CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 14202 depositata il 15 aprile 2021
Reati tributari – Consulente fiscale – Ruolo nelle violazioni accertate in capo ai clienti – Provvedimento di sequestro preventivo di denaro e beni immobili finalizzato alla confisca per equivalente
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 13 novembre 2018, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo dal G.I.P. del medesimo Tribunale del 24 settembre 2018 finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, di denaro e beni immobili sino alla concorrenza di complessivi euro 2.958.718,64, emesso nell’ambito del procedimento penale disposto nei confronti, tra gli altri, di M.S., indagata, quale consulente fiscale delle società «L.F.F. s.r.I.» e della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.», in concorso con F. Fernando, titolare delle ditte suddette, nei seguenti reati tributari:
A) art. 5 D.Lgs. 74 del 2000 per l’omessa presentazione per la società «L.F.F. s.r.I.» della dichiarazione annuale IVA per l’anno d’imposta 2013 e delle dichiarazioni annuali IVA e IRES per gli anni di imposta 2014 e 2015;
B) art. 10 D.Lgs 74 del 2000 per la distruzione ovvero l’occultamento, riguardo la società «L.F.F. s.r.I.», al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, in data 16 novembre 2017;
C) art. 2 D.Lgs. 74 del 2000 per essere state utilizzate, dalla società «L.F.F. s.r.I.», nelle dichiarazioni ai fini IVA e IRES relative all’anno di imposta 2012 e nella sola dichiarazione IRES per l’anno di imposta 2013, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.»;
D) art. 8 D.Lgs. 74 del 2000 per l’emissione da parte della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di consentire alla società «L.F.F. s.r.I.» di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto nell’anno di imposta 2012 e 2013; E) art. 8 D.Lgs. 74 del 2000 per l’emissione, da parte della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di consentire alla società «L.F.F. s.r.I.» di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto nell’anno di imposta 2014;
F) art. 10 D.Lgs. 74 del 2000 per la distruzione ovvero l’occultamento, riguardo la società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», al fine di evadere e imposte sui redditi e sul valore aggiunto, delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, accertato in data 13 ottobre 2017.
Il decreto di sequestro preventivo de quo, eseguito in data 17 ottobre 2018 dalla G.d.F., concerneva beni a carico degli indagati per un importo complessivo di euro 750.626,69 e, nello specifico, nei confronti di M.S., somme di denaro consistenti in saldi attivi di conti correnti detenuti presso diverse banche e quote di immobili dalla stessa posseduti, meglio specificati nelle concrete entità nel provvedimento impugnato.
1.1. Con sentenza n. 36461 del 15/05/2019, la Terza Sezione di questa Corte annullava tale ordinanza con rinvio al Tribunale del riesame di Roma per nuovo esame.
1.2. Con ordinanza del 20 settembre 2019, il Tribunale del riesame, in sede di giudizio di rinvio, ha confermato il provvedimento impugnato.
2. La M., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e motivazione apparente con riferimento agli artt. 324, 627 cod. proc. pen., 110, 81 cod. pen., 2, 5, 8, 9, 10 e 12 bis d. Ivo n. 74 del 2000.
Si deduce che il Tribunale del riesame ha eluso le questioni diritto decise con la pronunzia rescindente, non illustrando il ruolo svolto dalla M. nella realizzazione dei reati tributari e non rispettando il principio di diritto secondo cui, per la configurabilità del concorso ex art. 110 cod. pen. del consulente fiscale, occorre un contributo concreto, seriale e ripetitivo e che il professionista sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente.
Il Tribunale del riesame non ha indicato: a) il reale comportamento concorrente della M., stante la totale assenza di elementi in ordine alla decisione del F., quale titolare della «L.F.F. s.r.I.», di omettere la presentazione della dichiarazione annuale IVA per l’anno di imposta 2013 e delle dichiarazioni annuali IVA e IRES per gli anni di imposta 2014 e 2015; b) la condotta a titolo di concorso nella distruzione o nell’occultamento delle scritture contabili della «La Nuova F. Fernando s.r.I.», stante la dichiarazione di avvenuta consegna della documentazione del 1° dicembre 2015 sottoscritta dal liquidatore D.A., pienamente ed integralmente capace, avendo sottoscritto in pari data due atti notarili, il 21 aprile 2017 e il 5 aprile 2017, una transazione alla presenza di numerose parti ed essendo stati acquisiti nel corso delle indagini due atti pubblici, il primo costituito dalla certificazione del 4 novembre 2013 della Commissione di Prima Istanza dell’Asl e il secondo da un verbale del 20 ottobre 2016 della Commissione Medica dell’Inps, da cui emergeva che il D. non aveva nessuna disabilità psichica o mentale ma una grave limitazione della deambulazione; c) l’effettiva condotta concorrente nell’aver utilizzato il F. nelle dichiarazioni fraudolente IVA e IRES dell’anno di imposta 2012 e nella sola dichiarazione fraudolenta IRES dell’anno di imposta 2013 presentate dalla società «L.F.F. s.r.1.», le fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla società «Cooperativa Trasporti Logistica G. s.r.I.», rispetto al quale non era stato valutato che negli anni di imposta anzidetti la consulente fiscale era la commercialista era C.A. e che, essendo la M. incolpata nel successivo capo d) per concorso nel reato presupposto di emissione di fatture per operazioni inesistenti non era punibile ai sensi del successivo art. 9 a titolo di concorso nel contestato reato previsto dall’art. 2; d) le condotte perpetrate dalla M. relativamente all’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti da parte della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», della quale per il periodo temporale dal 2012 alla fine del 2014 era consulente fiscale e contabile la commercialista C.A.; e) la condotta, in concorso col F. autore e beneficiario della frode, nella distruzione o nell’occultamento (capo f) delle scritture contabili della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.».
Il Tribunale del riesame non ha fornito risposta relativamente alla compresenza di altro consulente quale commercialista della «L.F.F. s.r.I.» e alle ragioni, per le quali i reati erano stati addebitati alla M. e non all’altra professionista.
C.A. aveva svolto l’incarico di commercialista presso entrambe le società almeno fino alla fine del 2014 e la consulente dr.ssa E.M.M. aveva inviato telematicamente i modelli 770 del 2014 e del 2015 della «La Nuova F. Fernando s.r.I.».
La ricorrente aveva solo inviato telematicamente la dichiarazione Irap 2014 della «L.F.F. s.r.I.» del 23 dicembre 2014 e il Modello 770 del 2014 della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.».
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in relazione agli artt. 321, 324, cod. proc. pen., 110, 81 cod. pen., 2, 5, 8, 9, 10 e 12 bis D.Lvo n. 74 del 2000. Si rileva che il Tribunale del riesame non avrebbe dovuto esaminare la sola astratta configurabilità dei reati, bensì tutte le risultanze processuali influenti sulla configurabilità del fumus commissi delicti.
I giudici della cautela non hanno individuato gli elementi dimostrativi in concreto di un contributo concorsuale consapevole della ricorrente, configurando apoditticamente la sua responsabilità solo in base allo svolgimento delle attività fiscali per le due predette società.
Il Tribunale del riesame ha riconosciuto il ruolo di consulente fiscale della M. sulla base delle dichiarazioni generiche di due dipendenti (C.G. e G.S.), peraltro contrastanti con quelle di altri due dipendenti (C.G. e U.S.), i quali l’avevano indicata come professionista dedita esclusivamente alle buste paga.
La dichiarazione della M. di svolgere attività di gestione e di deposito della contabilità di altre due società del F., quali la «F. Logistica s.r.I.» e la «Cooperativa Basica» non evocava il ruolo di consulente fiscale della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.» e della società «L.F.F. s.r.l.».
Il F., peraltro, l’aveva incaricata della trasmissione delle due dichiarazioni del 23 dicembre 2014 solo in quanto la commercialista C. aveva interrotto i propri rapporti professionali con lui.
2.3. Nella replica ai rilievi di cui alle conclusioni scritte della Procura Generale presso questa Corte, la ricorrente sostiene che la motivazione è del tutto apparente e che il giudice del rinvio non ha risposto ai rilievi evidenziati nella pronunzia rescindente, in violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che il ricorso per Cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, Faiella, Rv. 269296; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893, Sez. U, n. 25932 del 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Questa Corte, peraltro, ha in più occasioni chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di «violazione di legge» (per la quale soltanto può essere proposto ricorso per Cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.) rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, non anche l’illogicità manifesta e la contraddittorietà, le quali possono denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. U, n. 5876 del 13/02/2004, Bevilacqua, Rv. 226710). Infatti, il controllo operato dai giudici di legittimità investe la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, Vespoli, Rv. 242916; Sez. 6, n. 3529 del 01/02/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).
Tali principi, peraltro, non possono prescindere da una esatta delimitazione dell’onere motivazionale del giudice in materia di provvedimenti cautelari reali, giacché la prescrizione della necessaria autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché di quelli forniti dalla difesa, impone al giudice di esplicitare, anche eventualmente per relationem, le ragioni per le quali ritiene di poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente alla integrazione dei presupposti normativi per l’adozione della misura; con la conseguenza che la mancanza di un apprezzamento indipendente, rispetto agli atti valutativi espressi dai diversi attori processuali, è equiparata alla omessa motivazione ed integra, pertanto, il vizio di violazione di legge (Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 2020, Esposito, Rv. 278509; Sez. 3 n. 2257 del 18/10/2016, dep. 2017, Burani, Rv. 268800).
2. Ciò posto sui principi operanti in materia, passando all’esame della vicenda processuale, deve rilevarsi che, con sentenza n. 36461 del 15/05/2019, la Terza Sezione di questa Corte annullava tale ordinanza con rinvio al Tribunale del riesame di Roma per nuovo esame, avendo riscontrato una carenza argomentativa relativamente all’ascrivibilità alla M. dei reati tributari.
Nella pronunzia rescindente, si evidenziava l’omesso esame dei motivi di ricorso concernenti: a) la compresenza di un’altra commercialista nella “Nuova F. F. s.r.l.”, la quale svolgeva le funzioni di consulente negli stessi anni, mentre la M. rivestiva il solo ruolo di consulente del lavoro della sola «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.»; b) le ragioni dell’individuazione del ruolo di consulente fiscale di fatto attribuito alla M.; c) il contributo da lei concretamente apportato in relazione alle attività indicate nei capi di imputazione e alla loro incidenza sulla realizzazione degli illeciti tributari.
3. Con ordinanza del 20 settembre 2019 (il provvedimento impugnato), il Tribunale del riesame, in sede di giudizio di rinvio, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P..
Il giudice del rinvio ha configurato la sussistenza del fumus boni iuris del concorso della M. nei reati contestati a F. Fernando nel rispetto del principio enunciato dalla pronunzia rescindente – e conforme al consolidato orientamento di questa Corte – secondo cui, per la configurabilità del concorso nel reato tributario del consulente fiscale, occorre un contributo di quest’ultimo concreto, consapevole, seriale e ripetitivo e che il professionista abbia coscientemente ispirato la frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente (Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713; Sez. 3, n. 24166, del 05/05/2011, Cascino, non massimata).
I giudici della cautela, infatti, hanno rilevato che il F. era amministratore di fatto della società «La Nuova F. s.r.I.», società avente sede legale in Roma, v. F. Gentile n. 19, coincidente con la residenza anagrafica del legale rappresentante D. Antonio, che aveva assunto la carica di liquidatore dal 10 dicembre 2015. Il F., per eseguire gli appalti dei quali era aggiudicataria tale società, non utilizzava il personale della società; egli, tuttavia, al fine di non sopportare il costo del lavoro e il debito IVA maturato sul compenso ricevuto con l’appalto eseguito in favore dei propri clienti, ne faceva risultare esternalizzatì formalmente i costi, posto che utilizzava il personale dipendente della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», della quale la ricorrente era consulente del lavoro.
Egli, pertanto, utilizzava la «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.» come una cartiera, al fine di creare artificiosamente dei costi deducibili relativi al personale. All’esito dell’accesso eseguito, le forze dell’ordine rilevavano che la sede societaria coincideva di fatto con un appartamento di proprietà del D., ma in uso a tale V.G..
Il V. dichiarava di non possedere documentazione societaria, ma di ricevere solo la posta relativa alla società La Nuova F. s.r.I.» e ad altre società riconducibili al D., per poi consegnarla alla moglie del D., in quanto quest’ultimo era affetto dal morbo di Parkinson da ventidue anni e non autosufficiente.
La M., sebbene formalmente consulente del lavoro della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.», aveva provveduto nel 2014 all’invio della comunicazione dei dati IVA del 2014 per la «La Nuova F. s.r.I.»; dichiarava di essere stata in possesso della documentazione contabile della società verificata solo dal febbraio 2015 fino al 1° dicembre 2015 e di averla poi riconsegnata al D. in tale data, come da ricevuta di riconsegna; sosteneva di non poter esibire le fatture emesse nei confronti della società «La Nuova F. s.r.1.», non avendo mai percepito il compenso di euro cento pattuito col F..
L.G. era solo formalmente separata dalla società «La Nuova F. s.r.I.», ma in realtà era lo strumento attraverso il quale il F. schermava la propria attività illecita. Ciò emergeva da varie circostanze: a) le due società avevano la medesima sede; b) entrambe erano prive di strutture aziendali o di beni o di documentazione contabile; c) la cooperativa era formalmente rappresentata da prestanomi, ma in realtà era gestita esclusivamente dal F. (vedi le dichiarazioni del dipendente C.G.); d) il fatturato della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.» era rivolto al 95% alla sola «Nuova F. s.r.I.», per la quale evidentemente lavorava in esclusiva (dichiarazioni di G.S., addetta alla redazione materiale delle fatture); e) la società «Cooperativa Trasporti Logistica G. s.r.I.» si riforniva di carburante ai serbatoi posti nel piazzale antistante alla sede operativa della società «La Nuova F. s.r.I.» e quest’ultima aveva registrato un anomalo consumo di carburante per i pochi mezzi a lei formalmente intestati.
La M. di fatto svolgeva il ruolo di consulente fiscale e contabile, come riconosciuto dai dipendenti della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.»:
1) C.G. la individuava come consulente del lavoro competente a predisporre le buste paga, analogamente a quanto affermato dal dipendente U.S.;
2) l’U. ricordava di averla vista presso gli uffici della «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.l.» e di averle consegnato due volte documenti della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.» consegnatigli dal F.; 3) il C. riferiva di essersi recato da lei per la consegna di documentazione della società su incarico del F. e di averla vista varie volte presso la sede sociale, indicandola quale commercialista della società; 4) la G., oltre a considerarla commercialista della società, la indicava come destinataria delle fatture della società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.» e dichiarava di aver parlato varie volte con lei in ufficio; 5) la stessa M. ammetteva di aver inviato la dichiarazione IRAP 2014 della società «L.F.F. s.r.I.» e il modello 770 del 2014 per la società «Cooperativa Trasporti Logistica L.G. s.r.I.» (cioè dopo la cessazione della C. dall’incarico) nonché di non aver più rapporti professionali col F., ma di svolgere attività di gestione e di deposito della contabilità di una sua società, la «F. Logistica s.r.I.» e della società «Cooperativa Basica».
I giudici della cautela, peraltro, non hanno ritenuto credibili le dichiarazioni della M..
L’esauriente e dettagliata illustrazione delle ragioni della configurabilità della partecipazione della M. ai reati ascrivibili al F. consente di escludere la sussistenza di carenze motivazionali rilevabili in sede di legittimità.
Al riguardo, infatti, deve osservarsi che il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di dimostrare l’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dai concorrenti (Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, dep. 2018, Raduano, Rv. 271755; Sez. 1, n. 7643 del 28/11/2014, dep. 2015, Villacaro, Rv. 262310; Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101).
Nel rispetto del suesposto principio, il giudice del gravame ha chiarito gli elementi documentali e testimoniali, sulla base dei quali ha ritenuto la M. a conoscenza della situazione patrimoniale delle predette società, dei collegamenti tra le stesse, del nominativo dell’effettivo titolare, del nominativo del prestanome e dei nominativi dei dipendenti (se esistenti); ha descritto la tipologia dei contributi apportati alla realizzazione degli illeciti tributari, tra i quali le operazioni fiscali da lei eseguite, il suo pieno coinvolgimento nella vita di tutte le società collegate al F., la sua posizione di soggetto di riferimento per lavoratori e terzi, le attività materiali di consegna e di ricezione di documentazioni rilevanti per le società, ecc..
A fronte di tale compiuta rappresentazione del quadro indiziario a carico della M., la ricorrente si limita a censurare sostanzialmente profili di logicità e di coerenza, doglianze che non possono trovare ingresso nella presente sede.
5. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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