Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 25661 depositata il 25 settembre 2024
comunicazione della malattia
RILEVATO CHE
1. – -omissis- era stato dipendente di Co. Spa sino al 13/07/2016, quando era stato licenziato per giusta causa, consistita nell’assenza ingiustificata per oltre quattro giorni, dal 20 al 29 giugno 2016.
Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo di essersi recato in Romania per ferie, di essere caduto in malattia e di aver quindi inviato il certificato medico mediante fax al numero di fax aziendale.
Pertanto adiva il Tribunale di Treviso per ottenere l’annullamento del licenziamento per insussistenza del fatto contestato.
2.- Costituitosi il contraddittorio, all’esito della fase c.d. sommaria il Tribunale accoglieva l’impugnazione, annullava il licenziamento e ordinava la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro.
L’opposizione della società veniva rigettata con sentenza conclusiva della fase a cognizione piena, con cui era pronunziata anche condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione, detratta la somma di Euro 536,00 a titolo di aliunde perceptum.
3. – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva solo in parte gravame interposto dalla società, confermando la declaratoria di illegittimità del licenziamento e la tutela reintegratoria e rideterminando soltanto l’indennità risarcitoria, liquidata in misura pari a dodici mensilità.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
a) l’art. 40 ccnl prevede l’assenza ingiustificata pari o superiore a quattro giorni come causa di licenziamento disciplinare;
b) contrariamente all’assunto del lavoratore, il ccnl include nella nozione di assenza ingiustificata anche la tardiva comunicazione oltre il termine di cui al 1, lett. A) e il tardivo invio del certificato medico oltre il termine di cui al co. 2 lett. A) dell’art. 46;
c) posta questa lata nozione di “comunicazione”, occorre valutare se tale possa essere considerata quella eseguita dal lavoratore a mezzo fax, che risulta previsto e autorizzato dal regolamento aziendale, il quale prevede altresì l’obbligo di avvertire telefonicamente il datore di lavoro il giorno stesso dell’evento;
d) orbene, il contegno del lavoratore non è stato improntato alle basilari regole di sollecita diligenza richieste dal rapporto di lavoro, specie in una situazione in cui il datore di lavoro non è posto in condizione di avere puntuale cognizione della situazione in cui versa il lavoratore;
quest’ultimo infatti si trovava all’estero al momento dell’assenza e quindi in una condizione in cui era oggettivamente più problematico per il datore di lavoro sincerarsi della reale situazione in cui versava il dipendente e che avrebbe imposto una più puntuale attenzione all’osservanza dei propri obblighi contrattuali;
e) il lavoratore non ha documentato un impedimento di tale gravità da escludere radicalmente la possibilità di un preventivo serio tentativo di contatto con il responsabile aziendale;
f) l’unico sms inviato dal dipendente è del 30 giugno, quindi successivo alle assenze contestate;
g) il lavoratore è inadempiente anche all’obbligo di dare avviso telefonico della malattia, come prevede il regolamento aziendale;
h) quindi il dipendente ha tenuto una condotta formalmente ossequiosa degli obblighi contrattuali, ma limitandosi ad adempiervi in forma minimale, integrata dalla verifica positiva del rapporto di trasmissione via fax, che dimostra una scarsa collaborazione del lavoratore;
i) peraltro il lavoratore ha dimostrato da sé di essere nelle condizioni di inviare regolarmente il certificato medico in originale, avendovi provveduto nei riguardi dell’INPS e non spiega la ragione per cui altrettanto non abbia potuto fare nei confronti del datore di lavoro;
j) la condotta del lavoratore è stata connotata da sostanziale ambiguità e si è protratta ulteriormente anche nella fase successiva al procedimento disciplinare, quando egli si è limitato a trasmettere, tramite il rappresentante sindacale, i soli rapporti di trasmissione del fax senza accludere la certificazione trasmessa, appresa dal datore di lavoro soltanto in giudizio;
k) tuttavia non vi è alcuna prova di falsificazione o alterazione del messaggio di ricezione del fax, né la mancata effettiva trasmissione può essere desunta dalla mancanza, sui server aziendali, di traccia del messaggio;
l) nessun divieto di trasmissione in forma diversa dalla raccomandata è evincibile dal regolamento aziendale né dalla fonte legale invocata dalla società; il fatto che quest’ultima preveda soltanto la raccomandata non esclude che siano consentite forme d’uso, come la trasmissione via fax;
m) quindi non può essere messa in discussione la presunzione di corretto invio e quindi di conoscibilità da parte del destinatario;
n) inoltre l’eventuale prova dell’impossibilità di effettiva conoscenza di per sé non consente di rimettere in discussione l’avvenuta comunicazione, se non si prova la consapevolezza del lavoratore circa il mancato buon fine della trasmissione;
o) tale prova è mancata;
p) l’obbligo del lavoratore si esaurisce nella verifica del buon esito della trasmissione del fax e il rapporto positivo di ricezione è a tal riguardo esaustivo;
q) la condotta del lavoratore è quindi esente da addebiti;
r) l’unico aspetto, ma solo marginale, è il mancato preavviso telefonico, ma la stessa società reclamante non dà tanto valore a tale elemento, se non sul piano meramente argomentativo circa la mancata trasmissione;
s) le spese dei due gradi di giudizio vanno compensate per metà in considerazione della condotta tenuta dal lavoratore, “per nulla scrupolosa nel dare completa esecuzione ai propri obblighi”, mentre l’altra metà va posta a carico della società.
4. – Avverso tale sentenza Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
5. – -omissis- ha resistito con controricorso ed a sua volta ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.
6. – -omissis- Spa ha resistito al ricorso incidentale con controricorso.
7. – Entrambe le parti hanno depositato memoria
8. – Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
RICORSO PRINCIPALE.
1. – Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, co. 6, Cost., 132, co. 2, n. 4), c.p.c. per avere la Corte territoriale motivato in modo contraddittorio, con affermazioni inconciliabili fra loro nonché l’esistenza di un contrasto irriducibile.
In particolare addebita ai giudici del reclamo di aver dapprima affermato che il comportamento del lavoratore non era stato lineare né improntato alle basilari regole di sollecita diligenza richieste dal rapporto di lavoro subordinato, poi di avere escluso la sussistenza della giusta causa.
Il motivo è infondato.
La contraddittorietà è soltanto apparente: la Corte territoriale ha ritenuto sufficiente la modalità del fax, in quanto prevista dal regolamento aziendale, ed ha ritenuto sufficiente la prova della sua ricezione nel rapporto di trasmissione prodotto in giudizio dal lavoratore, corroborato dal fatto che analogo fax era risultato spedito all’INPS e regolarmente pervenuto all’istituto previdenziale, come da informazioni assunte dal Tribunale. Dunque quell’incipit della motivazione è volto solo ad evidenziare quelle che sono state considerate alcune ambiguità nel contegno del lavoratore, il quale avrebbe omesso di avvisare telefonicamente i responsabili aziendali, circostanza quest’ultima comunque non oggetto di contestazione disciplinare e quindi irrilevante ai fini della sussistenza della giusta causa e della relativa valutazione.
2. – Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” degli 2, co. 2, d.l. n. 633/1979, convertito nella legge n. 33/1980, 12 disp.prel.c.c. e 1362 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuta idonea modalità di trasmissione anche il fax.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha evidenziato che il fax era una modalità espressamente prevista dal regolamento aziendale, di cui ha riportato un ampio stralcio (v. sentenza impugnata, p. 13), ed ha affermato che la norma di legge non esclude modalità equivalenti secondo forme d’uso, che ben possono essere previste appunto da un regolamento aziendale. Tale parte della motivazione non è stata attinta da censura e risulta idonea a sorreggere la decisione. In particolare la ricorrente non ha contestato lo stralcio riportato fra virgolette ed in corsivo del regolamento aziendale (v. sentenza impugnata, p. 13), sicché deve ritenersi che l’accertamento di fatto compiuto al riguardo dalla Corte territoriale sia stato corretto e comunque resti fermo.
3. – Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1335 c.c. e 437 c.p.c. per avere la Corte territoriale contraddittoriamente dapprima affermato che solo in giudizio il datore di lavoro aveva potuto verificare il contenuto della trasmissione del fax, ossia la certificazione medica, poi affermato che non vi era prova di falsificazione o alterazione del messaggio.
Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello ha ritenuto sufficiente la trasmissione perché così prevedeva il regolamento aziendale, sicché la conoscenza del destinatario è irrilevante ai fini del fatto oggetto della contestazione disciplinare. Si tratta, dunque, di un profilo diverso dalla presunzione di conoscenza dell’art. 1335 c.c. (v. sentenza impugnata, pp. 15 e 16), norma che pertanto resta estranea al caso in esame.
4. – Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1335 c.c. e 437 c.p.c. per avere la Corte territoriale affermato una vera e propria presunzione di arrivo del fax, partendo dall’unico dato disponibile circa l’effettivo invio del fax.
Il motivo è infondato alla luce delle considerazioni sopra svolte in relazione al terzo motivo.
La Corte territoriale si è limitata ad accertare la mancata prova della falsità o dell’alterazione del rapporto di trasmissione (v. sentenza impugnata, p. 15). Ma si tratta di un mero obiter dictum, privo di idoneità argomentativa, poiché quella era una prova del tutto irrilevante, atteso che ai fini degli adempimenti a carico del lavoratore quei giudici del reclamo hanno ritenuto sufficiente l’invio del fax, in quanto in tal senso previsto dal regolamento aziendale. Ne consegue il corretto convincimento di quei giudici circa la superfluità della circostanza (che la società intendeva dimostrare con la relazione tecnica del sig. Do., di cui aveva chiesto l’escussione per confermare il contenuto di quella relazione) dell’avvenuto controllo dei server aziendali relativamente al periodo dall’01 giugno all’01 luglio 2016, senza che di quella trasmissione del fax fosse emersa traccia.
Peraltro questa Corte ha già precisato che il contesto delle circostanze va interpretato alla luce dei principi di correttezza e di buona fede. In particolare si è affermato che la comunicazione di malattia al datore di lavoro prescritta dall’art. 2 del d.l. n. 563/1979 (conv. in legge n. 33/1980), rileva sulla possibilità di prosecuzione del rapporto nella misura in cui la sua omissione impedisca al datore di lavoro di controllare lo stato di malattia e la giustificatezza dell’assenza, ed allo stesso lavoratore di provarla a distanza di tempo, ove si tratti di malattie a carattere transeunte, che non lasciano traccia apprezzabile. Per converso, il lavoratore può provare la giustificatezza dell’assenza, ai sensi dell’art. 2119 c.c., anche successivamente alla malattia, ove sia stato nell’impossibilità incolpevole di effettuare la prescritta comunicazione, ad esempio per gravissima malattia che abbia impedito al medesimo, o ai familiari, per la gravità della situazione clinica e psicologica del momento, di effettuare le prescritte comunicazioni al datore di lavoro. Tali regole trovano applicazione, secondo le circostanze del caso, in base al principio di correttezza e buona fede, anche nella ipotesi di malattia contratta all’estero (Cass. n. 13622/2005: in quella fattispecie questa Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto che il comportamento complessivo del lavoratore – il quale, ammalatosi all’estero, si era limitato a trasmettere, via fax, al datore di lavoro, un indecifrabile certificato redatto a mano in lingua portoghese, senza fornire l’indirizzo ove eventualmente effettuare il controllo – non aveva consentito l’accertamento della malattia).
5. – Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” degli artt. 40 e 46 CCNL, 2104, 1375, 2118 e 2119 c.c. per avere ritenuto insussistente il fatto contestato e, quindi, la giusta causa di licenziamento.
Il motivo è assorbito dal rigetto degli altri.
RICORSO INCIDENTALE
6. – Con un unico motivo il controricorrente si duole sia della compensazione parziale delle spese, disposte in violazione dell’art. 91 c.p.c., sia della loro attribuzione al difensore pur in difetto della dichiarazione di antistatarietà ex art. 93 c.p.c.
Il motivo è fondato.
Sotto il primo profilo la Corte territoriale ha motivato la compensazione “con riguardo alla condotta tenuta dal lavoratore, per nulla scrupolosa nel dare completa esecuzione ai propri obblighi” (v. sentenza impugnata, p. 19).
Tale assunto non soltanto è apodittico, ma si traduce nella violazione del principio della soccombenza, dal momento che nella stessa decisione i giudici del reclamo hanno affermato che il lavoratore aveva adempiuto i propri obblighi di comunicazione secondo quanto previsto dal regolamento aziendale, sicché quell’affermazione resta priva di qualunque riscontro.
Non essendo sul punto necessari ulteriori accertamenti di merito, le spese di tutti i gradi di giudizio sono liquidate come in dispositivo, esclusa la distrazione, essendo effettivamente assente la dichiarazione del difensore ex art. 93 c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale e per l’effetto condanna Co. Spa a rimborsare a -omissis- le spese dei due gradi di giudizio di merito nella misura già liquidata (proporzionalmente alla metà) dalla Corte territoriale, nonché le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.