CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6266 depositata l’ 8 marzo 2024
Lavoro – Licenziamento – Interposizione fittizia di manodopera – Termine di decadenza – Accertamento illegittimità dell’appalto – Rapporto di lavoro con l’appaltatore ancora sussistente – Non opera il regime decadenziale – Mancanza atto scritto da impugnare – Accoglimento
Rilevato che
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia del giudice di prime cure, rilevando l’intervenuta decadenza, ex art. 32, comma 4, lett. d), della l. n. 183 del 2010, dell’azione promossa da C.A. nei confronti della società L.G.I. s.p.a.
2. La Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore era stato licenziato dalla società cooperativa da cui era dipendente (P. soc.coop.) in data 8.1.2016; che lo stesso lavoratore aveva impugnato, stragiudizialmente, detto licenziamento e prospettato una interposizione fittizia di manodopera nei (soli) confronti della società L.G. (società appaltante il servizio di facchinaggio) con lettera del 19.1.2016; che solamente in data 23.3.2020 il lavoratore aveva impugnato giudizialmente il licenziamento nonché la fattispecie interpositiva di manodopera nei confronti della società L.G.; sottolineava che il termine di decadenza decorreva dall’atto scritto (di licenziamento) comunicato al lavoratore, atto di recesso che non poteva che provenire dal datore di lavoro con cui era formalmente instaurato il rapporto di lavoro e, dunque, unico soggetto legittimato ad esercitare i poteri datoriali ed a formalizzare la volontà di recesso unilaterale.
3. Per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore sulla base di un motivo cui resiste con controricorso la società;
4. Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Considerato che
1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione di norme ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 32 legge n. 183 del 2010, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale maturata la decadenza delle domande formulate dal lavoratore nei confronti della società appaltante, essendo inapplicabile il termine decadenziale ove si discuta di non genuinità dell’appalto, spettando – in tali casi – il potere di recesso all’ utilizzatore (ossia al committente), con conseguente inefficacia/inesistenza di quello intimato dal soggetto interposto.
2. Il ricorso merita accoglimento.
3. Va precisato che nella fattispecie de qua la società cooperativa-datrice di lavoro (appaltatrice i servizi di facchinaggio) del Comani ha intimato, con lettera scritta, un licenziamento (in data 8.1.2016) e che il lavoratore ha (tempestivamente) impugnato la missiva nei confronti della (sola) società appaltante, L.G.I., deducendo sia la illegittimità del licenziamento sia l’interposizione fittizia di manodopera. Il ricorso giudiziale avverso la società L.G.I. è stato, peraltro, depositato a distanza di quattro anni (quindi, ben oltre il termine previsto dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 per l’avvio dell’azione giudiziaria).
4. L’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010 estende l’applicazione dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966 (come modificato dall’art. 32, comma 1, della stessa legge n. 183) anche «ad in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto».
5. Questa Corte, secondo orientamento che si è andato consolidando via via con diverse pronunce, ha statuito che i termini decadenziali previsti dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 si applicano, in caso di azione tesa alla costituzione di un rapporto di lavoro con il datore di lavoro utilizzatore di una prestazione resa alle dipendenze di altro soggetto (datore di lavoro formale), solamente nel caso in cui vi sia un atto scritto proveniente dall’appaltante/utilizzatore che neghi la titolarità del rapporto. La fattispecie in esame consente di precisare la decorrenza dei termini decadenziali nei confronti dell’appaltante e dell’appaltatore ove intervenga un licenziamento (in forma scritta) intimato dal datore di lavoro formale/appaltatore.
6. Invero, Cass. n. 30490 del 2021 (richiamata e ribadita da Cass. n. 13202 del 2022) ha affermato che in caso di azione di accertamento dell’illegittimità di un appalto, quando ancora è sussistente il rapporto di lavoro con l’appaltatore/datore di lavoro formale, non opera il regime decadenziale, in quanto manca un atto scritto da impugnare.
7. Successivamente, con riguardo ad un rapporto di lavoro risolto, Cass. n. 523 del 2019 ha ritenuto che il licenziamento orale, intimato dall’appaltatore/datore di lavoro formale, non fa decorrere la decadenza (mancando un atto scritto) e Cass. 40652 del 2021 (contestualizzando la precedente statuizione n. 13179 del 2017 alla luce delle pronunce n. 14131 del 2020 e n. 30490 del 2021) ha precisato e ribadito la necessità, ai fini della operatività della decadenza di cui all’art. 32, comma 4, lett. d), della legge n. 183/2010, di un provvedimento o di un atto da impugnare (ossia di un “fatto tipizzato”, come la scadenza del contratto a tempo determinato). In particolare, è stato affermato che “sia nei casi di richiesta di costituzione (ove è chiara la volontà dell’istante di ripristino immediato e/o di stabilizzazione) sia nei casi di richiesta di accertamento (ove l’azione dichiarativa richiede un accertamento “ora per allora”) del rapporto di lavoro alle dipendenze di un soggetto diverso dal titolare del contratto, occorre pur sempre un atto o un provvedimento datoriale che renda operativo e certo il termine di decorrenza della decadenza di cui all’art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183/2010, in un’ottica di bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti. Fino a quando il lavoratore non riceva un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente, che neghi la titolarità del rapporto, non può decorrere alcun termine decadenziale ai sensi della suddetta disposizione, atteso che il profilo impugnatorio funge da decisivo discrimine della applicazione della relativa disciplina”.
8. Recentemente, Cass. n. 24437 del 2022, affrontando una ipotesi di impugnazione di un licenziamento con contestuale domanda di reintegrazione nel posto di lavoro non solo presso il datore di lavoro formale ma anche nei confronti di altro datore di lavoro che condivideva con il primo una unicità di struttura organizzativa, ha precisato che, per impedire la decadenza, era sufficiente impugnare il licenziamento nei confronti del datore di lavoro formale.
9. Per completezza, sempre in materia di appalto, va rilevato che nell’ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la conseguente azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del lavoratore presso l’azienda subentrante non è assoggettata al termine di decadenza di cui all’art. 32 della legge n. 183 del 2010, non rientrando nella fattispecie di cui alla lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, né in quella di cui alla lett. d) del medesimo articolo, posto che tale norma presuppone, infatti, non un semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi l’illegittimità o l’invalidità con azioni dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente datore, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale (Cass. n. 36944 del 2022; nello stesso senso Cass. n.36152 del 2023).
9. In coerenza con tutte le statuizioni assunte da questa Corte, va ora precisato che ove l’appaltatore/datore di lavoro formale assuma un licenziamento nei confronti di un lavoratore adibito ad un appalto, l’azione di impugnazione del provvedimento espulsivo, tesa a ripristinare il rapporto di lavoro nei confronti dell’appaltatore, è soggetta al regime di decadenza dettato dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966 (come novellato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010), mentre l’azione di costituzione di un rapporto di lavoro nei confronti dell’appaltante/utilizzatore, tesa ad accertare un uso fraudolento dell’appalto e un’interposizione fittizia di manodopera, non è assoggettata ad alcun termine di decadenza.
10. Ritenuto, invero, che il regime decadenziale dettato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 richieda un atto scritto per la decorrenza dei termini, l’atto di licenziamento intimato (in forma scritta) dall’appaltatore/datore di lavoro formale costituisce elemento formale sufficiente per consentire l’avvio dei termini di decadenza nei soli confronti del soggetto che ha adottato l’atto, mentre nei confronti dell’appaltante/utilizzatore nessuna decadenza potrà essere invocata (salvo l’ipotesi in cui lo stesso appaltante neghi, con atto scritto, la titolarità del rapporto, momento dal quale comincerà a decorrere il doppio termine di decadenza).
11. L’interpretazione che, a fronte di un licenziamento adottato dal datore di lavoro formale, distingue il regime di decadenza a seconda del datore di lavoro formale o di quello effettivo, risulta, altresì, coerente con le recenti statuizioni adottate da questa Corte (Cass. n. 32412 del 2023 e Cass. n. 30945 del 2023), con le quali si è precisato che l’impugnazione del licenziamento (intimato dal datore di lavoro formale) promossa nei confronti dello stesso datore di lavoro formale non costituisce una preclusione ad agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di un’interposizione fittizia nei confronti dell’utilizzatore, in quanto le vicende relative al rapporto di lavoro formalmente in essere non incidono sul rapporto di lavoro dissimulato intercorrente con diverso datore di lavoro, dovendo applicarsi all’appalto, in via analogica, l’art. 38 del d.lgs. n. 81 del 2015 (come interpretato autenticamente dall’art. 80-bis del d.l. n. 34 del 2020, conv. con modif. dalla legge n. 77 del 2020) dettato per la somministrazione di lavoro (potendosi, dunque, imputare all’utilizzatore solo gli atti di costituzione o di gestione del rapporto, e non quelli di estinzione).
12. L’applicazione del regime decadenziale dettato dall’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010 richiede necessariamente l’adozione di un atto scritto da parte dell’utilizzatore della prestazione lavorativa, non essendo imputabile all’utilizzatore stesso (ai fini del decorso dei termini decadenziali) l’atto di licenziamento intimato dal datore di lavoro formale.
13. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che l’atto di licenziamento intimato dalla società cooperativa P. (di cui era dipendente il lavoratore) facesse avviare i termini di decadenza, di cui all’art. 32, della l. n. 183 del 2010, anche nei confronti della società appaltante L.G.I. s.p.a., nonostante questa ultima società, utilizzatrice delle prestazioni di lavoro del Comani, non avesse mai adottato alcun atto scritto di contestazione della titolarità del rapporto di lavoro; l’atto di licenziamento, invece, ha consentito esclusivamente l’avvio del regime decadenziale nei confronti del datore di lavoro formale/appaltatore (termini ormai scaduti, a seguito della mancata impugnazione stragiudiziale) mentre l’azione giudiziale di interposizione fittizia di manodopera, proposta nei soli confronti dell’appaltante/utilizzatore, non poteva ritenersi assoggetta ad alcun regime decadenziale.
14. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che determinerà, altresì, le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che liquiderà, altresì, le spese del presente giudizio di legittimità.