CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, – Sentenza n. 31518 depositata l’ 8 dicembre 2024

Ente locale – Selezione per la progressione economica orizzontale – Graduatoria definitiva – Mobilità orizzontale – Nullità della procedura – Bando privo di copertura finanziaria e del visto di regolarità contabile

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Enna depositato il 25 marzo 2016 F.Z. ha esposto di essere dipendente del Comune di Agira, categoria C, posizione economica C1, di avere partecipato alla selezione per la progressione economica orizzontale alla posizione C2 e di essersi collocato al primo posto della graduatoria definitiva pubblicata con determinazione del 30 dicembre 2010.

Egli ha chiesto, quindi, che fosse accertato il suo diritto all’attribuzione della progressione economica orizzontale dal 1° gennaio 2004 e la condanna della P.A. al pagamento delle correlate differenze retributive.

Il Tribunale di Enna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 403/17, ha accolto il ricorso.

Il Comune di Agira ha proposto appello che la Corte d’appello di Caltanissetta, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 127/2019, ha accolto.

F.Z. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Comune di Agira si è difeso con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe errato nel considerare tempestivamente dedotto il tema della nullità della procedura in esame che, in realtà, era stato prospettato solamente all’udienza di discussione davanti al Tribunale di Enna per poi essere riproposto in appello.

Con il secondo motivo egli contesta la mancanza di motivazione della decisione impugnata.

Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. in ordine alla ripartizione dell’onere della prova.

2) Innanzitutto, deve essere inquadrato l’oggetto del contendere del presente giudizio di legittimità.

Viene in rilievo una procedura di mobilità orizzontale attivata, con bando del 2008, dal Comune di Agira.

Il ricorrente, dipendente di detto Comune, aveva partecipato alla selezione e si era collocato in posizione utile per il passaggio dalla categoria C1 alla C2.

Non avendo l’ente locale provveduto a riconoscere detto passaggio, il lavoratore aveva adito il Tribunale di Enna, che aveva accolto la sua domanda.

Il Comune di Agira aveva proposto appello e, in questa sede, aveva, sin dall’atto di impugnazione, prospettato, dopo averlo già fatto in primo grado, la nullità di tale procedura in quanto il citato bando era privo di copertura finanziaria e del visto di regolarità contabile.

La Corte d’appello di Caltanissetta aveva accolto questa impostazione, ritenendo l’ammissibilità del motivo e, sostanzialmente, la nullità della procedura.

Questo giudizio di cassazione mira, principalmente, ad accertare la legittimità di questa decisione di ammissibilità della corte territoriale.

3) Le tre doglianze, che possono essere trattate insieme, attesa la stretta connessione, sono infondate per le ragioni che seguono.

3.1) Questo Collegio osserva, in primis, che non vi sono dubbi sulla sussistenza, in astratto, con riguardo, fra le altre, alle procedure di mobilità orizzontale degli enti locali, di un obbligo di copertura finanziaria delle stesse e di regolare attestazione di tale copertura.

Alla violazione di detto obbligo consegue, inderogabilmente, la nullità delle menzionate procedure.

3.2) Il fondamento normativo di questa regola si ricava, principalmente, a livello nazionale, dal d.lgs. n. 267 del 2000.

L’art. 191, comma 1, prima parte, del d.lgs. n. 267 del 2000 prescrive, nel testo che qui rileva, che “Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5”.

A sua volta, l’art. 153, comma 5, menzionato, stabilisce che “Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati.

Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità”.

In termini ancor più generali, l’art. 40, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, nel disposto applicabile, afferma, poi, che “La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli, le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.

La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni.

Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.

Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate”.

3.3) La contrattazione collettiva nazionale conferma questa impostazione.

L’art. 31, commi 1 e 2, del CCNL del personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003, prescrive che “1. Le risorse finanziarie destinate alla incentivazione delle politiche di sviluppo delle risorse umane e della produttività (di seguito citate come: risorse decentrate) vengono determinate annualmente dagli enti, con effetto dal 31.12.2003 ed a valere per l’anno 2004, secondo le modalità definite dal presente articolo.

2. Le risorse aventi carattere di certezza, stabilità e continuità determinate nell’anno 2003 secondo la previgente disciplina contrattuale, e con le integrazioni previste dall’art. 32, commi 1 e 2, vengono definite in un unico importo che resta confermato, con le stesse caratteristiche, anche per gli anni successivi.

Le risorse del presente comma sono rappresentate da quelle derivanti dalla applicazione delle seguenti disposizioni: art. 14, comma 4; art. 15, comma 1, lett. a, b, c, f, g, h, i, j, l, comma 5 per gli effetti derivati dall’incremento delle dotazioni organiche, del CCNL dell’1.4.1999; art. 4, commi 1 e 2, del CCNL 5.10.2001. L’importo è suscettibile di incremento ad opera di specifiche disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro nonché per effetto di ulteriori applicazioni della disciplina dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999, limitatamente agli effetti derivanti dall’incremento delle dotazioni organiche.”.

Il successivo art. 34 chiarisce, ai commi 1 e 2, che “1. Si conferma che gli oneri relativi al pagamento dei maggiori compensi spettanti al personale che ha beneficiato della disciplina sulle progressioni economiche orizzontali, di cui all’art. 5 del CCNL del 31.3.1999, sono interamente a carico delle risorse decentrate previste dall’art. 31, comma 2.

2. Gli oneri di cui al comma 1 sono calcolati su base annua e sono comprensivi anche della quota della tredicesima mensilità”.

3.4) Da quanto sopra esposto, si evince l’esistenza, con riferimento alle procedure di mobilità orizzontale degli enti locali, di un obbligo, imposto sia dalla legislazione statale sia dalla contrattazione collettiva nazionale vigenti, di copertura finanziaria e di attestazione della stessa.

3.5) A confermare questa conclusione è la giurisprudenza della S.C. la quale ha chiarito – in un caso scaturito dalla medesima procedura selettiva per progressione economica orizzontale – che anche in tema di rapporti di lavoro nel pubblico impiego privatizzato, le decisioni datoriali che incidano sul costo del personale e comportino spese a carico della Pubblica Amministrazione devono essere assunte in presenza della necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti e le procedure eventualmente svolte sono prive di effetti e non consentono il sorgere di diritti delle parti, a ciò facendo eccezione soltanto i casi riportabili alla fattispecie di cui all’art. 2126 c.c. e, quindi, caratterizzati dallo svolgimento di fatto di prestazioni di lavoro subordinato chieste e ricevute dal datore di lavoro pubblico pur in violazione di norme di legge o di contrattazione collettiva (Cass., Sez. L, n. 15364 del 31 maggio 2023).

Questa decisione ha confermato, quindi, che il principio della necessaria copertura della spesa, quanto agli enti locali, ha fondamento normativo, attualmente, nel combinato disposto degli artt. 191 e 153, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000, secondo cui (art. 191, comma 1, cit.) «gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5».

D’altronde, sulla base della normativa prima vigente e di portata sostanzialmente analoga (art. 55, comma 5, legge n. 142 del 1990, secondo cui «i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria») la Corte di cassazione, aveva già affermato che «la delibera …. è valida e vincolante nei confronti dell’ente soltanto se il relativo impegno di spesa sia accompagnato dall’attestazione, da parte del responsabile del servizio finanziario, della copertura finanziaria» e che «l’inosservanza di tale prescrizione determina la nullità della delibera …. comportando l’esclusione di qualsiasi responsabilità od obbligazione dell’ente pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento» (Cass., SU, n. 13831 del 28 giugno 2005).

Non diversamente, secondo Cass., Sez. 1, n. 24303 del 18 novembre 2011, in tema di contratti stipulati dai comuni, già ai sensi degli artt. da 284 a 288 del r.d. n. 383 del 1934, e succ. mod., era principio inderogabile quello della necessità dell’impegno di spesa, la cui violazione comportava radicale nullità.

Similmente, ad avviso di Cass., SU, n. 26657 del 18 dicembre 2014, in materia di obbligazioni della P.A., all’ente non era consentito di derogare alle procedure di spesa di cui all’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla legge n. 144 del 1989, art. 1, comma 1, (oggi sostituito dall’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000) sicché, in mancanza, il rapporto obbligatorio non era riferibile all’ente.

In ambito di lavoro autonomo convenzionato, poi, Cass., Sez. L, n. 17358 del 27 giugno 2019, ha parimenti ritenuto che «l’esigenza di prevedere la copertura economica di qualunque spesa per la P.A. contraente è presupposto per la formazione di una valida volontà negoziale dell’amministrazione.

Pertanto, ove la delibera di conferimento di un incarico professionale di consulenza sia stata adottata senza la necessaria copertura finanziaria, è legittima la delibera di cessazione dell’incarico assunta dall’ente pubblico».

Tali principi valgono, per la giurisprudenza di legittimità citata, data la generale portata delle norme, anche rispetto ad impegni destinati ad incidere su rapporti preesistenti (qui, rapporti di lavoro di pubblico impiego privatizzato) e, dunque, a vicende, come una progressione orizzontale, che, evidentemente, comportano il maturare di costi.

Ciò perché la produzione di effetti di quegli impegni, quali, nel caso di specie, derivanti dall’indizione di una procedura utile ad individuare il personale che potrebbe godere della progressione de qua, in tanto può dispiegare effetti e tradursi in un reale obbligo della P.A. – datore di lavoro di adempiere, in quanto quella copertura di spesa vi sia.

In senso contrario non vale richiamare quella giurisprudenza che, nel contesto dell’indirizzo del tutto uniforme di cui sopra, esclude l’invalidità o l’inefficacia quando l’attività negoziale sia fonte di costi non ancora certi e definiti (Cass., Sez. 1, n. 13913 del 22 maggio 2019), non potendo questo affermarsi con riferimento ai costi del personale, soprattutto a quelli relativi a un aumento di trattamento di personale in forza, in ordine ai quali la copertura rispetto ai fondi destinati alla relativa sovvenzione non può non essere determinabile.

4) Premesso quanto sopra, deve essere esaminata, in secondo luogo, la tematica processuale oggetto di causa, ossia se la mancanza di copertura finanziaria e di sua valida attestazione, con conseguente nullità della procedura di mobilità orizzontale, possa essere eccepita dalla parte liberamente durante il giudizio di primo grado per poi essere contestata anche nell’atto di appello.

Infatti, la Corte d’appello di Caltanissetta ha valutato la menzionata nullità nonostante fosse stata prospettata davanti al Tribunale di Enna dopo la scadenza dei termini preclusivi di legge, decidendo in senso favorevole alla P.A.

4.1) Questa conclusione deve essere valutata alla luce delle considerazioni di seguito esposte.

Nella specie, la corte territoriale si è trovata ad essere richiesta di esaminare una questione di validità negoziale, come tale rilevabile d’ufficio.

Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di appello e in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo (Cass., SU, n. 26242 del 12 dicembre 2014; Cass., Sez. 1, n. 20170 del 22 giugno 2022).

Più precisamente, si è affermato che la rilevazione d’ufficio delle nullità negoziali – sotto qualsiasi aspetto, anche diverso da quello allegato dalla parte, e, altresì, per le ipotesi di nullità speciali o di protezione – è sempre obbligatoria, purché la pretesa azionata non venga rigettata in base a una individuata ragione più liquida, e va intesa come indicazione alle parti di siffatto vizio (Cass., Sez. 2, n. 3308 del 5 febbraio 2019).

In questa ottica, il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo officioso di una nullità contrattuale, nonostante ne sia mancata la rilevazione in primo grado e l’eccezione di nullità sia stata sollevata in sede di gravame, venendo in questione un’eccezione in senso lato, come tale proponibile in appello a norma dell’art. 345, comma 2, c.p.c. (Cass., Sez. 6-1, n. 19161 del 15 settembre 2020).

Secondo la Corte di cassazione, il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato tali validità ed efficacia, né le parti ne abbiano discusso – trattandosi di profilo afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c. (Cass., Sez. 6-3, n. 19251 del 19 luglio 2018; Cass., Sez. 2, n. 26495 del 17 ottobre 2019).

Ancora di recente, la S.C. ha chiarito che la nullità del contratto per violazione di norme imperative, siccome oggetto di un’eccezione in senso lato, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che i relativi presupposti di fatto, anche se non interessati da specifica deduzione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, ferma restando l’impossibilità di ammettere nuove prove funzionali alla dimostrazione degli stessi (Cass., Sez. 3, n. 4867 del 23 febbraio 2024).

Per l’esattezza, ha precisato che la rilevabilità officiosa delle eccezioni in senso lato, ossia della rilevanza in iure dei fatti che le integrano, non è condizionata né all’onere di allegazione dei detti fatti ad opera della parte che dell’eccezione può beneficiare né, tanto meno, al rispetto dei termini di preclusione fissati per l’esercizio dei poteri assertivi delle parti circa le cosiddette eccezioni in senso stretto.

Detta rilevabilità non può prescindere, però, dalla emergenza ex actis degli elementi fattuali (i fatti) sulla cui base quella eccezione possa essere rilevata d’ufficio o dedotta dalla parte interessata (Cass., SU, n. 10531 del 7 maggio 2013; Cass., Sez. L, n. 23721 del 1° settembre 2021), “assumendo rilevanza, sotto il profilo delle preclusioni all’introduzione dei fatti stessi, il momento in cui, secondo la legge processuale, è previsto che nel processo possano essere dedotti fatti, tuttavia con la relatività derivante dalla possibilità che i fatti integratori di eccezioni in senso lato possano eventualmente emergere, in base al c.d. principio di acquisizione processuale, pure dall’espletamento delle prove ammesse” (Cass., Sez. 3, n. 4867 del 23 febbraio 2024).

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di cassazione ha evidenziato che la valutazione della eccezione di nullità del contratto in sede di legittimità presuppone che, durante il giudizio di merito siano stati accertati i relativi presupposti di fatto, ossia risultino introdotti e acquisiti quei fatti, anche se non ne sia stata rilevata la valenza in iure né dalla parte interessata né dallo steso giudice del merito.

La nullità può, quindi, essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ma solo ove siano acquisiti agli atti del giudizio tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza (Cass., Sez. 3, n. 4175 del 19 febbraio del 2020), vale a dire quando “il fatto posto a fondamento della eccezione in senso lato” è “già legittimamente acquisito sul piano probatorio”.

Questo indirizzo, pertanto, svincola dalle preclusioni il potere di allegare o rilevare fatti per tali nullità rilevanti, ma non quello di richiedere o introdurre le fonti (pure documentali) di prova da cui tali fatti, se ancora non dimostrati da alcuna fonte o mezzo di prova ritualmente acquisita, possano emergere.

È consentito allora, che la parte alleghi e/o rilevi, dopo la scadenza delle preclusioni e, altresì, in appello, o che il giudice rilevi fatti che, già tempestivamente documentati o provati in atti, ossia ritualmente acquisiti, evidenziano l’infondatezza della pretesa sebbene alla stregua di eccezione non allegata dalla parte interessata nella fase procedimentale deputata all’esercizio dei poteri assertivi.

Ciò che non è concesso, al contrario, è che i fatti allegati o rilevati successivamente allo spirare di siffatte preclusioni siano pure tardivamente provati, rimettendo in moto una fase procedimentale – quella istruttoria – che è ormai definitivamente chiusa.

4.2) Dalla giurisprudenza enunciata si evince, in conclusione, che le nullità contrattuali (nonché quelle dei presupposti di detti contratti) devono essere rilevate d’ufficio dal giudice, anche in appello o cassazione, purché i relativi presupposti siano stati dimostrati tempestivamente, eventualmente emergendo dalle prove in ogni caso ammesse, in base al c.d. principio di acquisizione processuale.

Ovviamente, dette prove ben potranno entrare nel processo, nei limiti in cui siano ancora operativi i poteri d’acquisizione d’ufficio delle stesse da parte del giudice del merito (ad esempio, ex art. 421 c.p.c.), o qualora vengano in rilievo fatti sopravvenuti o esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o, quanto ai documenti, ove sia stato impossibile produrli in precedenza per causa di forza maggiore, ricorrendo i requisiti della rimessione in termini.

5) A questo punto, è possibile definire la controversia, applicando i seguenti principi, ricavabili da quanto sinora esposto:

a) la presenza di una copertura finanziaria e di spesa è un presupposto indefettibile dell’indizione della procedura di progressione economica, fissato a pena di nullità, che deve essere presente al momento di detta indizione;

b) le nullità contrattuali (nonché quelle dei presupposti di detti contratti) devono essere rilevate d’ufficio dal giudice, anche in appello o cassazione, purché i relativi presupposti siano stati dimostrati tempestivamente, nel rispetto delle vigenti preclusioni istruttorie e fatte salve le eccezioni sopra menzionate.

6) La corte territoriale, come detto, ha ritenuto ammissibile la contestazione concernente la nullità e invalida la procedura discussa.

Si tratta di una conclusione che è in armonia con le considerazioni precedenti e con i principi appena esposti.

Il giudice del merito, infatti, non può rifiutarsi di valutare una nullità contrattuale, ove sia eccepita, e deve dichiararla, qualora risulti dimostrata dagli atti.

Nella specie, veniva in rilievo l’esistenza della copertura di spesa, la quale doveva essere accertata alla luce della documentazione presente, dell’istruttoria tempestivamente richiesta o delle prove ancora acquisibili d’ufficio, soprattutto tenendo conto del testo della delibera di indizione della procedura de qua.

Solo in caso di verifica negativa l’eccezione in esame avrebbe potuto essere rigettata nel merito.

La corte territoriale, quindi, bene ha fatto a decidere per l’ammissibilità della contestazione che interessava la nullità, atteso che la sua allegazione poteva tranquillamente avvenire, come nella specie si è verificato, durante il processo di primo grado e nell’atto di appello.

In aggiunta a ciò, si sottolinea che, con riferimento alla richiesta «copertura finanziaria», la Corte d’appello di Caltanissetta non ne ha ritenuto l’esistenza in quanto i prospetti allegati alla deliberazione riguardavano «soltanto le risorse economiche per il triennio 1999-2001», mentre la progressione -. aggiunge la sentenza – concerneva l’anno 2004, per quanto poi indetta nel 2008.

Con l’ulteriore precisazione che, prevedendo il CCNL 2002/2005, agli artt. 31, commi 2 e 34, la determinazione annuale delle risorse, la disponibilità per quel risalente triennio non poteva valere per gli anni di interesse.

Ne deriva che la corte di secondo grado ha reputato assente la necessaria copertura finanziaria, con conseguente inefficacia della procedura indetta, in linea con la giurisprudenza di questa S.C. di portata generale in tema di obbligazioni della P.A. e degli enti locali.

A fronte di tale accertamento, non vi è alcuna violazione dell’art. 2697 c.c., perché, al di là di chi spetti provare l’esistenza o meno della copertura, la corte territoriale ha stabilito che essa non vi fosse, con ragionamento di merito non implausibile e non fondato sulla ripartizione dell’onere della prova, ma sulla deduzione logica che, essendo stati allegati all’atto deliberativo indicazioni di copertura di spesa non riguardanti gli anni interessati, si dovesse ritenere insussistente la copertura stessa.

Quanto sinora affermato, anche attraverso il richiamo ai passaggi motivazionali essenziali, esclude, altresì, che si possa parlare di difetti motivazionali, tanto meno sotto il profilo dell’apparenza.

La relativa censura va, dunque, disattesa.

7) Obietta ancora il ricorrente che questa Sezione della S.C., nel frattempo, ha emesso l’ordinanza n. 17453 del 25 giugno 2024, la quale si sarebbe occupata di “identica questione di diritto processuale”, con esito favorevole al dipendente.

In tal senso, la S.C. ha statuito che “i due motivi di ricorso – che possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione tra di loro – sono comunque inammissibili, perché pongono una questione che non è trattata nella sentenza impugnata e che non è stata ritualmente introdotta nel processo nei modi e nei termini in cui era consentito farlo”.

Sul punto si osserva che l’ordinanza appena citata non si pone in contrasto con l’odierna sentenza, atteso che, nella presente lite, la corte territoriale ha accolto l’eccezione della parte ricavando i fatti rilevanti dalle prove già presenti agli atti in primo grado e che l’eccezione di nullità era stata sollevata già davanti al Tribunale di Enna.

Nel caso menzionato dal controricorrente, dalla lettura della motivazione risulta, invece, che la Corte di cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto non era stato allegato dal ricorrente che i presupposti di fatto della nullità negoziale risultavano iuxta alligata et probata partium, come richiesto dalla richiamata giurisprudenza.

Per queste ragioni, il Collegio considera non decisiva l’obiezione del ricorrente.

8) Con il quarto motivo il ricorrente evidenzia che la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare la domanda subordinata di risarcimento del danno avanzata in primo grado.

La censura è inammissibile, poiché l’istante neppure adduce che detta domanda fosse stata riproposta in appello ex art. 346 c.p.c., limitandosi ad affermare che la pretesa subordinata era stata avanzata in primo grado.

9) Il ricorso è rigettato, in applicazione dei seguenti principi di diritto:

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, le decisioni datoriali che incidono sul costo del personale e comportano spese a carico della P.A. richiedono la necessaria copertura finanziaria e di spesa, in mancanza della quale gli atti adottati e le procedure svolte sono privi di effetti e non producono il sorgere di diritti delle parti, eccezion fatta per i rapporti di lavoro di fatto, stipulati in violazione sia della legge sia della contrattazione collettiva, che devono essere comunque remunerati per effetto del disposto dell’art. 2126 c.c. e dei principi sanciti dagli artt. 35 e 36 della Costituzione”;

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, le decisioni datoriali che comportano spese a carico della P.A., incidendo sul costo del personale, e che sono state adottate in assenza della necessaria copertura finanziaria e di spesa sono nulle e la relativa invalidità deve essere rilevata d’ufficio dal giudice anche in appello, pur se non sia stata prospettata né in primo grado né al momento dell’impugnazione, purché i relativi presupposti di fatto siano stati dimostrati tempestivamente, eventualmente emergendo dalle prove ritualmente ammesse, e fatti salvi, comunque, i poteri istruttori esercitabili d’ufficio dal giudice del merito, le esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione e la possibilità di rimessione in termini, sussistendone i requisiti di legge”.

Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.

Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 2.500,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;

– Attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.