CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 12125 depositata il 31 marzo 2021
Fallimento – Sequestro preventivo – Confisca dei beni – Violazioni
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 09/09/2020, il Tribunale di Vicenza accoglieva l’istanza di riesame proposta dall’avv. S.I. nell’interesse del Fallimento A.T. s.r.l. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in via diretta emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza in data 26/06/2020, in relazione al reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. 74/2000 nei confronti di A.T. srl in fallimento e di B.G. sino alla concorrenza della somma di euro 224.281,98 e, nel caso di incapienza, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni della disponibilità dell’indagato fino alla concorrenza del medesimo importo, per l’effetto, annullava parzialmente il predetto decreto limitatamente alla somma di euro 3.447,50 contenuta nel conto corrente n. 3929/00 acceso presso “B.D.B. s.p.a. ed intestato a Uff. Fallimentare A.T. s.r.l.r. Tribunale di Vicenza, confermando nel resto.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 125, 321, comma 2, cod. proc. pen., 12 – bis d.lgs. 74/2000, lamentando che il Tribunale pur avendo affermato la prevalenza della pretesa punitiva dello Stato sulle ragioni del ceto creditorio ed aver ribadito che il fallimento non implica la perdita di ogni disponibilità dei beni da parte del fallito, aveva, poi, erroneamente affermato che non poteva essere oggetto di sequestro quanto confluito nel conto creato appositamente dal curatore fallimentare, altrimenti frustandosi l’attività del curatore stesso.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
1. Il motivo di ricorso è infondato.
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento (Sez.3, n.45574 del 29/05/2018, Evangelista, Rv.273951 – 01, che ha affermato che la peculiare natura dell’attivo fallimentare è di ostacolo all’applicabilità dell’art. 12-bis decreto legislativo 74/2000 che individua quale limite all’operatività della confisca l’appartenenza dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato a terzi estranei al reato, ovvero l’indisponibilità dei medesimi in capo al reo e dunque alla persona giuridica rappresentata dall’autore del reato. E’ infatti proprio la suddetta previsione normativa che impone di considerare la disponibilità dei beni appresi dalla procedura fallimentare antecedentemente al sequestro come assorbente, trattandosi di un soggetto terzo, rispetto all’elemento della titolarità formale del diritto di proprietà in capo all’indagato/condannato, astrattamente rilevante nel campo penale, in quanto contestualmente privato del potere di fatto sui medesimi beni (cfr in termini Sez. 3, n. 45574 del 29/05/2018, Evangelista, Rv.273951 – 01, cit.).
Tale pronuncia è stata richiamata dalla sentenza delle Sezioni Unite, n. 45936 del 26/09/2019, fallimento di M.P. Srl in liquidazione, Rv. 277257, che, in parte motiva (§ 3) ha, conseguentemente, escluso la possibilità di eseguire il sequestro su beni appartenenti alla massa fallimentare, e quindi in una situazione cronologica di posteriorità rispetto alla dichiarazione di fallimento, in quanto sui beni che si trovano in questa condizione si è ormai costituito un potere di fatto della curatela.
Del resto questa Corte ha anche, per converso, affermato che, in tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona fisica è ammissibile anche nel caso di intervenuto fallimento della persona giuridica, che determina il passaggio dei beni nella disponibilità della curatela, con conseguente impossibilità di ablazione attraverso il sequestro in via diretta nei confronti di detta persona giuridica (Sez. 3, n. 14766 del 26/02/2020, Rv.279382 – 01).
Ed è stato ulteriormente precisato che, in tema di reati tributari, la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società dichiarata fallita, corrispondenti alle rimesse effettuate dal curatore fallimentare successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa, in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto (cfr Sez. 3 n. 31516 del 29/09/2020 Rv. 280152 – 01, in fattispecie relativa al reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate ex art. 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74).
3. Nella specie, il Tribunale ha fatto buon governo dei suesposti principi di diritto, rilevando che, essendo intervenuta la pronuncia di fallimento della società A.T. s.r.l. in data 29.10.2019, il decreto di sequestro preventivo, emesso in data 26.6.2020, con riferimento alla somma di euro 3.447,50 contenuta nel conto corrente n. 3929/00 acceso presso il “B.D.B. spa”
intestato a “Uff. Fallimentare A.T. srl-Tribunale di Vicenza, aveva ad oggetto somme di denaro che erano confluite sul conto dopo la consumazione del reato e che costituivano il frutto delle attività recuperatone poste in essere dal curatore, somme, quindi, non più riconducibili alla compagine fallita ed alla condotta delittuosa.
4. Ne consegue, quindi, come anticipato, l’infondatezza della doglianza proposta ed il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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