CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 16293 depositata il 12 aprile 2018
Imposte sui redditi – Dichiarazioni fiscali – Violazioni – Reati fiscali – Fatture false – Contenzioso tributario
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 13.6.2016 la Corte di Appello di Ancona, a parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha ritenuto F.M. responsabile del reato di cui all’art. 2 d. Igs. 74/2000 per essersi avvalso, in qualità di titolare della ditta individuale Professional Y., di fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto limitatamente alle dichiarazioni relative all’anno di imposta 2008, dichiarando, al contempo, non doversi procedere per intervenuta prescrizione per le fatture relative agli anni 2006 e 2007, ed ha conseguentemente ridotto la pena ad un anno e sei mesi di reclusione.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p..
2. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio motivazionale, la mancanza della prova dell’inesistenza dell’operazione commerciale sottesa alle fatture asseritamente inesistenti emesse dal terzo, ovverosia da G.S. tenuto conto che il reato in contestazione si configura in presenza, da un lato, di una dichiarazione fiscale che contenga l’indicazione di elementi passivi fittizi e, dall’altro, della conservazione delle fatture ideologicamente false nei registri contabili o nella documentazione fiscale dell’azienda che abbia presentato la relativa dichiarazione fiscale. Nella specie, per contro, la condanna dell’imputato era stata pronunciata sulla base delle sole presunzioni dell’agente della Guardia di Finanza, sentito in dibattimento come teste, che aveva ammesso di non aver effettuato i controlli incrociati ed aveva semplicemente desunto l’inesistenza delle fatture dall’assenza di strutture, quali uffici, personale dipendente e quant’altro, dell’azienda emittente presso cui era stato eseguito un sopralluogo e dagli accertamenti presso la banca dove non si erano rilevate tracce di pagamenti corrispondenti. Contesta pertanto il ricorrente la configurabilità del reato, non potendo rilevare a fondamento della disposta condanna i sospetti personali del teste, alimentati dal rinvenimento di due questionari compilati dall’imputato concernenti i suoi rapporti commerciali con la Nautica Tre e l’Arredo Y., riconducibili a G.S., e mancando comunque la prova dell’esistenza delle fatture emesse dal terzo, ovverosia dallo S., non rinvenute presso l’imputato che ne aveva denunciato lo smarrimento.
3. Con il secondo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, la mancata dimostrazione del dolo specifico, ovverosia della volontà dell’imputato di evadere l’imposta mediante concertazione con l’emittente delle fatture asseritamente inesistenti, avendo il M. regolarmente denunciato lo smarrimento delle fatture in questione in data antecedente allo svolgimento delle indagini e, dunque, in epoca non sospetta e comunque mostrato agli operatori la copia dei brogliacci e dei registri IVA acquisti e vendite recuperati presso la CNA ed il proprio commercialista.
4. Con il terzo motivo lamenta che le dichiarazioni dell’emittente le fatture in questione, ancorché inutilizzabili ai sensi dell’art. 63 c.p.p., abbiano comunque trovato ingresso nel processo attraverso la deposizione dell’agente della Guardia di Finanza, sentito come teste, che riferisce delle dichiarazioni rese dallo S. nella fase delle indagini preliminari la contraddittorietà tra l’asserita inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’emittente le fatture alla PG
Considerato in diritto
In ordine al primo motivo di ricorso va rilevato che la sentenza impugnata incentra la pronuncia di colpevolezza dell’imputato esclusivamente sulla deposizione del teste M, chiamato a riferire circa l’esito di verifiche fiscali eseguite nei confronti della fatturazione riconducibile a G.S., titolare dell’impresa Arredo Y., emittente delle fatture relative ad operazioni di cui si assume l’inesistenza, figuranti sotto la voce di elementi passivi nella dichiarazione fiscale presentata dall’imputato nell’anno di imposta in contestazione.
Pur affermandosi l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal terzo ai sensi dell’art. 63, secondo comma c.p.p., non viene tuttavia chiarito se le dichiarazioni rese dal teste escusso, consistenti in mere deduzioni dello stesso sulla base dell’evasione fiscale dello S., facciano riferimento a quelle inutilizzabili rese da quest’ultimo. Né dalla deposizione resa dal M emergono elementi che consentano di affermare la responsabilità dell’imputato: illogica appare invero l’affermazione secondo la quale la denuncia di smarrimento da parte di costui delle fatture emesse dalla Arredo Y. sarebbe strumentale all’intera operazione “in quanto di poco precedente alla compilazione del questionario postogli dalla Guardia di Finanza” atteso che il fatto stesso che sia stata effettuata in epoca antecedente alle verifiche fiscali eseguite nei suoi confronti non consente di ritenerla di per sé sospetta; così come incongrua risulta la conferma della fittizietà delle operazioni desunta dal pagamento eseguito dall’imputato, quale amministratore della Professional Y., nei confronti dello S., quale emittente le fatture, a mezzo assegni, sia pure da quest’ultimo versati sul conto corrente con immediato prelievo del corrispondente importo, posto che il pagamento, risultando effettivo, costituisce semmai conferma dell’esistenza di un rapporto commerciale.
I suddetti rilievi non consentono di ritenere il vizio motivazionale addotto dal ricorrente manifestamente infondato: la conseguente valida instaurazione del rapporto processuale a seguito dell’impugnativa svolta impone dì rilevare l’intervenuta prescrizione del reato in data successiva alla pronuncia impugnata, ovverosia compiutasi, tenuto conto delle sospensioni intervenute pari a complessivi 168 giorni, alla data del 15.10.2016, dovendosi, per l’effetto, disporsene l’annullamento senza rinvio essendosi il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
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