CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 13321 depositata il 30 aprile 2020
Reati tributari – Omesso versamento IVA – Rilevanza penale – Scriminanti dello stato di necessità o della forza maggiore – Crisi del mercato automobilistico e revoca dell’incarico di concessionario di vendita – Esclusione
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 21 marzo 2019 la Corte d’appello di Roma ha confermato, respingendo l’impugnazione proposta dall’imputato, la sentenza del 12 settembre 2017 del Tribunale di Frosinone, con cui G.P. era stato condannato alla pena di un anno di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 74/2000 (ascrittogli per avere, quale amministratore della S.r.l. A., omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno 2010 per un ammontare complessivo di euro 592.243; commesso il 27 dicembre 2011), escludendo che la crisi del mercato automobilistico, nel quale operava la società amministrata dall’imputato, o la revoca dell’incarico di concessionario di vendita conferito a tale società dalla M.B., consentissero di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo o di ritenere configurabili le scriminanti dello stato di necessità o della forza maggiore.
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato M.P., affidato a due motivi.
2.1. In primo luogo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), l’errata applicazione di disposizioni di legge penale e l’insufficienza della motivazione, sia nella parte relativa alla affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestatogli, sia riguardo alla esclusione della sussistenza di una causa forza maggiore o di uno stato di necessità o della inesigibilità della condotta ai sensi dell’art. 45 cod. pen., nonostante la grave crisi finanziaria che aveva colpito il settore del commercio di automobili nel quale operava la società amministrata dal ricorrente e la improvvisa revoca del mandato di concessionaria per la vendita, dopo oltre 20 anni, da parte della M.B.; il mancato pagamento dei debiti tributari, tra cui l’iva, era quindi stato dovuto alla scelta di pagare per le retribuzioni per poter proseguire l’attività d’impresa, onde risanarla e successivamente pagare anche i debiti tributari.
Ha, inoltre, evidenziato la natura privilegiata dei crediti dei lavoratori per le retribuzioni, che ne imponeva il pagamento anteriormente ai debiti verso il Fisco, anche in assenza di uno stato di insolvenza e prima della ammissione a una procedura concorsuale, con la conseguente applicabilità della esimente dell’adempimento di un dovere di cui all’art. 51 cod. pen. (si tratta di censure riproduttive del primo motivo d’appello, generiche e infondate, sia perché la crisi d’impresa, come illustrata, rientra nel rischio di impresa, sia perché non è stato prospettato uno stato di insolvenza tale da giustificare il pagamento preferenziale dei dipendenti onde evitare una bancarotta preferenziale se si fosse pagato l’Erario, inoltre le norme sulle cause di prelazione riguardano la fase esecutiva o le procedure concorsuali e non le società ancora in bonis).
2.2. In secondo luogo, ha lamentato, nuovamente ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 62 bis cod. pen. e un ulteriore della motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per non essere stata adeguatamente considerata la circostanza del pagamento delle retribuzioni ai dipendenti (motivo generico e manifestamente infondato, a fronte di motivazione che valorizza l’ammontare dell’evasione e un precedente per bancarotta).
3. L’imputato ha proposto altro ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza, per il tramite dell’Avvocato L.G., che lo ha affidato a tre motivi.
3.1. In primo luogo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 43 e 54 cod. pen. e 10 ter d.lgs. 74/2000 e la mancanza di motivazione, per l’insufficiente ed errata considerazione della crisi che aveva colpito l’impresa amministrata dal ricorrente e dei tentativi di recupero degli ingenti crediti dalla stessa vantati nei confronti dei propri clienti, circostanze che, se correttamente valutate, avrebbero dovuto indurre la Corte a escludere l’elemento soggettivo del reato o a ravvisare uno stato di necessità o una casa di forza maggiore, idoneo a scriminare la condotta.
3.2. In secondo luogo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. e l’insufficienza della motivazione, in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non essendo stata adeguatamente considerata, nella valutazione di gravità del reato, la nuova soglia di rilevanza dell’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, pari a euro 250.000,00.
3.3. Infine, con un terzo motivo, ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., l’errata applicazione degli artt. 322 ter cod. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen. e la mancanza assoluta di motivazione, nella parte relativa alla conferma della confisca del profitto del reato in misura pari alla imposta evasa, in mancanza dei presupposti per poterla disporre, trattandosi, in assenza di indicazioni di sorta nella sentenza di primo grado, di confisca diretta, che non poteva essere disposta sul patrimonio personale dell’autore del reato, stante la mancata coincidenza tra quest’ultimo e il soggetto passivo del debito tributario, che aveva beneficiato della condotta illecita, come chiarito nella sentenza Gubert delle Sezioni Unite. La conferma di tale misura non era in alcun modo stata giustificata nella sentenza impugnata, nonostante la differenza tra l’autore del reato e il beneficiario dello stesso, con la conseguente sussistenza dei vizi di violazione di legge processuale e di carenza di motivazione denunciati.
1. Entrambi i ricorsi, peraltro ampiamente riproduttivi del primo motivo d’appello, sono, nel complesso, infondati.
2. Il ricorso proposto dall’Avvocato P. è, nel suo complesso, infondato.
2.1. Quanto al primo motivo, le doglianze in ordine alla insussistenza dell’elemento soggettivo e alla configurabilità di uno stato di forza maggiore o di necessità e della inesigibilità della condotta, sono inammissibili, sia a causa della loro genericità, sia a causa della loro manifesta infondatezza.
Nel ricorso non sono, infatti, state in alcun modo illustrate le condizioni finanziarie e patrimoniali della società amministrata dal ricorrente, né è stato indicato il suo giro d’affari, né l’incidenza sulla attività commerciale svolta dalla stessa della crisi finanziaria verificatasi nell’anno 2008 e della revoca della concessione di vendita da parte della M.B. (di cui non sono state spiegate le cause e le modalità), cosicché non vi sono elementi per poter verificare se, effettivamente, la condotta doverosa omessa fosse inesigibile o se si sia verificata una forza maggiore impeditiva di tale condotta, cosicché non vi sono elementi per poter apprezzare la fondatezza dei rilievi sollevati su tali punti dal ricorrenti.
Va poi rammentato che l’art. 10 ter d.lgs. 74/2000 (omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto) prevede come reato il fatto di chi non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo. Tale reato si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (Sez. U., n. 37424 del 28/03/2103, Romano, Rv. 25575); ciò che rileva è, quindi, l’indicazione nella dichiarazione di un debito d’imposta e l’inadempimento alla conseguente e corrispondente obbligazione di pagamento, rimanendo prive di rilievo, ai fini della configurabilità del reato e del superamento della soglia di punibilità, sia l’effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate (tranne i casi di applicabilità del regime di “Iva per cassa”, cfr. Sez. 3, n. 6220 del 23/01/2018, Ventura, Rv. 272069; Sez. 3, n. 19099 del 06/03/2013, Di Vora, Rv. 255327), sia la condotta successiva dell’obbligato, stante la natura del reato, che è omissivo proprio a consumazione istantanea (v. Sez. 3, n. 8521 del 21/09/2018, dep. 27/02/2019, Pistilli, Rv. 275010; Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263126). Quanto all’elemento soggettivo e alla punibilità va ricordato il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte in proposito, secondo cui, al fine della dimostrazione della assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorre l’allegazione e la prova della non addebitabilità all’imputato della crisi economica che ha investito l’impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in concreto (cfr. Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014, Zanchi, Rv. 259190; Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263128; Sez. 3, n. 43599 del 09/09/2015, Mondini, Rv. 265262). Per escludere la volontarietà della condotta è, dunque, necessaria la dimostrazione della riconducibilità dell’inadempimento alla obbligazione verso l’Erario a fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263128; conf. Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, Tonti Sauro; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055; Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014).
Nel caso in esame, come accennato, non sono stati allegati elementi specifici idonei a dimostrare né la verificazione di eventi che abbiano determinato la assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, né la non addebitabilità all’imputato della crisi economica che ha investito l’impresa, né le misure adottate per farvi fronte, con la conseguente inammissibilità della doglianza a causa della sua genericità.
2.2. Quanto al rilievo della inesigibilità della condotta doverosa omessa, a causa del l’obbligo di pagare prioritariamente le retribuzioni dei dipendenti, pur prescindendo dal rilievo che, anche a questo proposito, nulla è stato dedotto circa il numero dei dipendenti della società amministrata dall’imputato, le loro retribuzioni, le condizioni finanziarie e patrimoniali della società, va osservato che il debito nei confronti dell’Erario per le imposte è il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice (cfr., in tal senso, Sez. 3, n. 36421 del 16/05/2019, Tanghetti, Rv. 276683, in materia di omesso versamento di ritenute previdenziali, trattandosi di fattispecie avente struttura analoga e volta anch’essa a salvaguardare interessi erariali). Per effetto della previsione di una sanzione penale, l’imprenditore, che in conseguenza della previsione di tale sanzione ha anche un interesse personale al pagamento delle imposte, non può limitarsi a prendere atto della esistenza di crediti aventi privilegio anteriore e della insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione, ma deve, ove non dichiarato fallito personalmente, provvedere al pagamento delle imposte con le proprie personali risorse finanziarie (Sez. 3, n. 29616 del 14/06/2011, Vescovi, Rv. 250529; Sez. 3, n. 26712 del 14/04/2015, Vismara, Rv. 264306), e, comunque, è tenuto a ripartire le risorse esistenti all’atto dell’erogazione degli emolumenti in modo da poter assolvere al debito fiscale, anche se ciò comporti l’impossibilità di pagare le retribuzioni nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 19574 del 21/11/2013, dep. 13/05/2014, Assirelli, Rv. 259741; Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, Agozzino, Rv. 271189).
Ne consegue l’infondatezza della tesi difensiva del ricorrente, in quanto l’esistenza di crediti aventi privilegio di grado anteriore rispetto a quello tributario non determina, neppure in presenza di uno stato di insolvenza (che, peraltro, nel caso in esame non risulta sia sfociato in una dichiarazione di fallimento), l’inesigibilità della condotta di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, al cui obbligo l’imprenditore è egualmente tenuto a fare fronte, senza che ciò determini la realizzazione di una condotta di bancarotta preferenziale (peraltro nel caso in esame non ipotizzabile non risultando esservi stata dichiarazione di fallimento), stante il carattere anche personale di tale obbligo e la preferenza a esso accordata dal legislatore attraverso la previsione di una sanzione penale.
2.3. La censura in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondata, avendo la Corte d’appello giustificato adeguatamente tale diniego, sottolineando la gravità della condotta, derivante dall’entità delle imposte non versate, e la personalità negativa dell’imputato, gravato da una precedente condanna per bancarotta fraudolenta, dando così conto in modo adeguato degli elementi, tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti assorbenti nella valutazione di gravità del fatto e nel giudizio negativo sulla personalità dell’imputato.
3. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato dall’Avvocato L.G. è inammissibile.
3.1. Il primo motivo, mediante il quale è stata lamentata la violazione di disposizioni di legge penale e la carenza della motivazione, nella parte relativa alla affermazione di responsabilità, per l’inadeguata e insufficiente considerazione della crisi finanziaria e di liquidità che aveva colpito l’impresa amministrata dal ricorrente, è inammissibile, sia a causa della sua genericità, consistendo nella generica enunciazione della verificazione di tale crisi, disgiunta dalla illustrazione della sua incidenza sulla situazione patrimoniale e finanziaria di detta impresa; sia a causa della sua manifesta infondatezza, per le ragioni già esposte al par. 2.1.
3.2. Il secondo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato per le ragioni già esposte al par. 2.3, alle quali può aggiungersi che la censura in ordine alla valutazione di gravità della condotta, che sarebbe frutto di insufficiente considerazione della soglia di rilevanza della condotta, non è consentita nel giudizio di legittimità, in quanto attiene a una valutazione di merito giustificata con motivazione non manifestamente illogica, che sfugge al sindacato della Corte di cassazione.
3.3. Il terzo motivo, relativo alla confisca del profitto del reato, è inammissibile, non essendo stati sollevati rilievi di sorta in proposito con l’atto d’appello ed essendosi, di conseguenza, formato su tale punto il giudicato, stante il suo carattere autonomo rispetto a quello sulla responsabilità.
4. Entrambi i ricorsi devono, dunque, essere respinti, stante l’infondatezza del primo motivo di entrambi e l’inammissibilità dei restanti motivi.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DICASSAZIONE, sezione penale, ordinanza n. 42115 depositata l' 8 novembre 2022 - Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali è a dolo generico, ed è integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti,…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 22806 depositata il 13 giugno 2022 - Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali si perfeziona, in quanto a dolo generico, con la mera pretermissione del versamento delle ritenute…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 21193 depositata il 18 maggio 2023 - Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti è integrato dal dolo generico ed è…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36278 depositata il 21 agosto 2019 - Nel reato di omesso versamento dei contributi, l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 39043 depositata il 28 agosto 2018 - Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali si configura non soltanto nel caso dell'integrale pagamento delle retribuzioni dovute ai…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 216 depositata l'8 gennaio 2020, n. 216 - Nel reato di omesso versamento IVA, l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Dimissioni del lavoratore efficace solo se effettu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331 depositata il 26 settembre…
- La restituzione ai soci dei versamenti in conto au
La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39139 depositata il 2…
- I versamento eseguiti in conto futuro aumento di c
I versamento eseguiti in conto futuro aumento di capitale ma non «accompagnati d…
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…