CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 8642 depositata il 2 aprile 2024
Lavoro – Sospensione dal servizio – Privazione retribuzione – Grave danno economico – Inammissibilità
Rilevato che
1. con sentenza del 19.4.2018 la Corte d’appello di Milano confermava la decisione del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda di G.D.V., dirigente del settore “Procedure sanzionatorie e Traffico della Polizia Locale” del Comune di Milano, volta all’annullamento della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi uno, irrogata, come da contestazione del 3.3.2014, per mancato controllo e omessa vigilanza sulle procedure di data entry che avevano determinato, per difetto di registrazione del sistema, la mancata notifica di un numero rilevante di atti (1511 verbali d’accertamento prescritti e 2244 tardivamente caricati) con connesso grave danno economico;
2. il giudice d’appello rilevava che: i) all’epoca della messa in funzione dei nuovi autovelox (novembre 2012) G.D.V. era dirigente responsabile del settore, sicché l’errata registrazione del periodo maggio/dicembre 2013 ricadeva nell’ambito delle sue responsabilità, ii) la scoperta degli erronei inserimenti nel sistema era stata frutto di un casuale controllo di altri operatori della polizia locale (Servizio Radio Mobile), iii) la D.V. nessuna indicazione generale aveva fornito sulle modalità di effettuazione dei controlli, peraltro non estesi ai dati degli autovelox, iv) l’attività di controllo era stata lasciata alla libera interpretazione del singolo operatore; ciò posto, riteneva i fatti addebitati totalmente acclarati;
3. quanto alla proporzionalità della sanzione, il difettoso inserimento dati che aveva compromesso il procedimento di notificazione aveva recato un danno potenziale di €. 250.000,00 il cui importo era di notevole entità in relazione agli obblighi previsti dal c.c.n.l. Area dirigenti;
4. avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione G.D.V. sulla base di due motivi assistiti da memoria, resistiti dal Comune di Milano con controricorso illustrato da memoria.
Considerato che
1. con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 2106 cod. civ. e degli artt. 6 e 7 c.c.n.l. dirigenti comparto regioni e autonomie locali del 22.2.2010, per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto proporzionata la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un mese, senza considerare tutti gli aspetti della condotta nonché il fatto che il sistema PROSA non aveva un sistema di Alert (oltretutto la percentuale degli accertamenti non inseriti sul totale complessivo di 2.370.052 era pari soltanto allo 0,064%);
1.1 il motivo è inammissibile;
secondo un risalente e costante insegnamento, infatti, il giudizio di proporzionalità è devoluto al giudice di merito (ex pluribus: Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass. n. 444 del 2003). La valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811 del 2020); tale pronuncia ribadisce, poi, che in caso di contestazione circa la valutazione sulla proporzionalità della condotta addebitata – che è il frutto di selezione e di valutazione di una pluralità di elementi – la parte ricorrente, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non solo non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi o un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma con la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360, deve denunciare – beninteso, entro i limiti della cd. “doppia conforme” – l’omesso esame di un fatto avente, ai fini del giudizio di proporzionalità, valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 20817 del 2016).
Nel caso all’attenzione del Collegio, la sostanza della censura mira a contestare il giudizio di proporzionalità ‒ senza però enucleare il fatto decisivo omesso che sarebbe stato trascurato dalla Corte territoriale ‒, nonché a criticare l’apprezzamento della gravità della condotta tenuta in concreto dal lavoratore, che, secondo la ricorrente, non avrebbe giustificato l’applicazione della sanzione conservativa in concreto irrogata; ma così si sollecita un sindacato che esonda dai confini del giudizio di legittimità perché spettano inevitabilmente al giudice di merito le connotazioni valutative dei fatti accertati nella loro materialità, nella misura necessaria ai fini della loro riconducibilità – in termini positivi o negativi – all’ipotesi normativa; fatti qui accertati non solo con riferimento alle caratteristiche della condotta nelle sue componenti soggettive e oggettive, criticamente vagliate dal giudice di secondo grado, ma anche con riferimento alla gravità del danno da essa potenzialmente arrecato;
2. con il secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 c.c.n.l. dirigenti del comparto regioni del 22.10.2010, per avere la Corte di merito errato nel ritenere che rientrassero tra le responsabilità dirigenziali della ricorrente anche quella di mettere in atto un sistema adeguato di controllo sulle procedure di inserimento dei dati; secondo la ricorrente, l’istruttoria espletata dimostrava che i controlli sull’attività di data entry erano stati eseguiti dal Servizio procedure sanzionatorie gestione verbali cui era addetto il singolo operatore, il quale “comunque riportava alla D.V.”;
2.1 il motivo è, prima ancora che infondato, inammissibile;
da un lato, sollecita un diverso esame, che è precluso in sede di legittimità, del compendio istruttorio, dall’altro non coglie che il dovere di «sovrintendere, nell’esercizio del proprio potere direttivo, al corretto svolgimento dell’attività del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura, nonché al rispetto delle norme del codice di comportamento e disciplinare» (art. 5 c.c.n.l. cit.) non può non implicare quello di controllare il processo lavorativo e l’operato del personale a esso addetto, guidandone, con direttive di carattere generale, le attività, tra cui quelle di data entry riguardanti, appunto, gli accertamenti di infrazioni rilevate con le apparecchiature autovelox (qui oggetto dell’inserimento con codice errato nel sistema “Prosa”); il che comporta, come rettamente rilevato dal giudice d’appello, a fronte della riscontrata «tolleranza di irregolarità di servizio» o della configurabilità del «grave danno all’ente», l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio «con privazione della retribuzione da un minimo di 3 giorni fino a un massimo di 6 mesi» (così come previsto dall’art. 7, comma 8, del c.c.n.l., cit.);
3. conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €. 200,00 per esborsi e €. 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.