CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, ordinanza n. 24041 depositata il 18 giugno 2021
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Bancarotta fraudolenta documentale – Pene accessorie – Circostanza attenuante del danno di speciale tenuità
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza in data 19 settembre 2017 del Tribunale di Pescara, ha rideterminato la durata delle pene accessorie fallimentari applicate a D.R.M., riconosciuto colpevole del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, confermando nel resto la pronuncia appellata.
2. Il ricorso per cassazione nell’interesse dell’imputato è affidato ad un solo motivo, con il quale sono dedotti il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 219, comma 3, L.F., e il vizio di motivazione, in riferimento al diniego della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. La Corte territoriale ha motivato il diniego della circostanza attenuante invocata, evidenziando come la condotta di cui alla contestazione – consistita nell’omessa tenuta delle scritture contabili obbligatorie ovvero nel loro occultamento o nella loro distruzione, così da non rendere possibile la ricostruzione dei movimenti d’affari della società fallita, amministrata dall’imputato, al fine di pregiudicare le ragioni dei creditori – non avesse consentito agli organi dell’Ufficio fallimentare di valutare la possibilità di agire nei confronti di terzi a tutela dei creditori, insinuatisi al passivo per un ammontare complessivo di Euro 38.885, 288 e rimasti del tutto insoddisfatti per la mancanza di attivo.
3.2. Tanto riportato, va rilevato che, a fronte di una giustificazione della statuizione adottata dal giudice di merito del tutto in linea con il pacifico principio di diritto secondo il quale, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’art. 219, comma 3, L.F., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori, di modo che, poiché l’occultamento delle scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione dei fatti di gestione dell’impresa fallita, impedisce la stessa dimostrazione del danno, la mancanza delle scritture non può essere utilizzata per presumere circostanze favorevoli all’imputato, salvo che le contenute dimensioni dell’impresa non rendano plausibile la determinazione di un danno particolarmente ridotto (Sez. 5, n. 7888 del 03/12/2018 – dep. 21/02/2019, Rv. 275345), le censure articolate dal ricorrente si caratterizzano per genericità, giacché prive di correlazione con le ragioni argomentate dalla decisione impugnata (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945) e della necessaria indicazione dei concreti elementi, emersi dall’istruzione probatoria, in grado di mettere in crisi la tenuta del ragionamento esposto in sentenza.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.