CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 11533 depositata il 7 aprile 2020
Mancata adozione di idonee impalcature, ponteggi o opere provvisionali, atte ad eliminare i rischi di caduta dall’alto – Lesioni personali colpose patite dal dipendente – Ricorrenza di una causa interferente da sola idonea a causare l’evento – “Rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante – Necessarie le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Patti con la quale F.B. è stato riconosciuto responsabile delle lesioni personali colpose patite dal dipendente S.I.
Secondo la ricostruzione operata nei gradi di merito, il 22.11.2010, con l’ausilio di un flex elettrico, T. stava eseguendo il taglio di una ringhiera posta su un balcone a circa tre metri di altezza quando precipitava al suolo riportando lesioni giudicate guaribili in circa 120 giorni. Al F., quale datore di lavoro di fatto dell’I. (lavoratore in nero); è stato ascritto di non aver provveduto a formare ed informare il medesimo in ordine ai rischi insiti nei compiti affidatigli, di non averlo dotato dei DPI, di non aver adottato idonee impalcature, ponteggi o opere provvisionali atte ad eliminare i rischi di caduta dall’alto e di non aver sottoposto T. a visita medica preventiva.
2. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, avv. A.P., denunciando con un primo motivo il vizio della motivazione.
Si osserva che l’accadimento è stato ricostruito sulla base di dichiarazioni contraddittorie rese dai testi e dalle persone interessate al procedimento. La Corte di Appello non ha considerato che l’imputato non era presente sul luogo al momento dell’incidente – perché il cantiere era stato spostato altrove – e che unicamente il fabbro artigiano V. aveva il compito di provvedere alla rimozione della ringhiera; che il fratello dell’imputato era presente sul luogo dell’Incidente solo perché aveva curato le operazioni di trasporto della ringhiera; che la simulazione del sinistro stradale non era imputabile all’imputato ma alla stessa persona offesa.
A ritenere, come fatto dalla Corte di appello, che T. fosse stato presente sul cantiere per mero spirito di amicizia, si sarebbe dovuto considerare che egli aveva prestato l’opera per S.F., soggetto diverso dall’odierno imputato.
In conclusione, la Corte ha ritenuto di superare sbrigativamente le puntuali censure difensive, fondando il proprio convincimento su opinabili massime di esperienza e su giudizi ipotetici.
Il giudizio della Corte di appello si è fondato esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, senza considerare che questa aveva dichiarato ai Carabinieri di essere stato investito dal furgone in proprietà del fratello dell’imputato e poi aveva ritrattato tale dichiarazione; che questi aveva dichiarato di essere stato in ospedale in stato di incoscienza, là dove era stato giudicato in buone condizioni generali, vigile e collaborante; che aveva dichiarato di lavorare per il F., anche se al momento dell’incidente era a carico di altra azienda agricola; che aveva dichiarato di avere tagliato la ringhiera con il flex mentre poi era emerso che l’aveva presa a spallate.
Con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione al giudizio di inidoneità della condotta dell’I. a interrompere il nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento verificatosi.
Si afferma che il comportamento della persona offesa risulta chiaramente estraneo al processo produttivo e imprevedibile per il datore di lavoro. Anche ammesso che egli fosse stato demandato ad effettuare le operazioni di taglio, non potevano in alcun modo prevedersi ed evitarsi le conseguenze derivanti dall’iniziativa di prendere a spallate la ringhiera. Nell’atto di appello erano state riportate le dichiarazioni del fabbro artigiano che attribuiva solo a se stesso il compito di provvedere al taglio e alla rimozione della ringhiera e che si era reso conto che, mentre si era allontanato brevemente dal sito T. era caduto dal balcone; anche le dichiarazioni del teste D.F. dovevano essere prese in considerazione per valutare l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunatosi. Questi aveva riferito che T. aveva preso a spallate la ringhiera mentre il fabbro era sceso dal balcone. Pertanto la persona offesa, senza avere avuto assegnato il compito di provvedere alla dismissione della vecchia ringhiera, mentre il fabbro V. si allontanava per dotare il flex di un nuovo disco, salì sul balcone e prese a spallate la ringhiera.
Si tratta di un comportamento abnorme non opportunamente valutato dalla Corte di appello.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Con il primo motivo si censura la ricostruzione dell’accadimento, sia per essere stata fondata su dichiarazioni che avrebbero dovuto essere ritenute inattendibili, sia per l’utilizzo di criteri inferenziali non adeguati.
Orbene, in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito circa la soluzione da accordare ad eventuali contrasti testimoniali o circa la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti non può essere sindacata se non sotto il profilo della congruità e logicità della motivazione; ciò in quanto spetta al giudice di merito il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017 – dep. 13/11/2017, D’Ippedico e altro, Rv. 27162301).
Ne discende che il ricorrente non può censurare il giudizio di inattendibilità senza porre in evidenza le fratture logiche del percorso argomentativo, il travisamento della prova (ove ricorrenti i presupposti per la sua denuncia), la elusione dell’onere motivazionale a riguardo di un decisivo rilievo proposto con l’atto di appello.
In assenza di tali puntuali e definite prospettazioni il motivo si consegna alla genericità, che ai sensi del combinato disposto dagli artt. 581 lett. c) e 591, co. 1 lett. c) cod. proc. pen. importano l’inammissibilità del medesimo.
Nel caso di specie è appunto generico il motivo avanzato dal ricorrente; esso si limita ad evocare quale ragione di inattendibilità dei dichiaranti l’essere l’uno persona offesa e gli altri “interessati al procedimento”; menziona opinabili massime di esperienza e giudizi ipotetici senza indicarli e senza argomentarne la diversa natura di congetture. Nel resto, si avanza una valutazione alternativa del materiale di prova, sottendendo la richiesta al giudice di legittimità di avallarla e farla propria.
L’esame integrato delle motivazioni di merito, possibile in ragione della loro conformità nel giudizio, evidenzia che la ricostruzione dell’accadimento è avvenuta sulla scorta non solo e non tanto delle dichiarazioni dell’I. ma anche grazie alle dichiarazioni rese dai testi C.F. e V.F., nonché quelle di F.S., T.R., M.B. e D.F. Queste ultime sono state vagliate quali possibili fonti di elementi a favore della ricostruzione difensiva e motivatamente valutate inidonee allo scopo, lasciando però emergere circostanze che avvalorano ulteriormente la prospettazione accusatoria.
Anche le contraddizioni ravvisabili in talune di quelle dichiarazioni sono state considerate e poste a confronto con gli elementi non revocabili in dubbio: T. era stato assunto in nero dal F. il giorno stesso dell’infortunio; in tale data le attività nel cantiere non erano ancora terminate tanto che il fratello dell’imputato vi aveva condotto la ringhiera che doveva essere saldata sul balcone; che tale lavoro fosse stato affidato alla ditta F. è stato ritenuto dimostrato dal fatto che dopo l’infortunio la ringhiera venne nascosta dall’imputato in un garage messogli a disposizione dall’amico B.Z.
In alcun modo il motivo prende in considerazione la articolata e complessa – ancorché sintetica – motivazione resa dai giudici di merito, limitandosi a riproporre la linea difensiva già vagliata.
3.2. Manifestamente infondato, oltre che esso stesso generico, è il secondo motivo.
Anche a convenire con la tesi difensiva di una manovra impropria del lavoratore, che neppure il ricorrente – messa da parte la ricostruzione alternativa, della quale si è già motivata la irricevibilità in questa sede – afferma aver fatto ricorso alla forza personale per ragioni del tutto estranee all’esecuzione del compito affidatogli, risulta delineato uno svolgimento del fatto che esclude, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, la ricorrenza di una causa interferente da sola idonea a causare l’evento, secondo la nozione sviluppata da una consolidata giurisprudenza di legittimità.
Limitando la citazione ad una delle più recenti formulazioni, si può rammentare il principio secondo il quale, in tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019 – dep. 25/06/2019, Simeone, Rv. 27624201). Nel caso di specie è stato ascritto al F. di aver omesso la preliminare attività di formazione, oltre che la predisposizione di ponteggi e altre opere provvisionali atte ad impedire la caduta dall’alto.
3.3. L’inammissibilità del ricorso preclude la rilevabilità della prescrizione del reato (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818).
4. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila euro alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
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