CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, Sentenza n. 4077 depositata il 17 febbraio 2025

Lavoro – Licenziamento – Contestazione assenza ingiustificata – Mancato svolgimento attività didattica – Mancata partecipazione alle riunioni degli organi collegiali – Inammissibilità

Fatti di causa

1. La Corte di Appello di Trieste ha rigettato il gravame proposto da A.M.D.P. avverso la sentenza del Tribunale di Trieste che aveva respinto il suo ricorso, volto ad accertare l’illegittimità, l’inefficacia e la nullità del licenziamento intimatole dal Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia, ad ottenere l’annullamento del licenziamento e la condanna dell’Amministrazione a reintegrarla nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto dovuta dal licenziamento all’effettiva reintegrazione, in misura non superiore a 24 mensilità, oltre accessori e al risarcimento di tutti i danni patiti.

Alla D.P., docente presso l’I.S.I.S. “D.V.C.D.S.” di Trieste, erano stati contestati:

– l’assenza ingiustificata dal servizio dal 4.4.2020 al 10.6.2020 (55 giornate di assenza ingiustificata);

– l’assenza ingiustificata dal servizio nei giorni degli scrutini 11 e 13 giugno 2020 (2 giorni di assenza ingiustificata);

– l’assenza ingiustificata dagli esami di Stato, quale membro interno di commissione, il 15.6.2020 e nei giorni dal 17 al 23 giugno 2020 (7 giorni di assenza ingiustificata);

– l’assenza ingiustificata dal collegio dei docenti co modalità online il giorno 30.6.2020.

2. La Corte territoriale ha escluso che il dedotto ritardo della Dirigente Scolastica nel segnalare l’assenza ingiustificata della D.P. all’Ufficio Scolastico Regionale avesse invalidato il procedimento disciplinare.

3. In assenza di dati idonei ad attribuire al temporaneo silenzio della Dirigente Scolastica il significato di manifestazione implicita della volontà di ritenere legittima la mancata partecipazione della D.P. alle attività dell’Istituto cui era assegnata, il giudice di appello ha in particolare rilevato che difettava il riscontro sul piano fattuale del legittimo affidamento della D.P. sull’irrilevanza disciplinare della sua condotta o sulla scarsa gravità della medesima; ha per contro evidenziato che risultavano provato che erano rimasti senza esito i numerosi contatti telefonici tra la Dirigente e la Segreteria amministrativa della Scuola e la D.P., più volte sollecitata ad attivarsi per poter svolgere l’attività didattica a favore degli studenti e partecipare alle altre attività istituzionali dovute o almeno a giustificare la sua assenza.

4. Il giudice di appello ha ritenuto che la contestazione disciplinare del 27.7.2020 fosse tardiva rispetto alla prima segnalazione dell’assenza ingiustificata della D.P., contenuta nella nota prot. n. 0003452/U del 28.4.2020 (relativa al mancato svolgimento di alcuna attività di insegnamento e al mancato svolgimento di alcuna altra attività lavorativa da parte della D.P. a partire dal 4.4.2020).

5. Riguardo alle assenze ingiustificate della D.P. dal 28.4.2020 dal 30.6.2020 ha invece ritenuto tempestiva la formulazione dell’addebito da parte dell’UPD dell’Ufficio Scolastico Regionale, avvenuta con la comunicazione prot. n. 0006920/U del 27.7.2020, conosciuta dalla destinataria in data 3.8.2020; ha in particolare escluso che l’Ufficio competente avesse avuto piena conoscenza delle assenze ingiustificate della D.P. dal 28.4.2020 dal 30.6.2020 prima del 10.7.2020 (data della nota integrativa prot. n. 0006044/U con cui la Dirigente Scolastica si era conformata alla richiesta dell’Ufficio Scolastico Regionale del 1.7.2020 di circoscrivere puntualmente i singoli fatti rispetto ai quali era stato chiesto l’avvio del procedimento disciplinare con la nota integrativa e che la contestazione disciplinare presuppone una notizia circostanziata dell’illecito e dunque una conoscenza certa di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito l’Ufficio competente aveva avuto piena ed effettiva conoscenza).

6. Ha poi ritenuto tempestiva la sanzione, essendo stato il licenziamento comminato con provvedimento del 6.11.2020, trasmesso per la notifica all’UNEP di Modena con nota del 19.11.2020, e dunque entro il termine di 120 giorni dalla contestazione.

7. All’esito dell’istruttoria testimoniale, ha escluso che l’assenza della D.P., ovvero il mancato svolgimento dell’attività didattica e la mancata partecipazione alle riunioni degli organi collegiali fosse scriminata dall’inesigibilità della prestazione ed ha parimenti ritenuto ingiustificata l’assenza della D.P. per tutta la durata degli esami di Stato, ai quali avrebbe dovuto partecipare in presenza e non da remoto.

8. A fronte dell’assenza della D.P. dal 4.4.2020 al 30.6.2020 senza interruzione e senza valida giustificazione, ed in mancanza di alcun concreto tentativo, da parte della medesima, di rimediare alla situazione con l’acquisizione degli strumenti e delle competenze occorrenti per lo svolgimento dell’attività didattica di sua competenza, ha ritenuto congrua la sanzione irrogata.

9. Avverso tale sentenza la D.P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, al quale il Ministero dell’Istruzione ha resistito con controricorso.

10. La Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Ragioni della decisione

1.Con il primo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55-bis, comma 4, d.lgs. n. 165/2001, nonché degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. (per mancata immediata segnalazione dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare da parte del Dirigente Scolastico all’UPD), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.

Evidenzia che la prima assenza contestata è quella del 4.4.2020, mentre la segnalazione del relativo addebito è avvenuta con la nota n. 5419 del 24.6.2020 (2 mesi e 20 giorni dopo), con cui era stato richiesto all’UPD l’avvio del procedimento disciplinare, contenente un generico riferimento alla nota n. 3452 del 28.4.2020 (depositata in atti solo in data 11.9.2023, a seguito dell’istanza della Corte territoriale in data 18.8.2023), intervenuta dopo 24 giorni dalla prima assenza contestata.

Sostiene che già dopo tre giorni di assenza ingiustificata, e dunque in data 6.4.2020, il datore di lavoro avrebbe dovuto comunicare le assenze all’UPD; evidenzia che essendo previsto dall’art. 55 quater comma 1 lett. b del d.lgs. n. 165/2001 il licenziamento disciplinare nell’ipotesi di assenza ingiustificata per un numero di giorni superiore a tre, non era necessario attendere la fine dell’anno scolastico per la segnalazione/contestazione delle assenze, essendosi l’illecito già verificato, secondo la prospettazione dell’Amministrazione, già in data 7.4.2020.

Precisa che tale assenza era di immediata percezione e che il differimento della segnalazione non era condizionato dall’indagine sull’operato complessivo della D.P.

Lamenta la violazione del diritto alla difesa della D.P. che, qualora fosse stata tempestivamente convocata, avrebbe potuto fornire le sue giustificazioni con l’assistenza di un legale o del Sindacato ed in contraddittorio con l’Amministrazione, chiarendo le motivazioni della sua assenza; evidenzia che la convocazione era avvenuta solo per la data del 7.9.2020.

Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente invertito l’onere probatorio, ponendo a carico della D.P. l’onere di dimostrare in giudizio argomenti a sostegno della legittimità della sua posizione qualora la sua mancata presenza in servizio fosse stata immediatamente portata a conoscenza dell’UPD.

Aggiunge che la mancata tempestiva segnalazione dell’assenza da parte del dirigente e la tardività della contestazione avevano indotto la D.P. a ritenere che il suo comportamento fosse tollerato dall’Amministrazione e che eventuali violazioni non fossero di gravità tale da giustificare un licenziamento.

Deduce che la sentenza impugnata non ha smentito la sentenza di primo grado, che ha implicitamente aderito alla tesi dell’Amministrazione, secondo cui le assenze contestate integrano un illecito permanente a formazione progressiva, essendosi le assenze prolungate senza soluzione di continuità fino al termine dell’anno scolastico; evidenzia che l’illecito contestato ha carattere istantaneo.

2. Con il secondo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55-bis, comma 9 ter, secondo periodo, d.lgs. n. 165/2001, (mancato rispetto del termine per la contestazione dell’addebito da parte dell’UPD), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.

Lamenta l’apoditticità della motivazione in ordine alla piena conoscenza dei fatti da parte dell’UPD solo con i rapporti integrativi del 10 e del 24 luglio 2020, addebitando alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto tempestiva la contestazione del 27.7.2020.

Evidenzia la chiarezza e la precisione della descrizione dei fatti contenuta nella segnalazione del 24.6.2020, nonché il carattere preciso e circostanziato della medesima.

Sostiene che da tale produzione e dalla nota del 28.4.2020 pervenuta all’UPD in data 5.5.2020 si evince che l’UPD era pienamente a conoscenza della circostanza che la D.P. era assente ingiustificata dal 4.4.2020.

Critica la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che l’Ufficio competente non avesse avuto piena conoscenza delle assenze successive al 28 aprile prima del 10.10.2020, risultando dalla nota integrativa emessa in tale data che il precedente dirigente aveva già presentato all’UPD una dettagliata relazione corredata da tutti gli allegati, tanto che la segnalazione del 24.4.2020 era stata qualificata dalla stessa Amministrazione come mero “aggiornamento della situazione”.

Assume che attraverso tale qualificazione l’Amministrazione aveva ammesso la completezza della segnalazione del 28.4.2020 ai sensi dell’art. 55 bis, comma 4, secondo periodo d.lgs. n. 165/2001.

Aggiunge che secondo tale disposizione, il termine di trenta giorni decorre anche in assenza di una formale segnalazione, dal momento in cui l’UPD abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare.

Sostiene che il Ministero era tenuto a provare il contenuto della rituale segnalazione effettuata dal dirigente in data 28.4.2020 (prodotta solo a seguito dell’ordinanza istruttoria della Corte territoriale).

3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.M. n. 197/2020 in combinato disposto con l’art. 9, comma 5, del D.P.R. n. 323 del 23.7.1998, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (nomina della D.P. a commissario interno per gli esami di Stato del giugno 2020, nonostante non avesse classi quinte).

Sostiene la palese illegittimità della contestazione relativa alle assenze nei giorni 15.6.2020 e nei giorni dal 17 al 23 giugno 2020, atteso che ai sensi dell’art. 5 del D.M. n. 197/2020 può essere designato come commissario un docente la cui classe di concorso sia diversa da quella prevista dal quadro orario ordinamentale per la disciplina selezionata, purché insegni la disciplina stessa nella classe terminale di riferimento.

Addebita alla Corte territoriale di non avere rilevato che in forza delle disposizioni contenute nel D.M. n. 197/2020 può essere designato come commissario un docente la cui classe di concorso sia diversa da quella prevista dal quadro orario ordinamentale per la disciplina selezionata, purché insegni la disciplina stessa nella classe terminale di riferimento.

4. Con il quarto motivo, il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16, commi 2 e 3, del Decreto MIUR n. 6/2007, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.

Evidenzia che la D.P., assente alla riunione del 15.6.2020, era stata tempestivamente sostituita ai sensi dell’art. 16 commi 2 e 3, del Decreto MIUR n. 6/2007 e che pertanto era giuridicamente impossibile la sua partecipazione ai successivi esami svolti dal 17 al 23 giugno 2020.

Lamenta l’omesso esame di tale circostanza da parte della Corte territoriale.

5. Il primo motivo è inammissibile, in quanto non coglie il decisum.

La Corte territoriale non ha infatti posto a carico della D.P. l’onere di dimostrare in giudizio argomenti a sostegno della legittimità della sua posizione qualora la sua mancata presenza in servizio fosse stata immediatamente portata a conoscenza dell’UPD, né ha posto in essere alcuna inversione dell’onere probatorio, ma si è limitata a rilevare che la D.P. non ha mai esplicitato in cosa sarebbe consistita la prospettata lesione del suo diritto alla difesa, non avendo indicato argomenti in fatto o on diritto diversi da quelli esposti in giudizio, che avrebbe potuto far valere a sostegno della legittimità della sua condotta, se l’assenza dal servizio ed il mancato svolgimento della prestazione lavorativa fosse stata portata immediatamente a conoscenza dell’UPD.

La sentenza impugnata è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui l’art. 55 bis del d.lgs. n. 165/2001, nel disciplinare i tempi della contestazione, mentre impone al dirigente della struttura amministrativa di trasmettere, “entro cinque giorni dalla notizia del fatto”, gli atti all’ufficio disciplinare, prescrive a quest’ultimo, a pena di decadenza, di contestare l’addebito entro il termine di giorni 40 dalla ricezione degli atti, sicché va escluso che l’inosservanza del primo termine, che assolve ad una funzione sollecitatoria, comporti, di per sé, l’illegittimità della sanzione inflitta, assumendo rilievo la sua violazione solo allorché la trasmissione degli atti venga ritardata in misura tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o tardiva la contestazione dell’illecito (Cass. n. 1781/2015; Cass. n. 17153/2015; Cass. n. 16900/2016; Cass. n. 32491/2018).

La censura non adduce una concreta violazione di facoltà o opportunità difensive, ma si limita a prospettare che l’audizione avrebbe potuto essere disposta in epoca anteriore al 7.9.2020 e che in quella sede la D.P. avrebbe potuto esporre le sue motivazioni e le sue giustificazioni (senza prospettare alcuna preclusione all’esercizio di tale facoltà in data 7.9.2020).

Nel prospettare che la mancata tempestiva segnalazione dell’assenza da parte del dirigente e la tardività della contestazione avevano indotto la D.P. a ritenere che il suo comportamento fosse tollerato dall’Amministrazione e che eventuali violazioni non fossero di gravità tale da giustificare un licenziamento, il motivo non censura le statuizioni della sentenza impugnata secondo cui non sussistono dati concreti idonei ad attribuire al temporaneo silenzio della dirigente scolastica il significato di implicita manifestazione della volontà di ritenere legittima la mancata partecipazione della D.P. alle attività di Istituto cui era assegnata, e secondo cui dalle deposizioni dei testi B. e M. era emerso erano rimasti senza esito i numerosi contatti telefonici tra la Dirigente e la Segreteria amministrativa della Scuola e la D.P., più volte sollecitata ad attivarsi per poter svolgere l’attività didattica a favore degli studenti e partecipare alle altre attività istituzionali dovute o almeno a giustificare in qualche modo la sua assenza.

6. Il secondo motivo è inammissibile.

Al di là della modalità di formulazione della censura, non è configurabile l’omessa motivazione (in tal senso dovendo intendersi la denuncia del carattere apodittico della motivazione), in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che la richiesta di avvio di procedimento disciplinare, formulata dalla Dirigente Scolastica in data 24.6.2020 fosse scarnamente circostanziata e non adeguatamente documentata, come rilevato nella nota del 1.7.2020 dall’Ufficio Scolastico Regionale, che “aveva chiesto alla mittente di circoscrivere puntualmente i singoli fatti…e a fornire idonea documentazione da porre a fondamento delle contestazioni”.

La sentenza impugnata riporta peraltro la data e gli estremi della nota con cui era stata richiesta l’integrazione (data posteriore di una sola settimana rispetto alla ricezione della segnalazione, quando ancora residuavano 23 giorni per la contestazione) e delle note del 10.7.2020 e del 24.7.2020 con cui la Dirigente Scolastica aveva provveduto all’integrazione.

Questa Corte ha in proposito chiarito che ricorre il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (v. Cass. n. 871/2009)Inoltre la censura sollecita un giudizio di merito attraverso la rilettura delle note del 28.4.2020 e del 24.6.2020.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o di omessa pronuncia miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass. S.U. 27 dicembre 2019, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).

7. Anche il terzo motivo è inammissibile.

La censura, che prospetta la violazione dell’art. 5 del D.M. n. 197/2020, non si confronta con la sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha infatti evidenziato che la Dirigente Scolastica ha esercitato il potere/dovere di sostituzione d’urgenza previsto dall’art. 20, comma 2, dell’Ordinanza ministeriale n. 197/2020, e che dalle disposizioni contenute nella suddetta ordinanza la Dirigente non era tenuta ad individuare il sostituto scegliendo in via esclusiva o prioritaria un docente che avesse dato la sua disponibilità a svolgere la funzione di commissario, o che fosse titolare della specifica classe cui si riferiva la nomina, o comunque una classe quinta, o che avesse residenza a Trieste o in zone limitrofe; ha inoltre osservato che la D.P. non aveva prodotto alcun certificato medico da cui ricavare la sussistenza di un suo legittimo impedimento a partecipare agli esami di Stato come commissario.

Inoltre l’omesso esame di una questione giuridica, non rientra nel paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).

8. Il quarto motivo è parimenti inammissibile.

La censura, nel prospettare che la D.P., assente alla riunione plenaria del 15 giugno era stata tempestivamente sostituita e che la sua partecipazione agli esami svolti dal 17 al 23 giugno era dunque impossibile, non si confronta con il decisum.

La sentenza impugnata ha infatti osservato che anche un giorno di assenza, unito a tutti quelli precedenti, sarebbe stato sufficiente ad integrare la fattispecie dell’art. 55 quater comma 1 lettera b) del d.lgs. n. 165/2001 ed ha ritenuto che la sua assenza era stata pari a tutta la durata degli esami, in quanto ai sensi dell’art. 8 dell’Ordinanza Ministeriale era tenuta a partecipare “ai lavori”, e dunque all’intera attività della commissione di esame.

Nel caso di specie non è dunque configurabile l’omesso esame di un fatto decisivo; la circostanza che la D.P., dopo l’assenza alla prima riunione del 15.6.2020, è stata sostituita, è stata infatti esaminata dalla Corte territoriale, che l’ha ritenuta “inidonea a far venir meno il suo inadempimento”.

9. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

11. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;

dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.