Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 11244 depositata il 13 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE UNICO DELLA SOCIETA’ – VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA DI PREVENZIONE INFORTUNI E IGIENE DEL LAVORO
Fatto
1. E’ impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Teramo ha condannato il ricorrente alla pena di euro 4.000 di ammenda per il reato previsto dagli articoli 71, comma 1, e 122 del d.lgs. 81/2008 perché, nella qualità di amministratore unico della di “PA. RO. costruzioni S.r.l.”, violava la normativa di prevenzione infortuni e igiene del lavoro precisamente nell’inosservanza delle disposizioni di legge di cui all’articolo 71, comma 14, decreto legislativo n. 81 del 2008, in quanto non ripristinava la cuffia di protezione della lama e a registrare il coltello divisore in modo che fosse distante dalla lama per una distanza non superiore a tre metri e di cui all’articolo 122 stesso decreto in quanto non provvedeva a completare l’impalcatura il modo che i montanti superassero di 1.20 il piano di gronda ed il colmo del tetto in via di realizzazione. In Teramo, accertato in data 8 settembre 2011.
2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza, il ricorrente, tramite il suo difensore, ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione, con il quale – attraverso due motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 174 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione – si è doluto dell’infondatezza delle contestazioni di mancata dotazione ai lavoratori dipendenti di dispositivi idonei a prevenire gli infortuni ed a svolgere le attività in completa sicurezza, rilevando che i lavoratori erano stati muniti di strumentazione idonea ed erano regolarmente in possesso dei dispositivi di protezione individuale, i quali dispositivi erano perfettamente a norma (primo motivo) ed ha lamentato l’erronea applicazione della legge penale in quanto i reati, per i quali è stata affermata la sua responsabilità, erano prescritti (secondo motivo).
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile perché aspecifico, manifestamente infondato e presentato nei casi non consentiti.
2. Il tribunale ha spiegato che dalla documentazione versata in atti è emerso che in data 8 settembre 2011 tecnici della prevenzione della Asl di Teramo avevano eseguito un sopralluogo presso il cantiere ove operava la di PA. RO. costruzioni S.r.l., della quale era legale rappresentante il ricorrente, e in tale occasione avevano riscontrato la violazione della normativa antinfortunistica ed in particolare l’assenza di cuffia di protezione di sega circolare dentata e di adeguati ponteggi o impalcature.
A seguito di successivo sopralluogo è stato accertato che il ricorrente aveva posto riparo alle riscontrate inadempienze.
Ne consegue che la doglianza prospettata con il motivo di ricorso, oltre ad essere manifestamente infondata, è del tutto generica, perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, ed introduce rilievi di merito il cui ingresso è precluso nel giudizio di legittimità.
Quanto al secondo motivo, è di tutta evidenza che, al momento dell’emanazione della sentenza impugnata (12 gennaio 2015), il reato non era prescritto, essendo stato accertato in data 8 settembre 2011.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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