Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 12629 depositata il 22 aprile 2020
omesso versamento dei contributi – reato di cui all’art. 2 comma 1 bis L 638/1983
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 31.1.2019 la Corte di Appello di Roma ha confermato, per quanto qui interessa, la penale responsabilità di C.C. per il reato di cui all’art. 2 comma 1 bis L 638/1983 per l’omesso versamento, in qualità di legale rappresentante della C.G., delle somme trattenute a titolo di contributo assistenziale e previdenziale relativo alle mensilità da aprile 2011 ad agosto 2012, riducendo tuttavia la pena inflittagli all’esito del primo grado di giudizio dal Tribunale della stessa città, stante la declaratoria di improcedibilità per intervenuta prescrizione delle ulteriori mensilità, a due mesi e venticinque giorni di reclusione ed €350,00 di multa
2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale contesta che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali fosse stato il frutto di una propria scelta imprenditoriale, eccependo il travisamento della prova in relazione alla creazione della N.P.B. s.r.l. che non era affatto una società schermo attraverso la quale operava la C.G., come ritenuto dalla Corte di Appello per il solo fatto che gli amministratori fossero ex dipendenti della C.G., bensì come dichiarato dal teste C. che rivestiva nella C.G. il ruolo di contabile, una nuova società da costui appositamente costituita al fine di operare sul mercato, sistemando anche le pendenze della C.G., che aveva rilevato, accollandosene i debiti tra cui quello di quattro milioni di euro nei confronti dei fornitori e le retribuzioni dei dipendenti. Deduce che la C.G. si era trovata nell’impossibilità di provvedere al versamento delle ritenute in contestazione per una grave crisi di liquidità derivante da due eventi imprevedibili, costituiti dall’improvvisa decisione del nuovo direttore dell’istituto di credito Monte dei Paschi di Siena di revocare l’affidamento per 1.600.000,00 euro richiedendo il rientro della somma di € 800.000 in ventiquattrore, da cui era derivata l’attivazione delle procedure esecutive da parte della banca con l’elevazione di 50 fra protesti e pignoramenti contro la società privandola di ogni liquidità, e dal fallimento del Gruppo Caltagirone e della Modus Domus, verificatosi negli anni 2010-2011 che aveva determinato il venir meno degli incassi che sarebbero stati realizzati grazie alle importanti commesse di tali due gruppi industriali. Lamenta che la Corte di Appello abbia del tutto tralasciato di considerare l’assenza di dolo nel reato in contestazione per effetto delle sopravvenute cause di forza maggiore che l’imputato aveva cercato di fronteggiare sia impegnando il proprio patrimonio personale con la cessione dell’azienda alla società appositamente costituita, la N.P.B. s.r.I., sia rinunciando agli emolumenti dovutigli come amministratore della C.G.. Deduce in subordine che qualora non vi fossero gli estremi della forza maggiore nella condotta omissiva, doveva comunque essere ravvisata la violazione di legge riferita all’art. 41, secondo comma cod. pen. stante il concorso di cause nella produzione dell’evento, costituito dal rientro dell’affidamento bancario, che l’imputato non aveva potuto comunque onorare con conseguente risoluzione dell’accordo con il Monte dei Paschi di Siena, e dal fallimento delle due società committenti.
3. Con memoria depositata il 22.11.2019 l’INPS ha contestato la fondatezza del ricorso eccependo l’insussistenza dei presupposti per l’applicabilità sia dell’art. 45 che dell’art. 41 cod. pen. atteso che l’imputato aveva ceduto l’azienda alla N.P.B. trasferendo alla stessa anche i propri dipendenti previo pagamento delle retribuzioni arretrate, ma non già il debito relativo all’omesso versamento delle ritenute previdenziali, senza che l’eventuale riscossione dei crediti da parte del Gruppo Caltagirone e della società Modus Domus prevista in un momento successivo potesse, indipendentemente dalla circostanza che di fatto non sia poi avvenuta, escludere la consumazione del reato già perfezionatosi alle scadenze del giorno 16 del mese successivo a quello cui erano riferiti i versamenti: la disponibilità economica quindi era sussistente ma era stata distratta ad altri fini visto, che ove non ci fosse stata, la N.P.B. non avrebbe potuto saldare i debiti pregressi della C.G. né corrispondere gli stipendi arretrati a tutti i dipendenti.
4. La difesa ha depositato in data 2.12.2019 una memoria con cui lamenta la violazione di legge in cui era incorsa la Corte di Appello stante il mancato raggiungimento della soglia di punibilità in relazione alle mensilità contestategli per l’anno 2012, relative al solo periodo compreso tra gennaio ed agosto 2012, nonché l’omessa pronuncia sulla richiesta di assoluzione con la formula perché il fatto non sussiste riferita a tale annualità, espressamente devoluta con l’atto di appello. Eccepisce altresì l’intervenuta prescrizione delle mensilità pregresse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, compendiandosi in censure riproduttive di profili già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di appello e comunque non scandite dalla necessaria analisi critica delle ragioni poste alla base della sentenza impugnata, deve ritenersi inammissibile.
Costituisce espressione di un orientamento consolidato il principio secondo il quale il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attività di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se ciò comporta l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017 – dep. 22/09/2017, Agozzino, Rv. 271189; Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007 – dep. 17/10/2007, Tafuro, Rv. 237827; Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, Castellotti, Rv. 219989).
Le suddette decisioni, nel sottolineare che il reato in esame è integrato, siccome a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, hanno ritenuto non rilevante la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti (Cass. sez. 3 n.3705 del 19.12.2013), o che sia accertato un suo successivo stato di insolvenza o che sia in seguito incorso nella dichiarazione di fallimento, posto che la legge affida a costui, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di corrisponderlo all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui: di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni. La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono, del resto, parte e che perciò quando l’imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico.
In definitiva, a fronte della contestualità e della indefettibilità del sorgere dell’obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare l’impossibilità di adempiere l’obbligazione dovendo, la punibilità della condotta, essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr:, sia pure con riferimento all’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, Sez. 3, n. 11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018), il che esclude alla radice la configurabilità dell’eccepito concorso di cause nella determinazione dell’evento eccepito dalla difesa ai sensi dell’art. 41 cod. pen.. Si è ritenuto, pertanto, che il dolo generico possa essere escluso solo in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicítà delle inadempienze (cfr. Cass. sez. 3 n.3663 del 8/1/2014, Rv.259097).
La Corte capitolina ha fatto di tali principi buon governo avendo evidenziato come l’imputato avesse ceduto l’azienda alla società di nuova costituzione N.P.B. s.r.l. che ne aveva proseguito l’attività assorbendo i dipendenti con l’intesa che sarebbero state a suo carico anche le pregresse retribuzioni insolute, ma non il debito contributivo che era rimasto, invece, in capo alla società cedente: è già da tale accordo che si evidenzia l’insussistenza dell’impossibilità ad adempiere posto che ai fini dell’esclusione del dolo la pattuizione avrebbe dovuto comprendere anche l’accollo da parte della cessionaria delle pregresse omissioni contributive o quanto meno la ripartizione delle risorse da parte di quest’ultima tra gli emolumenti del personale rimasti insoluti ed il debito nei confronti dell’INPS. Peraltro la condotta del C.C. che confidava nella riscossione di crediti non meglio specificati da parte del Gruppo Caltagirone e della società Modus Donnus, che neppure è dato comprendere se fossero riferiti a commesse già eseguite o di là da venire, non scrimina l’imputato essendosi il reato già perfezionato con il mancato adempimento del debito contributivo alle scadenze di legge, fissate in corrispondenza del sedicesimo giorno successivo a quello cui sono riferite le singole trattenute e non avendo costui fornito alcuna dimostrazione di aver fronteggiato con le proprie risorse anche personali il debito nei confronti dell’ente previdenziale. Singolare in tal senso è la circostanza che neppure sia stata fatta menzione da parte della difesa del corrispettivo pattuito a fronte della cessione di azienda: quand’anche si dovesse escludere che la N.P.B. fosse soltanto una società schermo attraverso la quale la C.G. continuava ad operare — ipotesi questa diffusamente e logicamente argomentata dai giudici di merito che non sono perciò incorsi in alcun travisamento della prova avendo al contrario ricostruito le risultanze probatorie acquisite — avrebbe dovuto in tal caso indicarsi il prezzo convenuto per la cessione dell’azienda all’ex contabile della C.G. restando altrimenti priva di spiegazione logica l’operazione che aveva indotto l’imputato a trasferire l’azienda ad un terzo invece che proseguirla personalmente.
Inammissibile è infine la doglianza relativa all’inconfigurabilità dell’illecito penalmente rilevante riferito all’annualità 2012. Contrariamente a quanto eccepito dalla difesa, peraltro del tutto genericamente non avendo neppure fatto menzione delle somme dovute, la Corte distrettuale si è espressamente pronunciata sul punto, avendo escluso con corretta argomentazione giuridica che il complessivo importo riferito all’annualità 2012 fosse al di sotto della soglia penalmente rilevante: in applicazione del principio affermato da questa Corte nel suo supremo consesso, secondo il quale l’importo complessivo superiore ad euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi, che sono quelle incluse nel periodo 16 gennaio – 16 dicembre, relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel dicembre dell’anno precedente e nel novembre dell’anno in corso (Sez. U, n. 10424 del 18/01/2018 – dep. 07/03/2018, Del Fabro, Rv. 272163), i giudici del gravame hanno calcolato nella somma complessiva da versare per l’anno 2012, pari ad € 13.003,00, anche il contributo dovuto e non corrisposto per la mensilità di dicembre 2011 da versare entro il 16 gennaio 2012.
Il ricorso deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile, con conseguente preclusione, non essendosi formato un valido rapporto di impugnazione, al rilievo di cause di non punibilità a norma dell’art.129 c.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (cfr., fra le altre, Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, Rv. 256463).
Tenuto conto della sentenza del 13.6.2000 n.186 della Corte Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” all’esito del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo. A carico del ricorrente vanno altresì poste, secondo la regola della soccombenza, le spese processuali sostenute dalla parte civile, essendo l’INPS intervenuta anche nella presente fase del giudizio, spese che vengono liquidate, in conformità alle vigenti tariffe, come da dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese processuali in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile che liquida in complessivi € 3.500,00, oltre accessori come per legge.
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