CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 14993 depositata il 13 maggio 2020
Continuo rinnovamento delle compagini societarie – Creazione di condizioni ostative alla perfezione della procedura di riscossione degli oneri previdenziali insoluti – Qualificabile come truffa anche il lucro correlato all’omesso versamento di importi dovuti
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Livorno annullava il decreto di sequestro preventivo finalizzato a garantire la confisca disposto nei confronti degli indagati G.P., G.P. e P.R. in relazione al reato di cui all’art. 640 comma 2 n. 1 cod. pen.
Si contestava agli indagati di avere costituito tre società che avevano gestito senza soluzione di continuità ed in successione, alcune strutture turistiche site in Rosignano Marittimo; le società, estinte ma successivamente ricostituite sotto altro nome, pur essendo riferibili sostanzialmente agli indagati, risultavano intestate a prestanome, in modo da rendere difficili ed infruttifere le notifiche delle cartelle esattoriali relative all’ingiunzione di pagamento degli oneri previdenziali insoluti ammontanti complessivamente ad oltre 280.000 euro.
2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il tribunale di Livorno che deduceva:
2.1. violazione di legge: contrariamente a quanto dedotto sussisterebbe il fumus commissi delicti in quanto gli artifici e raggiri richiesti dalla fattispecie sarebbero integrati dal continuo rinnovamento delle compagini societarie cui erano affidati i servizi turistici e dalla correlata creazione di condizioni ostative alla perfezione della procedura di riscossione degli oneri previdenziali insoluti; il danno era identificabile nell’ammontare degli oneri non riscossi, somma che costituiva il profitto lucrato dagli indagati, amministratori reali delle società debitrici; si deduceva altresì che, contrariamente a quanto ritenuto si rinveniva anche la “cooperazione della vittima”, dato che l’ente riscossore pur attivando le procedure, a causa dell’inganno costituito dalla falsa cessazione delle società, non riusciva a portarle a termine.
3. La difesa degli indagati presentava memoria con la quale instava per la inammissibilità del ricorso rilevando che era stato accertato che le società erano effettive e svolgevano la loro attività e che, dunque, non erano mere cartiere o società di comodo; pertanto il mancato adempimento dei contributi previdenziali costituiva un inadempimento, ma non un artificio idoneo ad inquadrare la condotta contestata nel reato di truffa.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è manifestamente infondato e, dunque inammissibile.
1.1. Il collegio ribadisce che il danno economico conseguente all’attività decettiva qualificabile come truffa può consistere anche nel lucro correlato all’omesso versamento di importi dovuti (Sez. 6, n. 21318 del 05/04/2018 – dep. 14/05/2018, Poggianti e altro, Rv. 272951; Sez. 6, n. 41767 del 20/06/2017 – dep. 13/09/2017, Boschi e altri, Rv. 271393). Nel caso in esame sul punto dell’omesso versamento di alcune delle somme dovute all’Inps non vi è contestazione (secondo e terzo foglio dell’ordinanza impugnata).
Il ricorrente contesta invece la valutazione in ordine all’inesistenza di condotte fraudolente.
Il collegio condivide la valutazione del Tribunale che ha escluso la natura decettiva della estinzione e rinnovazione delle società debitrici, ritenuta dal ricorrente condotta artificiosa funzionale ad impedire il recupero crediti attraverso la creazione di impedimenti alla notifica delle cartelle esattoriali.
Invero, come ritenuto dallo stesso Tribunale le società non erano mere cartiere, ma società operative ed, in parte, adempienti (terzo foglio dell’ordinanza impugnata); a ciò si aggiunge che l’insuccesso della procedura di recupero credito, correlata dal ricorrente alla mancata notifica delle cartelle, resa difficile dalla estinzione e creazione delle società aventi lo stesso oggetto, non è decisiva né per la produzione del danno da omesso versamento, né tantomeno per la integrazione della condotta decettiva.
La cassazione civile ha infatti rilevato che l’estinzione di una società di persone, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale sono trasferite ai soci le obbligazioni contributive rimaste inadempiute; ne consegue che hanno effetto interruttivo della prescrizione le iniziative di recupero promosse nei confronti dei soci subentranti, e così pure rileva al medesimo fine l’accertamento dei crediti promosso in sede giudiziale nei confronti degli stessi, dalla definitività del quale, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c., comincia a decorrere “ex novo”.
Il termine prescrizionale (Sez. L, Sentenza n. 18465 del 12/07/2018, Rv. 649871; Sez. L, Sentenza n. 17883 del 10/09/2015, Rv. 636572).
Le difficoltà di notifica identificate come lo strumento artificioso utilizzato dai ricorrenti per evitare il perfezionamento della procedura di recupero del credito previdenziale non sono dunque decisive nella regolazione dei rapporti di credito-debito tra l’ente previdenziale e le società riferibili agli indagati.
Deve pertanto ritenersi corretto l’inquadramento come mero inadempimento delle condotte di mancato versamento all’INPS degli oneri contributivi da parte delle società contestate agli indagati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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