Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 11922 depositata il 15 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL COMMITTENTE – COMPITI – EZIOLOGIA DELL’EVENTO – SPECIFICITA’ DEI LAVORI DA ESEGUIRE
Fatto
1. Con sentenza del 03/03/2017, la Corte di appello di Bologna, decidendo in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza di annullamento n. 11384/16 di questa Corte, confermava la sentenza del 7.6.2012 del Tribunale di Ravenna con la quale T.S. era stato dichiarato responsabile del delitto di cui agli artt. 113 cod. pen., 590, commi 2 e 3, cod. pen. – perché, quale dirigente di H. srl, società committente dei lavori, per imperizia, imprudenza ed inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionava a G.T., dipendente della ditta Gestim Manutenzioni, lesioni personali gravi (consistenti nella frattura del bacino con lesione vescicale) che lo mettevano in pericolo di vita e gli provocavano l’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni – e condannato alla pena di un mese di reclusione con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione T.S., a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli art. 40 comma 2 cod. pen. 533 e 627 cod. proc. pen. per insussistenza del nesso causale tra le condotte colpose e l’evento lesivo.
Argomenta che la sentenza di annullamento aveva analiticamente censurato il ragionamento addotto a sostegno della condanna del T.S., evidenziando la necessità di verificare concretamente, in punto di eventuale rilevanza eziologica nell’ambito di un giudizio ipotetico controfattuale, il comportamento omissivo del ricorrente sotto molteplici e specifici profili (capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, criteri seguiti per la scelta della società appaltatrice, eventuale ingerenza del committente nell’esecuzione dei lavori appaltati, immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo), ma che la Corte territoriale aveva omesso la valutazione di elementi di valore dirimente rispetto ad ogni addebito dell’imputato (relazione dell’AUSL di Ravenna, i pregressi rapporti tra la società committente e quella appaltatrice, condotta del lavoratore infortunato) ed esposto, a fondamento della ritenuta responsabilità, argomentazioni apodittiche ed autoreferenziali.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e correlato vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, commi 2 e 3, cod. proc. pen.
Argomenta che la Corte territoriale, quale Giudice del rinvio, non si era uniformata a quanto affermato dalla Corte di Cassazione ma aveva esposto una motivazione che riprendeva e faceva proprie le considerazioni del primo giudice di appello già censurate in sede di legittimità; la motivazione risultava, altresì, contraddittoria nelle parti in cui, da un lato, affermava che la designazione di un coordinatore per la progettazione avrebbe avuto efficacia impeditiva dell’evento, figura che poteva svolgere funzione di controllo delle attività lavorative, e dall’altro, che l’unico soggetto che avrebbe potuto vigilare in modo puntuale sullo svolgimento della specifica operazione era la figura del preposto, la cui nomina non competeva al ricorrente ma alla società appaltatrice.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192, 533, 546, 627, commi 2 e 3, cod. proc. pen.
Argomenta che la Corte territoriale, quale Giudice del rinvio, non aveva fornito alcun effettivo chiarimento in ordine alle ragioni per le quali, ove il ricorrente avesse posto in essere il comportamento alternativo diligente l’evento, con certezza o con alto grado di probabilità logica, non si sarebbe verificato, così omettendo ogni valutazione controfattuale imposta dalla Suprema Corte.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge.
Diritto
1. Deve anzitutto rilevarsi che, per quanto emerge dagli atti, il reato contestato, consumatosi in data 3.10.2009, si è estinto per prescrizione in data 22.8.2017, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen., tenuto conto dei periodi di sospensione del procedimento (mesi quattro e giorni diciannove).
2. Per procedere all’applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen. peraltro, deve considerarsi l’insegnamento della consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui può condurre alla dichiarazione di prescrizione, anche d’ufficio ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., solo il ricorso idoneo a instaurare un valido rapporto di impugnazione, vale a dire non affetto da inammissibilità (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep. 11 febbraio 1995, Cresci; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, Verga; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, Bracale; Sez. U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, Ricci).
3. Per quanto appena osservato in ordine alla maturazione della prescrizione, allora, deve darsi atto che i motivi di ricorso non risultano manifestamente infondati.
4. La sentenza di annullamento n. 11384/16 aveva rilevato nella decisione del primo giudice di appello un vizio motivazionale, richiamando “il principio in base al quale, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 252672; vds. anche, più recentemente, Sez. 4, Sentenza n. 44131 del 15/07/2015, Heqirni e altri, Rv. 264974)” e precisando che “la sentenza impugnata non va esente da censure sotto il profilo del vizio di motivazione, non avendo esplicitato quale specifica incidenza eziologica abbiano avuto le condotte omissive contestate al T.S. sul verificarsi dell’infortunio”.
Va ricordato che nel caso di annullamento per vizio di motivazione – come nella specie – il giudice di rinvio conserva la libertà di decisione mediante autonoma vantazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato anche se è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.
In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez. 4, 21 giugno 2005, Poggi, Rv 232019), il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata.
5. Nella specie, la Corte territoriale non ha colmato la carenza motivazionale nei sensi auspicati nella sentenza di annullamento, ma ha fondato la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, evidenziando un ulteriore profilo di colpa del T.S. – aver impiegato l’impresa appaltatrice in compiti diversi da quelli oggetto del contratto di appalto ma senza approfondire adeguatamente il tema del nesso di causalità nei sensi evidenziati.
6. La non manifesta infondatezza delle doglianze del ricorrente conduce, quindi, essendosi instaurato validamente il presente grado giurisdizionale, e non emergendo dal testo del provvedimento impugnato elementi che possano giustificare l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6,n. 48461 del 28/11/2013, Rv. 258169; Sez. 6, n. 27944 del 12/06/2008, Rv. 240955), alla dichiarazione, ex art. 129 comma 1, cod. proc. pen., della estinzione del reato contestato per maturata prescrizione, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
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