CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 10318 depositata il 16 marzo 2020
Professionisti – Consulente del lavoro – Plurime condotte di truffa ai danni dell’INPS – Favoreggiamento della permanenza illegale sul territorio nazionale di cittadini non appartenenti all’UE
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Ragusa, giudice del riesame ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., confermava il sequestro preventivo, diretto e per equivalente, sino alla concorrenza della somma di 261.000 euro, del denaro, dei titoli o valori mobiliari e degli altri beni, mobili e immobili, nella disponibilità di G.I., indagato – quale consulente del lavoro dell’impresa agricola di S.G., e in concorso con lui e con il fratello N.G. – di plurime condotte di truffa ai danni dell’I.N.P.S., nonché di favoreggiamento della permanenza illegale sul territorio nazionale di cittadini non appartenenti all’Unione europea.
Secondo la prospettazione accusatoria, sostenuta da acquisizioni documentali e da intercettazioni telefoniche, e recepita dal Tribunale del riesame, le condotte suindicate integravano un vero e proprio sistema illecito, imperniato sulla instaurazione di fittizi rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di imprenditori compiacenti, allo scopo remunerati, cui corrispondeva l’erogazione indebita di prestazioni assistenziali e, rispetto ai lavoratori extra-UE, il rilascio, parimenti indebito, del permesso di soggiorno. I., in tale contesto, era colui che avrebbe consapevolmente fornito un contributo concorsuale essenziale al buon funzionamento dello schema delittuoso, giacché egli, consecutivamente per molti anni, avrebbe trasmesso all’INPS un numero abnorme di pratiche di assunzione di lavoratori a tempo determinato per conto dell’impresa G., non potendo non rendersi conto della evidente loro sproporzione rispetto alla reale consistenza aziendale, in termini economici e di fatturato.
Secondo il Tribunale del riesame esisteva dunque, a carico di I., il fumus dei reati contestati, e il sequestro si giustificava in relazione alla prevista confisca obbligatoria, anche per equivalente, ex artt. 322-ter e 640-quater cod. pen., dei beni costituenti il profitto dei reati contestati.
2. I. ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo.
Nell’unico motivo, il ricorrente denuncia, a titolo di vizio processuale, l’apparenza della motivazione.
L’ordinanza impugnata mancherebbe di una reale ricognizione del quadro indiziario a carico, peraltro sconfessato dall’intervenuta pronuncia del Tribunale del riesame di Catania, di annullamento, per carenza di gravità indiziaria, della misura cautelare personale applicata a I. per gli stessi fatti.
Come già ritenuto dal Tribunale del riesame di Catania, I. non rivestirebbe, infatti, alcuna posizione di garanzia, non esercitando il consulente del lavoro una pubblica funzione, né essendo egli tenuto a verificare i dati fornitigli dal cliente, unico responsabile della loro veridicità. al momento della successiva trasmissione.
Gli atti di indagine, da cui si desumerebbe il suo illecito arricchimento, sarebbero smentiti dalla documentazione bancaria, che il ricorrente – asserendo di non averlo potuto fare in sede di merito, trattandosi di elemento istruttorio valorizzato a sorpresa dal Tribunale del riesame – produce direttamente davanti la Corte di legittimità.
Considerato in diritto
1. Secondo consolidati arresti (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 273069-01; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, Zagarrio, Rv. 258279-01; Sez. 2, n. 2248 del 11/12/2013, Mirarchi, Rv. 260047-01; Sez. 6, n. 10618 del 23/02/2010, Olivieri, Rv. 246415-01; Sez. 1, n. 15298 del 04/04/2006, Bonura, Rv. 234212-01), in tema di sequestro preventivo non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona destinataria del sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilità del fatto contestato in una determinata ipotesi di reato.
Tale sommaria valutazione investe tutti gli elementi della fattispecie, incluso l’elemento soggettivo che deve accompagnare la condotta, il cui difetto, tuttavia, può essere ragione di annullamento della misura cautelare, in sede di riesame, solo ove la sua inesistenza emerga in tutta evidenza (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015-01; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014, Di Salvo, Rv. 259337-01; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi, Rv. 266896-01). Costituisce, altresì, acquisizione pacifica (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893-01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093-01) il dato che, in materia, il ricorso per cassazione sia ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi peraltro comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
2. Ciò posto, è palesemente da escludere che l’ordinanza impugnata incorra in tali vizi, contenendo essa sufficienti riferimenti agli elementi di indagine, costituiti in particolare da conversazioni telefoniche intercettate, in forza dei quali plausibilmente ritenere che I. fosse a conoscenza della natura simulata dei rapporti di lavoro e del mercimonio sottostante, a prescindere dal ruolo formale rivestito e dal fatto che egli fosse realmente, o meno, il collettore delle somme di denaro versate.
Il ricorso deve essere giudicato, pertanto, manifestamente infondato, e dichiarato di conseguenza inammissibile.
3. Deduce il ricorrente che, successivamente all’adozione dell’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Catania, competente in ordine alla misura cautelare personale all’indagato contestualmente applicata, ha offerto, rispetto a lui, una diversa lettura del quadro investigativo, giudicandolo carente sotto il profilo della gravità indiziaria.
Osserva il Collegio al riguardo che, per giurisprudenza consolidata, quando è stato disposto il rinvio a giudizio ordinario, o il giudizio immediato (Sez. 2, n. 50522 del 20/09/2018, Spada, Rv. 274445-01; Sez. 2, n. 52255 del 28/10/2016, Olisterno, Rv. 268733-01; Sez. 5, n. 51147 del 02/10/2014, Figari, Rv. 261906-01; Sez. 5, n. 26588 del 09/04/2014, Miserocchi, Rv. 260569-01), è precluso, in rapporto ai sequestri, il riesame del fumus; in quest’ultimo caso, è irrilevante la successiva revoca della misura personale, in quanto il decreto che dispone il giudizio, «cristallizzando le imputazioni, presuppone una valutazione giudiziale sulla idoneità e sufficienza degli elementi acquisiti per sostenere l’accusa in giudizio, e non può quindi essere privato della sua rilevanza per ragioni connesse al sistema impugnatorio delle misure» personali (Sez. 2, n. 52255 del 2016, citata).
Nel presente procedimento, il rinvio a giudizio non è intervenuto, il quadro indiziario non è dunque «cristallizzato» e il fumus è ancora controvertibile. La sopravvenuta pronuncia del Tribunale del riesame di Catania si atteggia indubbiamente, in rapporto a ciò, a fatto processuale nuovo, che potrà essere dedotto a sostegno di un’eventuale istanza di revoca della misura reale.
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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