CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Ordinanza n. 4099 depositata il 17 febbraio 2025
Lavoro – Licenziamento – Disciplina speciale dettata per gli autoferrotramvieri dal R.D. n. 148/1931 – Reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro – Pagamento indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione maturata – Rigetto
Fatti di causa
La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza impugnata, ha respinto il reclamo proposto da A.S. avverso la sentenza del tribunale di Marsala che, decidendo sull’impugnazione di J.F. avverso il licenziamento intimatogli in data 17/3/2022, aveva dichiarato la nullità dell’atto di recesso per violazione del procedimento disciplinare dettato dall’art. 53 All. A) R.D. n. 148/1931 e condannato la A.S. alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione maturata fino all’effettiva reintegrazione.
A fondamento della sentenza la Corte d’appello ha rilevato che nel caso di specie l’azienda non aveva fatto applicazione della disciplina speciale dettata per gli autoferrotramvieri dal R.D. n. 148/1931 in quanto, dopo aver contestato i fatti disciplinarmente rilevanti al lavoratore, non aveva espresso alcun opinamento circa la sanzione da infliggere, non aveva consentito al lavoratore di presentare nuove giustificazioni e, soprattutto, nonostante la richiesta in tal senso formulata dal lavoratore, aveva omesso di convocare il Consiglio di disciplina, organo preposto alla irrogazione del licenziamento, avendo ritenuto erroneamente abrogata la disposizione che lo contemplava.
La Corte ha quindi ribadito la piena vigenza nell’attuale sistema giuridico del procedimento disciplinare dettato dall’articolo 53 all. A) R.D. 148 a prescindere dalla sanzione irrogata (destituzione o licenziamento) e dall’atipicità della condotta disciplinarmente rilevante rispetto alle fattispecie disciplinari contemplate dal Regio decreto.
Ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte la quale ha statuito che la procedura stabilita dal Regio decreto è una procedura maggiormente garantita rispetto a quella di cui all’articolo 7 legge n. 300/70 e rientra nella categoria delle nullità di protezione per contrarietà a norme imperative, ai sensi dell’art. 1418 c.c., da cui discende l’applicazione della tutela reale prevista dall’art. 18, comma 1 e 2 dello Statuto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.S. srl con tre motivi.
J.F. ha resistito al ricorso ed ha depositato controricorso.
A seguito della proposta di definizione anticipata del ricorso, A.S. Srl ha chiesto che lo stesso venisse deciso in applicazione dell’art. 380bis, 3 comma c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza.
Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. comma 1°, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. perché la Corte di appello aveva disapplicato l’art. 2119 c.c. ritenendolo erroneamente ed inaccettabilmente non applicabile in subiecta materia.
2. Col secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 e 53 del regolamento sub all. A del R.D. 148/1931, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., perché la Corte ha errato a ritenere che al licenziamento per cui è processo andassero applicate le regole della destituzione e di conseguenza ha erroneamente ritenuto nullo il licenziamento non essendo stato applicato il R.D. 148/1931.
3. Col terzo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 7 della L. 300/1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. perché la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che procedendo al licenziamento la datrice non avrebbe dovuto applicare l’art. 7 della L. 300/1970 che, in tesi, avrebbe invalidamente applicato.
4. Col quarto motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dei commi 1°, 4°, 5° e 6° dell’art. 18 della L. n. 300/1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. perché la Corte di appello ha disposto una reintegra che secondo l’art. 18 non poteva essere disposta neanche se fosse esistita la nullità che aveva erroneamente rilevato.
5. I motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente per motivi di connessione e sono inammissibili.
6. Ed invero secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità in tema di rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, l’art. 53 dell’allegato A al r.d. n. 148 del 1931 – fonte primaria e speciale, tuttora vigente in quanto non derogata da specifiche disposizioni legislative successive – delinea una peculiare procedura di irrogazione delle sanzioni disciplinari, maggiormente garantita rispetto a quella prevista dalla l. n. 300 del 1970, sicché il ricorso alla normativa generale è possibile solo ove si riscontrino lacune non superabili neanche attraverso l’interpretazione estensiva o analogica.
7.- La violazione del procedimento di cui all’art. 53 del r.d. n. 148 del 1931, all. A, comporta la nullità del provvedimento disciplinare e, in particolare, un’invalidità c.d. di protezione, in ragione dell’inderogabilità della citata disposizione e della sua funzione di tutela del lavoratore, al quale spetta la tutela reale e risarcitoria prevista dall’art. 18, commi 1 e 2, della l. n. 300 del 1970” (da ultimo Cass. n. 2859/2024; Cass. n. 6555 del 2023; nello stesso senso v. Cass. lav. n. 17286 del 2015; Cass. n. 13804 del 2017; Cass. n. 12770 del 2019; Cass. n. 32681 del 2021; Cass. n. 6765 del 2023; Cass. n. 9530 del 2023; Cass. 14141 del 2023; Cass. n. 15355 del 2023; alle quali tutte si rinvia per ogni ulteriore aspetto, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.).
8.- Può essere altresì specificato che, come affermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte chiamate a pronunciarsi sulla perdurante vigenza della disciplina speciale dettata per gli autoferrotranvieri dal R.D. n. 148 del 1931, la disciplina del rapporto di lavoro del personale autoferrotranviario costituisce un corpus compiuto ed organico, determinato dalla loro assimilazione ai dipendenti pubblici, pur avendo subito una progressiva “devitalizzazione” per effetto di vari interventi legislativi succedutisi nel tempo tuttavia non è stato implicitamente abrogato pur dovendo essere integrato o in parte sostituito quando risulti incompatibile con il sistema in generale (così Cass. Sez. U, 27/07/2016 n. 15540 e Cass. del 06/03/2013 n. 5551 oltre che n. 855 del 2017).
9.- In materia di procedimento disciplinare a carico degli autoferrotranvieri, l’art. 53 dell’allegato A al r.d. n. 148 del 1931 prevede una procedura articolata in più fasi, inderogabile e volta alla tutela del lavoratore dipendente, quale contraente debole sicché l’omissione di una delle suddette fasi determina la nullità della sanzione disciplinare che, in relazione al tipo di violazione, rientra nella categoria delle nullità di protezione (cfr. Cass. 31/05/2017 n. 1304).
10. Occorre tuttavia ricordare che la fase che si assume essere stata pretermessa ed in base alla quale è ravvisata la violazione della norma denunciata è solo eventuale.
Infatti se è vero che la speciale disciplina dettata dall’allegato A al RD n. 148/1931 come detto non è stata abrogata dall’art. 7 legge n. 300/1970, tuttavia il procedimento disciplinare degli autoferrotramvieri si articola in più fasi.
L’art. 53 ai commi 7 e 8 prevede che l’opinamento – reso all’esito dell’indagine amministrativa, con il quale il direttore, o chi da esso delegato, individui la punizione da infliggere – sia reso noto all’interessato che potrà presentare nel termine di cinque giorni nuove giustificazioni in mancanza delle quali il provvedimento disciplinare diviene definitivo.
Qualora poi le giustificazioni presentate non siano accolte allora “l’agente ha diritto, ove lo creda, di chiedere che per le punizioni, sulle quali, ai sensi del seguente articolo, deve giudicare il Consiglio di disciplina, si pronunci il Consiglio stesso” e tale richiesta deve essere fatta nel termine di dieci giorni da quello in cui gli è stata confermata dal Direttore la punizione.
In tal caso la punizione opinata è sospesa “fino a che non sia intervenuta la decisione del Consiglio stesso”.
11. In sostanza la norma delinea più fasi di una procedura maggiormente garantita, per il dipendente del settore autoferrotranviario, rispetto a quella prevista dalla legge n. 300/1970.
Una prima fase integrata dalla contestazione dell’addebito con invito all’incolpato a giustificarsi.
Una seconda -che segue alle eventuali giustificazioni del dipendente- che prevede una relazione scritta (corredata dell’opportuna documentazione delle indagini svolte) in cui i funzionari a tal fine delegati riassumono i fatti emersi, espongono su di essi gli apprezzamenti e le considerazioni concernenti tutte le circostanze che possono influire sia a carico che a discarico dell’incolpato e, infine, espongono le proprie conclusioni circa le mancanze accertate e i relativi responsabili.
Una terza fase, eventuale, in cui il direttore o chi da lui delegato esprime, in base alla propria relazione, il cd. opinamento circa la punizione da infliggere fra quelle previste dagli artt. 43 e 45, opinamento che è reso noto all’interessato con comunicazione scritta personale.
E’ a questo punto che l’incolpato ha il diritto, entro cinque giorni dalla notifica dell’opinamento, di presentare a voce o per iscritto eventuali nuove giustificazioni, che potranno affrontare compiutamente non solo il merito dell’addebito, ma anche quello della natura e della entità della sanzione ventilata, giustificazioni in mancanza delle quali il provvedimento disciplinare proposto diviene definitivo ed esecutivo.
Il Consiglio di disciplina diviene titolare del potere di irrogare la sanzione disciplinare, restandone esonerato il direttore solo se l’incolpato ne solleciti l’intervento successivamente al diniego di prendere in considerazione le sue giustificazioni ulteriori.
10.6. Orbene, nel caso in esame, è pacifico che il ricorrente – dopo la comunicazione dell’opinamento da parte del Direttore Regionale, che la Corte territoriale ha in fatto accertato che era stato a ciò delegato – non ha presentato ulteriori giustificazioni nel termine di cinque giorni con la conseguenza che il provvedimento adottato è divenuto definitivo
12.- Per quanto concerne la doglianza sollevata in merito alla tutela reintegratoria applicata, l’indirizzo di legittimità ha ricevuto l’autorevole avallo della Corte Cost. che nella sentenza n. 22/2024 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. 23/2015 (cosiddetto “Jobs Act”) con riferimento al termine “espressamente”; pertanto, come aveva ipotizzato la Corte di cassazione nell’ordinanza di rimessione n. 83/2023, la limitazione dell’applicabilità della tutela reintegratoria ai lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti nelle sole ipotesi di nullità del licenziamento previste espressamente come tali è stata ritenuta non conforme alla Costituzione in ragione della violazione del criterio contenuto nella legge di delega (v. art. 1, comma 7, lett. c, legge n. 183/2014).
Secondo la Consulta, il riferimento ai “licenziamenti nulli” contenuto nel criterio direttivo non prevedeva, e dunque non consentiva, alcuna distinzione tra nullità espresse e non espresse (altrimenti dette virtuali), contemplando una distinzione esclusivamente per i licenziamenti disciplinari ingiustificati.
13.- Per i motivi esposti il ricorso deve essere dichiarato manifestamente infondato in sostanziale corrispondenza al provvedimento di proposta di definizione anticipata.
14.- Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in dispositivo in favore del controricorrente con distrazione in favore dell’Avv. A.D.D.O. antistatario.
15. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380-bis c.p.c., stante l’esito giudiziale conforme alla proposta di definizione accelerata, nel senso ivi indicato, occorre applicare il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
Alla presente pronuncia di inammissibilità del ricorso fa quindi seguito la condanna del ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, entrambe liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1-bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’Avv. A.D.D.O. antistatario.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte di una somma di € 2500 ex art. 96, 3° comma c.p.c., nonché a pagare in favore della cassa delle ammende la somma di € 2500 ex art. 96, 4 comma c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.