CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Sentenza n. 32125 depositata il 12 dicembre 2024

Lavoro – Mansioni di “operatore unico aeroportuale” – Lockdown nazionale – Emergenza sanitaria da COVID-19 – Trattenuta dalla busta paga somma a titolo di “permessi non retribuiti” – Impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa per factum principis – C.I.G. in deroga – Mancato accordo con le organizzazioni sindacali – Accoglimento

Svolgimento del processo

1.- L.G.F. era dipendente di A.H. S.p.A. dall’01/03/2019 a tempo pieno e indeterminato, con qualifica di operaio, inquadrato al livello 5 CCNL trasporto aereo – sezione handlers e mansioni di “operatore unico aeroportuale”.

Deduceva che a marzo 2020 le attività produttive ed erogatrici di servizi erano state sottoposte a chiusure dovute al c.d. lockdown nazionale, disposto dal Governo per l’emergenza sanitaria da COVID-19, sicché da metà marzo 2020 era stato impossibilitato a rendere la prestazione lavorativa in ragione della chiusura dello scalo di Linate (cui era addetto), avvenuta il 16/03/2020.

Assumeva che dalla busta paga di marzo 2020 era emerso che nel periodo 16/03-22/03/2020 la datrice di lavoro aveva effettuato la trattenuta della somma lorda di euro 685,35 a titolo di “permessi non retribuiti” per un totale di 67,50 ore.

Ritenendo illegittima tale trattenuta, adiva il Tribunale di Milano per ottenere la condanna della società al pagamento della predetta somma.

2.- Costituitasi in giudizio, la società eccepiva che il ricorrente non disponeva di ferie, permessi retribuiti o congedi ordinari, sicché essa si era trovata costretta a collocare il dipendente in permesso non retribuito.

3.- Il Tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo sussistente un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa per factum principis, non assimilabile però all’istituto dei permessi non retribuiti, previsti dal CCNL per esigenze personali del lavoratore, nella specie non ricorrenti.

3.- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello rigettava il gravame proposto dalla società.

A sostegno della prpria decisione la Corte territoriale afferma:

a) le circostanze di fatto sono pacifiche;

b) è altrettanto pacifico che il dipendente non disponesse di ferie, permessi retribuiti e congedi ordinari;

c) per verificare la legittimità della trattenuta è irrilevante il titolo indicato in busta paga, dovendo invece stabilirsi se in quei giorni di mancata prestazione lavorativa il dipendente avesse oppure no diritto alla retribuzione;

d) in ogni caso l’istituto del permesso non retribuito non può essere applicato, in quanto previsto dal CCNL su istanza del lavoratore e per sue esigenze, entrambe condizioni che nella specie difettano;

e) la società ha fatto malgoverno degli strumenti previsti dal legislatore dell’emergenza, volti a tutelare la conservazione del posto di lavoro e della retribuzione dei dipendenti anche nei periodi di impossibilità della prestazione lavorativa;

f) in particolare, con i DD.MM. di febbraio e marzo 2020 ai datori di lavoro è stato raccomandato di fare ricorso ad istituti quali i congedi ordinari e le ferie nonché agli altri istituti previsti dalla contrattazione collettiva;

g) la società, vista l’impossibilità di ricorrere alle ferie e ai permessi retribuiti, avrebbe dovuto accedere alla cassa integrazione per “emergenza COVID-19” espressamente prevista dall’art. 19 d.l. n. 18/2020 (c.d. cura Italia);

h) la società ha invece chiesto un incontro alle oo.ss. per un esame congiunto sull’attivazione della CIGS in deroga prevista dall’art. 22 d.l. n. 18 cit., incontro che ha avuto esito negativo;

i) ben avrebbe, invece, potuto e dovuto ricorrere all’ipotesi tipica di c.i.g. introdotta proprio per l’emergenza da COVID-19.

4.- Avverso tale sentenza A.H. S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.

5.- F.L.G. è rimasto intimato.

6.- Il P.G. ha depositato memoria scritta, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

7.- La società ricorrente ha depositato memoria, con cui ha replicato alla memoria del P.G.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1218, 1256 e 1463 c.c., 18 e 22 d.l. n. 18/2020, 10 d.lgs. n. 148/2015, 115, co.1, c.p.c., nonché 2, co. 1, lett. s), D.P.C.M. 08/03/2020 e 1, n. 7, D.P.C.M. 11/03/2020 per avere la Corte territoriale ritenuto che essa società avesse fatto malgoverno degli strumenti messi a disposizione dal legislatore dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e dal Governo e, in particolare, per non aver fatto ricorso alla c.i.g. per “emergenza COVID-19” prevista dall’art. 19 d.l. n. 18/2020.

In particolare, assume che tale previsione introduceva un’ulteriore causale di c.i.g. ordinaria, prevista dal d.lgs. n. 148/2015, dal cui ambito applicativo, tuttavia, essa società era esclusa, sicché l’unica forma di tutela del reddito dei dipendenti restava la c.i.g. in deroga (c.d. CIGD) prevista dall’art. 22 d.l. n. 18/2020.

Ribadisce che l’esito negativo di quest’ultima era dipeso dal mancato accordo con le organizzazioni sindacali.

Lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di tenere conto di tutto ciò (v. ricorso per cassazione, p. 12).

Il motivo è fondato.

Ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 148/2015, le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e le società da queste derivate, nonché le imprese del sistema aereoportuale non rientrano nell’ambito applicativo della cassa integrazione guadagni ordinaria.

Rientrano invece in quello della cassa integrazione guadagni straordinaria, come previsto dall’art. 20, co. 3, lett. a), d.lgs. n. 148 cit.

A questo riguardo, inoltre, con il decreto interministeriale 07/04/2016, n. 95269 (pubbl. in G. U. n. 118 del 21/05/2016), in attuazione dell’art. 40, co. 9, d.lgs. n. 148/2015, è stato istituito il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (che non ha personalità giuridica e costituisce una gestione dell’INPS: v. art. 1, co. 2), al fine di adeguare la disciplina del previgente Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo alle disposizioni del decreto legislativo n. 148 cit.

Esso eroga varie prestazioni, fra cui quella integrativa del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria (art. 5, co. 1, lett. a), decreto interministeriale cit.).

Ne consegue che, in diritto, giammai la società ricorrente avrebbe potuto fare ricorso alla c.i.g. ordinaria e alla tipica causale di “emergenza COVID-19” introdotta dall’art. 19 d.l. n. 18/2020, che presupponeva pur sempre l’inclusione del datore di lavoro fra quelli abilitati a chiedere la concessione di questo “ammortizzatore sociale”, presupposto che nella specie difetta.

Ha quindi errato la Corte territoriale nell’imputare la riduzione del reddito del lavoratore ad un’errata scelta datoriale (la cassa integrazione guadagni straordinaria) che, invece, era l’unica strada percorribile.

L’esito negativo di questa scelta – come accertato dalla Corte territoriale – è dipeso soltanto dal mancato accordo con le organizzazioni sindacali, quindi ancora una volta ad un fatto non imputabile al datore di lavoro.

Sussistendo una fattispecie di impossibilità sopravvenuta temporanea per factum principis, non imputabile ad alcuna delle parti del rapporto di lavoro, quest’ultimo è caduto in uno stato di quiescenza del sinallagma funzionale delle prestazioni, sicché – in omaggio al principio di corrispettività delle prestazioni medesime nel rapporto di lavoro subordinato – il lavoratore non ha diritto alla retribuzione per una attività lavorativa non eseguita in quanto divenuta temporaneamente impossibile.

Irrilevante è il titolo della trattenuta indicata dalla società in busta paga, su cui pure si appunta la memoria del P.G.

In proposito si consideri che l’azione è stata promossa dal lavoratore per ottenere l’esatto adempimento della prestazione retributiva a carico del datore di lavoro, sicché non spetta a quest’ultimo provare l’esattezza del titolo della trattenuta indicato in busta paga, ma in primo luogo al lavoratore dimostrare di essere creditore (a prescindere dal titolo della trattenuta indicato in busta paga) e quindi di avere diritto all’intera retribuzione; al datore di lavoro compete, invece, dimostrare l’esatto adempimento oppure l’esistenza di cause di impossibilità sopravvenuta o altre cause giustificatrici.

A tal riguardo va ricordato che, nel nostro ordinamento, per il datore di lavoro è sì obbligatoria l’imputazione di pagamento, poiché egli è tenuto alla consegna delle buste paga previste dalla L. n. 4/1953, ma detto obbligo – che ha la funzione di consentire al lavoratore di controllare la corrispondenza fra quanto a vario titolo dovutogli e quanto effettivamente corrispostogli – non vale a snaturare l’imputazione stessa, giacché quest’ultima, anche se compiuta in esecuzione di un obbligo, presuppone pur sempre l’esistenza del debito e non può sostituirsi ad un valido titolo costitutivo del medesimo (Cass. n. 11632/2018; Cass. n. 22872/2010; Cass. n. 3207/1987; Cas. n. 5498/1985).

A carico del datore di lavoro non sussiste, invece, obbligo di imputazione della trattenuta.

Ne deriva che quest’ultima, qualora indicata, ben potrebbe essere frutto di errore e comunque, proprio perché non obbligatoria, non è rilevante né, d’altro canto, è vincolante per il giudice adito dal lavoratore con una domanda di condanna del datore di lavoro al pagamento dell’intera retribuzione.

Pertanto, sulle parti del rapporto di lavoro restano intatti gli oneri di allegazione e di prova come sopra ripartiti.

In conclusione, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384, co. 2, c.p.c.), la domanda originaria del lavoratore va rigettata perché infondata.

In considerazione della novità della questione giuridica oggetto del thema decidendum, vanno compensate le spese di tutti i gradi di merito e quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da F.L.G.; compensa le spese di tutti i gradi di merito e del presente giudizio di legittimità.