla eccezione di tardività della costituzione dell’INPS;

6. le censure vanno disattese, in quanto genericamente argomentate, senza indicazione di come, quando e dove la questione sia stata sollevata dinanzi alla Corte di merito. In ogni caso, è decisivo osservare che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali, secondo il consolidato orientamento della Corte, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione.

Nel caso di specie, per come prospettata, la denuncia di tardiva costituzione dell’INPS senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali tale vizio abbia comportato, per le ricorrenti, una lesione del diritto all’effettività della tutela giurisdizionale ed al giusto processo, resta irrilevante ed è, pertanto, anche per tale ragione inammissibile ( ex plurimis, Cass. nr.23638 del 2016; Cass. nr. 6330 del 2014);

7. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione dell’art. 2909 cod.civ. e dei principi espressi da Cass., sez.un., nr. 383 del 1999, in punto di giudicato;

8. anche il secondo motivo va, complessivamente, respinto;

9. alcun errore di diritto va mosso alla sentenza impugnata: la Corte di appello ha applicato esattamente il principio delle sezioni unite in base al quale, in presenza di una pronuncia, passata in giudicato, che ha riconosciuto l’esistenza delle condizioni previste dalla legge per l’erogazione di una prestazione di invalidità, occorre un mutamento di tali condizioni (di fatto o di diritto), altrimenti il giudicato costituisce un vero e proprio ostacolo alla soppressione della prestazione previdenziale in costanza di una situazione rimasta invariata;

10. l’assenza di variazione –la persistenza cioè del medesimo quadro fattuale e normativo– è, dunque, il presupposto affinché il diritto alla prestazione possa riconoscersi anche per il periodo di tempo successivo alla formazione del titolo giudiziale;

11. la sentenza impugnata, partendo correttamente da tale premessa teorica, imputa, però, alle ricorrenti il difetto di allegazioni circa la persistenza delle medesime condizioni sanitarie;

12. le censure non colgono esattamente detta ratio decidendi.

Le ricorrenti avrebbero dovuto incrinare il fondamento giustificativo delle argomentazioni svolte dai giudici di merito, deducendo, nel rispetto degli oneri di specificità del ricorso, di aver allegato e dimostrato, invece, che la situazione sanitaria del dante causa permaneva invariata anche per il periodo successivo alla formazione del titolo.

Il motivo di ricorso non sviluppa efficacemente tali argomenti. In proposito, è sufficiente osservare che il giudicato non è né trascritto, né localizzato in atti;

13. il ricorso va dunque respinto, con le spese che si liquidano secondo soccombenza;

14. in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.800,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura di legge e accessori di legge.

 Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.