Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 17404 depositata il 18 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RULLIERA IN ACCIAIO PER LA MOVIMENTAZIONE DI BANCALI CARICHI DI BOBINE – RESPONSABILITA’ DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE – DELITTO DI LESIONI COLPOSE
Fatto
1. La Corte d’appello di Bologna, in data 24 febbraio 2017, ha confermato la sentenza con la quale, in data 16 giugno 2014, il Tribunale di Ravenna in composizione monocratica aveva condannato G.B. alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di lesioni colpose, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno del dipendente F.M., contestato come commesso in Cotignola il 16 settembre 2009.
L’addebito mosso al G.B., nella sua qualità di presidente del Consiglio d’amministrazione e legale rappresentante della Vulcanflex s.p.a., si riferisce all’avere messo a disposizione dei dipendenti un macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza di cui all’art. 70 del d.lgs. 81/2008 e, segnatamente, una rulliera in acciaio per la movimentazione di bancali carichi di bobine. Nella specie il F.M., durante le operazioni di movimentazione, nel sollevare un bancale per posizionarlo sulla rulliera, perdeva l’equilibrio e, per arrestare la caduta, si appoggiava con la mano sinistra sul nastro trasportatore; conseguentemente, si procurava un trauma da schiacciamento della mano, con le conseguenze lesive di cui in rubrica.
La Corte di merito, disattendendo le lagnanze dell’Imputato appellante e premettendo che il G.B. non risultava avere conferito specifica delega a terzi in materia di sicurezza dei dipendenti, ha constatato l’irregolarità del macchinario (in quanto non conforme alla normativa antinfortunistica), ed ha negato qualsiasi valenza interruttiva del comportamento del lavoratore.
2. Avverso la prefata sentenza ricorre il G.B., per il tramite dei suoi difensori di fiducia. Il ricorso consta di tre motivi, in larga parte ripropositivi di questioni già sottoposte alla Corte di merito con l’atto d’appello.
2.1. Con il primo motivo l’esponente denuncia violazione di norme processuali in riferimento alla mancata trascrizione della deposizione dell’ing. A.; contesta in particolare l’assunto sostenuto dalla Corte territoriale, in base al quale non potrebbe parlarsi di nullità qualora la deposizione non trascritta non sia stata posta a base delle motivazioni della condanna. Tale assunto, secondo il ricorrente, integra una lesione del diritto di difesa, soprattutto se si considera che l’ing. A. ricopriva l’importante ruolo di RSPP all’interno della società.
2.2. Con il secondo motivo di doglianza l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’esclusione dell’abnormità del comportamento del lavoratore, che secondo il ricorrente é stata negata in contrasto con la giurisprudenza di legittimità: la condotta tenuta dal F.M., invece, fu eccentrica rispetto al rischio governato dal G.B. nella sua qualità, di tal che essa esulava dalla sua prevedibilità; ciò anche perché l’infortunio non poteva verificarsi se non ponendo la mano all’altezza del rullino, mentre quando il bancale vi passava sopra esso si arrestava.
2.3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla riferibilità soggettiva all’imputato della condotta omissiva a lui ascritta e in specie del dovere di intervenire per eliminare le criticità rilevate sul macchinario: al riguardo l’esponente evoca una particolare procedura (la QSA.II09.02) in base alla quale la responsabilità in tema di manutenzione degli impianti era demandata a un gruppo composto dal Responsabile di progetto per la direzione impianti, dal Responsabile di processo per la direzione tecnica, dal RSPP; mentre, nel caso di interventi che richiedessero una spesa inferiore a € 8.000,00, l’intervento manutentivo doveva essere autorizzato dall’ufficio tecnico. Perciò l’imputato non ricopriva alcuna posizione di garanzia, non avendo obblighi di intervenire in materia di manutenzione.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso é infondato.
Come correttamente osservato dalla Corte territoriale, la mancanza di trascrizione delle dichiarazioni testimoniali rese dall’ing. A. non integra alcuna nullità, atteso che la motivazione della sentenza di condanna non si é fondata sul contenuto di dette dichiarazioni; perciò non sussiste nella specie alcuna lesione del diritto di difesa e di assistenza tecnica dell’Imputato, in funzione del quale é assicurata la possibilità di controllare, mediante la verbalizzazione, il contenuto delle prove assunte in dibattimento. La giurisprudenza richiamata dalla Corte di merito (Sez. 3, Sentenza n. 42505 del 11/11/2010, Biava, Rv. 249153; Sez. 3, Sentenza n. 37463 del 26/06/2008, Rossi, Rv. 241095) depone chiaramente in tal senso, ravvisando un’ipotesi di nullità di ordine generale laddove gli atti non documentati riguardino prove poste a fondamento della decisione, o nel caso di totale assenza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova. Del resto, tale assunto é in linea con il fondamentale principio di tassatività delle nullità (art. 177 cod.proc.pen.) e con l’ulteriore principio in base al quale la valutazione delle prove acquisite compete in via esclusiva al giudice, il quale la esercita secondo il principio del libero convincimento e può quindi individuare, all’interno del materiale probatorio raccolto, gli elementi da porre a base della sua decisione e della relativa motivazione, restando ferma la soggezione di quest’ultima al controllo delle parti; all’evidenza tale principio non può estendersi fino al punto di invalidare l’intero giudizio nel caso di mancata documentazione di una singola prova sulla quale non si é fondata la decisione.
2. Il secondo motivo di ricorso é a sua volta infondato, rasentando anzi la manifesta infondatezza.
La condotta tenuta dal F.M., diversamente da quanto asserito dal ricorrente, non risulta caratterizzata dalla c.d. abnormità, ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva del nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza apicale della Corte regolatrice, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto).
Invero il ricorrente nega che, nella specie, il rischio concretizzatosi a carico del dipendente fosse governato dal datore di lavoro; ma ciò non risponde a verità, perché nella specie si versa in un’ipotesi disciplinata dall’art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81/2008: norma che, come noto, pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere «a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate ai lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie».
Orbene, é di tutta evidenza che nel caso di specie il macchinario non rispondeva a tali requisiti: nel percorso argomentativo della sentenza impugnata si fa espresso richiamo al fatto che la rulliera ove avvenne l’infortunio era priva della marcatura CE ed era stata assemblata dalla stessa ditta utilizzatrice, ossia la Vulcanflex; e si evidenzia che, come dichiarato in sede testimoniale dal dott. M. (funzionario del Servizio di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’ASL di Ravenna), la macchina presentava, in mezzo ai rulli, un rullino più sottile, con funzioni di sensore di posizione, che non ruotava nello stesso senso degli altri; e che fra tale rullino e il sesto rullo motorizzato rimaneva una “zona di imbocco accessibile e pericolosa, non idonea ai fini della salute e della sicurezza”, ove era possibile che i lavoratori finissero accidentalmente con le mani fra i due rulli, con conseguente pericolo di schiacciamento: ossia proprio la tipologia di rischio che si concretizzò in occasione del sinistro occorso al F.M.. Sul punto é sufficiente richiamare la giurisprudenza di legittimità in base alla quale il datore di lavoro é responsabile delle lesioni occorse all’operaio in conseguenza dell’uso del macchinario, il quale, pur non presentando alcun difetto di costruzione o di montaggio, per come in concreto utilizzato ha comunque esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi (Sez. 4, Sentenza n. 22819 del 23/04/2015, Baiguini e altri, Rv. 263498; Sez. 4, Sentenza n. 49670 del 23/10/2014, Fagnani e altro, Rv. 261175).
3. E’, infine, infondato anche il terzo motivo di doglianza. E’ del tutto inconferente il richiamo alla speciale procedura in tema di manutenzione degli impianti e alle relative competenze, atteso che nel caso di specie non si fa questione di un difetto di manutenzione della rulliera, ma del fatto che, a provocare il sinistro, furono le caratteristiche strutturali e costruttive del macchinario, affatto inidonee ad assicurare lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di caricamento dei pancali. Al riguardo non può che riaffermarsi la sussistenza in capo al datore di lavoro della posizione di garanzia relativa ai macchinari messi a disposizione dei lavoratori, e alla riferibilità soggettiva al medesimo dell’evento dannoso che sia provocato dall’inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, atteso che su di lui grava l’obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che debbano utilizzare la predetta macchina e di adottare nell’Impresa tutti i più moderni strumenti che la tecnologia offre per garantire la sicurezza dei lavoratori (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro, Rv. 259229).
4. A fronte di quanto precede, avuto riguardo alla data di commissione del reato e valutati anche i fatti sospensivi, deve constatarsi che il reato stesso é oggi prescritto.
Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato é estinto per prescrizione.
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