Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 22866 depositata il 16 agosto 2024
Il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL non è di prescrizione o di decadenza ma opera sul piano sostanziale incidendo sull’esistenza stessa del diritto
Fatto
1. A.A. convenne in giudizio l’INAIL deducendo di avere diritto al riconoscimento di una rendita per l’infortunio occorsogli il 11 ottobre 1999 di misura superiore rispetto a quella del 15% accordatagli dall’Istituto a seguito di revisione.
1.1. Il Tribunale di Patti accolse la domanda e riconobbe il diritto dell’assicurato alla maggiore percentuale di invalidità del 25% a decorrere dal 28.1.2010.
2. La Corte di appello di Messina investita del gravame da parte dell’Istituto ha invece ritenuto corretta la rendita come rideterminata dall’INAIL in sede di revisione nella misura del 15%, aderendo alle valutazioni espresse dal consulente medico nominato in grado di appello, ed in particolare ha ritenuto che la valutazione del danno trovasse corrispondenza nelle tabelle valutative che dovevano essere applicate all’infortunio che si era verificato in epoca antecedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000.
2.1. Il giudice di secondo grado ha ritenuto inoltre che la percentuale del 18% accertata dal consulente a decorrere dal gennaio 2018 fosse maturata quando era oramai decorso il termine decennale per la revisione ed i cui esiti a quella data si erano già stabilizzati.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso A.A. che ha articolato tre motivi ulteriormente illustrati da memoria. L’INAIL ha resistito con tempestivo controricorso.
Diritto
4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del D.P.R. n. 1124 del 1965 in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 c.p.c. per omessa motivazione circa un fatto decisivo relativo al decorso del termine decennale ai fini della revisione.
4.1. Il ricorrente deduce che – a fronte di un infortunio occorso l’11.10.1999 con esiti permanenti del 25% accertati con sentenza del 2004 poi confermata in appello nel 2006 – la Corte territoriale da un canto ha accertato che non poteva essere riconosciuta la percentuale di invalidità del 18% accertata dal consulente a decorrere dal gennaio 2018. Dall’altro ha accolto la domanda dell’INAIL ripristinando la percentuale del 15% con decorrenza dal novembre 2010 ignorando questa volta che a quella data il termine decennale era oramai decorso (il 1.1.2010). In sostanza la Corte in maniera contraddittoria ed errata avrebbe trascurato di considerare che il miglioramento accertato dal consulente si collocava oltre il decennio dall’infortunio quando la rendita non era più rivedibile (né in meglio né in peggio).
5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 commi 1 e 7 del D.P.R. n. 1124 del 1965 in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. per insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per avere condiviso le conclusioni del c.t.u che non ha effettuato il calcolo con applicazione delle Tabelle previste per gli infortuni sul lavoro. Il ricorrente sostiene infatti che le tabelle applicate dal consulente le cui conclusioni sono state fatte proprie dalla Corte di merito non potrebbero essere utilizzate per valutare il danno da infortunio dovendosi piuttosto fare riferimento a quelle utilizzabili per il danno biologico e l’invalidità permanente nei giudizi di responsabilità civile. Evidenzia che applicando le tabelle corrette tre consulenti avevano accertato una invalidità proprio della misura del 25. Rileva che i due sistemi di liquidazione del danno non sarebbero sovrapponibili poiché utilizzano parametri di valutazione differenti. Uno ha riferimento alla capacità lavorativa generica e l’altro alla capacità lavorativa specifica.
6. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 83 commi 1 e 7 del D.P.R. n. 1124 del 1965 in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. per insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per avere condiviso le conclusioni del c.t.u che non ha motivato le ragioni del miglioramento dei postumi.
6.1. Si osserva infatti che la relazione medico legale alle cui conclusioni ha aderito il giudice di appello non avrebbe chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto che i postumi dell’infortunio sofferto erano migliorati in misura tale da ridurre la misura dell’invalidità dal 25% a 15%. Ancora una volta rammenta che il miglioramento dell’incidenza della frattura delle apofisi traverse L1-L2 della colonna era stato accertato avendo riguardo a tabelle diverse da quelle allegate al Testo unico e senza tener in alcun conto i rilievi mossi dall’assicurato nelle repliche alla consulenza che peraltro aveva comunque accertato che nel 2018 la riduzione nei movimenti del tronco era superiore ad un terzo.
7. Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto restando assorbito l’esame delle altre censure.
7.1. Va premesso che il ricorso, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, è sufficientemente specifico. Sia la consulenza che la restante documentazione su cui si fondano le censure, pur non trascritte nel corpo del ricorso, sono richiamate per sintesi e risultano comunque allegate negli atti.
7.2. Venendo all’esame della censura che ha ad oggetto l’intervenuta stabilizzazione degli esiti dell’infortunio alla data in cui è stata avviata la procedura di revisione da parte dell’Istituto va ricordato che il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito dagli artt. 83 e 137 del D.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965 (di dieci o quindici anni, rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali) non è di prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo sull’esistenza stessa del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive modificazioni, “in pejus” o “in melius”, delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull’attitudine al lavoro, collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche. Sebbene lo spirare di detti termini non precluda la proposizione della domanda di revisione, purché esercitata entro il termine di prescrizione che decorre dalla scadenza del periodo di revisione, tuttavia l’aggravamento o il miglioramento devono essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla costituzione della rendita (cfr. Cass. n. 20009 del 2010). Con esso si delimita soltanto l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato, che fa sorgere il diritto alla revisione (cfr. Cass. n. 17860 del 2014, n. 19128 del 2013 e n. 3870 del 2011).
8. Tanto premesso ritiene il Collegio che la Corte territoriale nel ritenere sussistente il diritto dell’INAIL a rivedere la misura della rendita riconosciuta all’odierno ricorrente non abbia correttamente applicato i principi sopra ricordati ove si consideri che dalla sentenza impugnata emerge che l’infortunio si è verificato l’11 ottobre 1999 e il miglioramento degli esiti è stato accertato dal 1 gennaio 2010.
9. Ne consegue che in accoglimento della censura mossa con il primo motivo di ricorso la sentenza, assorbito l’esame delle altre censure, deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Messina che procederà ad un nuovo esame della controversia e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 52 comma 5 del D.Lgs. n. 196 del 2003 e ss. mm. in caso di diffusione dispone che si omettano le generalità e gli altri dati identificativi di A.A.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso assorbiti gli altri. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Messina in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 52 comma 5 del D.Lgs. n. 196 del 2003 e ss. mm. in caso di diffusione dispone che si omettano le generalità e gli altri dati identificativi di A.A.