CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, sentenza n. 5756 depositata il 4 marzo 2024
Lavoro – Comunicazioni e notificazioni di cancelleria – Termine breve per proporre reclamo – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Brescia ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo proposto da G.A. nei confronti di B.P.V. s.p.a. in l.c.a. e di I.S.P. s.p.a. rilevandone la tardività rispetto al termine di trenta giorni previsto dall’art. 1, comma 58, legge n. 92 del 2012.
2. La Corte territoriale, sottolineando che le risultanze delle comunicazioni telematiche dimostravano che la sentenza del Tribunale era stata comunicata (nel testo integrale) dalla Cancelleria alle parti in data 26.6.2019 (circostanza, peraltro, pacifica) e che il reclamo era stato proposto il 20.12.2019, ha rilevato – con ampio e approfondito ragionamento, supportato da richiami della giurisprudenza di legittimità – che la “comunicazione” della Cancelleria rivestiva il formato correttamente previsto dalle specifiche tecniche (allegato 8, art. 17, del decreto del Direttore generale dei Servizi Informatici automatizzati del Ministero della Giustizia) e conteneva il testo integrale della sentenza di primo grado (in ottemperanza a quanto previsto dal novellato art. 45 disp.att.c.p.c. (ai sensi dell’art. 16, d.l. n. 179 del 2012, convertito con legge n. 221 del 2012); ha aggiunto che la omessa indicazione, nell’ “oggetto” della pec inviata dalla Cancelleria, del tipo di procedimento (rito c.d. Fornero di cui alla legge n. 92 del 2012) in forza del quale era stata adottata la sentenza non costituiva motivo di nullità della comunicazione, sussistendo un onere delle parti (alla stessa stregua della ricezione di un plico giudiziario cartaceo) di aprire le comunicazioni inoltrate dalla Cancelleria, essendo stato, inoltre, raggiunto lo scopo di far pervenire alle parti il testo integrale del provvedimento giudiziario; la Corte ha, infine, rilevato che la previsione di un termine (di durata pari a quello breve dettato dall’art. 325 c.p.c.) con decorrenza non solo da un atto di iniziativa di parte (la notifica) ma altresì da un fattore esterno alle parti stesse (la comunicazione da parte della Cancelleria) era del tutto coerente con la finalità di celerità perseguita dal legislatore del 2012 con riguardo ai provvedimenti di espulsione dall’ambiente di lavoro, e ciò a favore oltre che del datore di lavoro soprattutto del lavoratore.
3. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. La società ha resistito con controricorso.
4. La Procura generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta “erronea e falsa applicazione dell’art. 1, comma 58, della legge n. 92/2012” avendo, la Corte territoriale, trascurato la distinzione tra “comunicazioni” e “notificazioni” effettuate dalla Cancelleria, essendo suscettibili solamente le notifiche di rendere conoscibili gli effetti dell’atto notificato (a differenze delle comunicazioni, normalmente e generalmente improduttive di effetti). La formulazione della legge n. 92 del 2012 risente delle norme vigenti al momento della sua redazione ma, secondo una corretta interpretazione sistematica, che tenga conto delle norme successivamente emanate e della loro valenza di principi generali: pertanto, il riferimento alla “comunicazione” di Cancelleria deve ritenersi riferito alle notificazioni ai sensi del d.l. n. 179 del 2012, effettuata con le formalità e le avvertenze previste dall’art. 16 del d.l. medesimo. Inoltre, l’oggetto recato dalla comunicazione di Cancelleria recava una dizione imprecisa e non corretta, ossia “Sentenza ex art. 429, I comma c.p.c.; descrizione: sentenza ex art. 429, I comma, c.p.c., numero 462/2019 (Rigetto)” insuscettibile di produrre effetti. In ogni caso, l’invio del testo integrale della sentenza deve essere sorretto da una regolarità formale che renda inequivoca la produzione di tale effetto, stante il principio generale – affermato dalla Suprema Corte – che per il decorso del termine breve non è sufficiente la conoscenza integrale della sentenza ma è necessaria la notifica ad opera della parte, notifica che non ammette equipollenti.
2. Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo si denunzia violazione delle norme in tema di whistleblowing, erronea e/o falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, tardività delle contestazioni disciplinari ed insussistenza del fatto. Il ricorrente riformula i motivi di reclamo in ordine alla ritorsività ed illegittimità del licenziamento comminato dovuto alle posizioni critiche assunte dall’A. in relazione alla collocazione sul mercato di prodotti finanziari per il segmento small business.
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
4. Deve rilevarsi la carenza di specificità delle censure contenute nel primo motivo di ricorso in quanto il dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata è formulato in termini generici, senza specifico riferimento alla sentenza della Corte territoriale, e tale, quindi, da non integrare una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione laddove il giudice di merito, con ampio percorso argomentativo, ha: approfondito la residuale distinzione tra “comunicazioni” e “notificazioni” alla luce del d.l. n. 179 del 22012 (ndr d.l. n. 179 del 2012), convertito con legge n. 221 del 2012, illustrando che entrambe le formalità prevedono ormai, in base al novellato art. 45 disp.att.c.p.c., la trasmissione del testo integrale del provvedimento giudiziario (residuando, pertanto, tra le due formalità, una mera differenza di comportamento della Cancelleria, focalizzata o sul biglietto di Cancelleria o sulla trasmissione dell’atto); ha sottolineato che la genericità dell’oggetto indicato nella pec trasmessa alle parti non è causa di nullità, sussistendo, in capo al destinatario, un obbligo di diligenza di aprire le comunicazioni pervenute dalla Cancelleria (al pari dell’apertura di un plico contenente un atto giudiziario cartaceo), raggiungendosi – all’atto della ricezione del testo integrale del provvedimento giudiziario – lo scopo della comunicazione; ha fornito una interpretazione, di carattere letterale e sistematica, dell’art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, rilevando che l’introduzione del rito celere per le controversie in materia di licenziamento persegue proprio l’obiettivo di assicurare un eventuale ripristino del rapporto di lavoro nel più breve tempo possibile, in ottemperanza al diritto al lavoro del prestatore e al diritto alla certezza delle situazioni giuridiche del datore di lavoro, e che gli oneri imposti alle parti in caso di impugnazioni debbono essere interpretati in coerenza con la funzione loro ascritta e alla luce dei principi di rango costituzionale (art. 111 Cost.) e sovranazionale (art. 6 Cedu).
5. I motivi di ricorso ripercorrono, sostanzialmente, i motivi di appello, senza misurarsi con le approfondite argomentazioni fornite dalla sentenza impugnata.
6. La Corte territoriale si è conformata ai principi già espressi da questa Corte in base ai quali nel rito cd. Fornero, il termine breve per proporre reclamo contro la sentenza che decide il ricorso in opposizione, di cui all’art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, decorre dalla comunicazione di cancelleria della sentenza a mezzo pec, che, come tale, non richiede l’apposizione della formula “Notificazione ai sensi del d.l. 179 del 2012”, prevista dall’allegato 8 delle specifiche tecniche del PCT del 16.4.2014 per le sole notificazioni e non anche per la comunicazioni, senza che rilevi che per entrambi gli atti il biglietto di cancelleria contiene il testo integrale del provvedimento trasmesso (Cass. n. 28751 del 2019; si noti che, parallelamente, questa Corte ha affermato lo stesso principio anche con riguardo al comma 62 del medesimo art. 1, della legge n. 92 del 2012, precisando che il termine di sessanta giorni previsto per impugnare in sede di legittimità la sentenza della Corte territoriale decorre dalla data di “comunicazione” del provvedimento, cfr. Cass. n. 32263 del 2019). E’ stato più volte affermato che la legge n. 92 del 2012 ha introdotto un nuovo rito speciale la cui disciplina va osservata senza possibilità di essere derogata dai principi generali dell’ordinamento, salva la necessità di integrazione del rito in caso di lacuna del dettato normativo e che il termine breve di trenta giorni, previsto dall’art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, per la proposizione del reclamo alla Corte di appello avverso la sentenza del Tribunale sulla impugnativa di licenziamento di cui all’art. 18 st. lav., decorre dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione della stessa se anteriore (cfr. da ultimo Cass. n. 30155 del 2022, in motivazione, con ampi richiami di giurisprudenza).
7. I motivi dal secondo al quarto sono inammissibili per difetto di oggetto, non avendo – la Corte territoriale – adottato alcuna statuizione riguardo ai profili di merito della controversia.
8. In conclusione, il ricorso è inammissibile; le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ. e sono liquidate, in applicazione dell’art. 4, comma 2 d.m. n. 55 del 2014 aggiornato alla luce del d.m. n. 147 del 2022, mediante un unico compenso (con la maggiorazione ivi prevista) all’avvocato che ha assistito i due istituti bancari aventi la stessa posizione processuale (considerato il medesimo tenore dei due controricorsi).
9. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida complessivamente in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.100,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.